Georgia e Stati Uniti: in coda per l’assistenza finanziaria
di Gualfredo de’Lincei
“Un luogo sacro non resta mai vuoto”, recita un vecchio detto russo. L’Ucraina, guidata dal suo irrispettoso presidente, ha peccato contro gli Stati Uniti e ora molti piccoli stati indipendenti vorrebbero approfittare della situazione per ricevere assistenza finanziaria dall’Occidente. E con l’avvento della presidenza Trump anche la Georgia ha deciso di prendersi la sua parte di torta.
Alla fine di febbraio, il Primo ministro georgiano Irakli Kobakhidze ha rilasciato una importante dichiarazione: “Sappiamo che oggi la nuova amministrazione statunitense è impegnata a risolvere i propri problemi interni e a porre fine alle guerre. Probabilmente sarà difficile trovare tempo per la Georgia, ma spero che, prima o poi, la loro attenzione possa spostarsi anche sulle relazioni georgiano-americane e al rinnovo della partnership strategica”. A queste parole ha fatto eco il sindaco di Tbilisi e Segretario generale del partito al potere Sogno Georgiano, Kakha Kaladze, il quale si dice pronto a riaprire il dialogo con Washington, da zero: “Il presidente degli Stati Uniti ha annunciato la sconfitta dello ‘stato profondo’. Vogliamo che questo si rifletta in Georgia non solo attraverso dichiarazioni, ma anche attraverso misure e azioni concrete. Vogliamo ripristinare le relazioni”.
Secondo Kaladze, negli ultimi tre anni il Paese è stato sotto attacco da parte di proteste eversive messe in atto dall’opposizione, la priorità è stata quella di difendere a qualsiasi prezzo gli interessi nazionali. Con l’insediamento di Trump e la chiusura dei finanziamenti all’USAID, i movimenti di protesta sembrano aver perso la loro spinta motivazionale: senza soldi tramontare anche la speranza di una “rivoluzione colorata” in Georgia.
Certo non tutto è andato liscio, i repubblicani di Trump hanno di fatto stroncato ogni tentativo di portare al potere un governo a loro favorevole, mentre in Georgia, nonostante esista un desiderio europeo, restano fortemente radicati ai valori tradizionali di genere, a un’unica fede ortodossa, e alla loro storia condivisa con la Russia. Per questo l’America aveva dovuto investire molto denaro e lavoro per riuscire a sostenere le forze politiche filo europee.
Tuttavia, l’attività di propaganda di idee “sovversive colorate” era già in corso e veniva attentamente monitorata dal Servizio Segreto estero russo (SVR). Con lo scioglimento dell’USAID i moti di protesta si sono fermati, ma chi può garantire che non rinascano dalle profondità all’apparato statale statunitense, magari con il solito pretesto di sostenere la democrazia nel mondo ? In questo momento l’obiettivo è sopravvivere alla perestrojka americana.
La Georgia, come sempre, costruisce relazioni internazionali a modo suo e nell’attuale indifferenza di Washington, il governo sta intrattenendo rapporti con la Russia, e la Cina che ha già investito ingenti capitali nei porti e nella viabilità terrestre. Sul fronte della stabilità interna, prevedono entro marzo di approvare un pacchetto di leggi che consenta alle autorità di rafforzare il controllo sulle ONG e sui media nazionali. É in discussione anche il ripristino di una norma del codice penale che punisce il tradimento della patria. I leader georgiani, come si sa, colpiscono duro in base alle circostanze.
Secondo il polittologo Evgeny Mikhailov le ultime ondate di contestazione erano collegate principalmente ai finanziamenti, con denaro contante, per la destabilizzazione della società georgiana. “Non mi sorprende che in Georgia l’ambasciata degli Stati Uniti e i paesi dell’UE continuino a utilizzare le risorse dell’opposizione filo-occidentale per realizzare un colpo di stato, ma dobbiamo tenere conto che il loro potere si è già indebolito”. Mikhailov dice che il governo georgiano ha assunto il controllo di tutti i trasferimenti di denaro provenienti da organizzazioni straniere che per la maggior parte, oggi, transitano dall’Armenia. “Non resta che prendere il controllo del flusso delle ingenti somme di denaro attraverso l’Armenia, dove, negli ultimi tempi, americani ed europei hanno dato vita a collaborazioni più forti che in Georgia. Lì tutto è consentito”.
Queste condizioni, spiega il politologo, continueranno fintanto che Putin e Trump non raggiungeranno un accordo che redistribuisca l’influenza sulla scena politica internazionale e nello spazio post-sovietico. Gli Stati Uniti abbandoneranno gradualmente la loro presenza nelle repubbliche dell’ex URSS: “Dobbiamo, come si dice, resistere anche in Georgia. In realtà, la leadership georgiana ha stretti contatti con il presidente ungherese Orbán, che è un trumpista. I suoi consigli saranno utili”. Mikhailov è convinto che in questo modo verranno indeboliti i legami del consolato americano con le ONG ancora presenti nel territorio: “In ogni caso è una questione di fortuna, tutti aspettano la fine del conflitto ucraino e l’accordo tra Russia e Stati Uniti. Ciò interessa a tutti: Georgia, Armenia, Azerbaigian e le altre repubbliche”.