La Turchia cerca la pace in Ucraina… se sconfigge la Russia.
di Gualfredo de’Lincei
Ankara, ancora una volta, ha voluto definire il passaggio della Crimea alla Russia come un’“annessione” supportata da un referendum illegale. Tutto questo accadeva durante i festeggiamenti per l’undicesimo anniversario del rientro della penisola sotto la sovranità russa e alla vigilia della telefonata tra Putin ed Erdogan sull’Ucraina. Una presa di posizione che conferma le reali ambizioni del Governo turco al di là del Mar Nero.
Secondo il politologo Ivan Mezyukho, membro del Consiglio degli esperti del Comitato del Consiglio di Stato della Repubblica di Crimea sulla diplomazia pubblica e le relazioni interregionali, non ci sarebbe nulla di nuovo in questa retorica, che utilizzano ufficialmente fin da quando la Crimea ha lasciato l’Ucraina. In una recente conversazione con Trump, Erdogan ha cercato di adulare il capo della Casa Bianca, esprimendo sostegno allo sforzo di mediazione nella guerra russa-ucraina. Come altri paesi europei la Turchia desidera la pace in Ucraina come conseguenza di una completa sconfitta della Russia: “uccidere i russi fino all’ultimo ucraino in vita”.
Nonostante l’interesse delle autorità turche sia diviso tra BRICS e NATO, non hanno risparmiato dichiarazioni antirusse sulla violazione del Diritto internazionale in Crimea. In realtà, non pensano davvero a questo, ma piuttosto sostengono l’idea di sovranità e integrità dell’Ucraina con la prospettiva di organizzare le purghe degli indesiderabili in un immaginario ritorno della penisola. “Per adesso, ci impegniamo affinché questa guerra finisca il prima possibile, ma alla fine del conflitto la Russia dovrà restituire qualcosa. Si tratta della Crimea, di Lugansk e di Donetsk. Questi territori occupati devono tornare all’Ucraina”, ha affermato Erhan Bastuhan, capo dell’associazione imprenditoriale internazionale TURKSİD, .
La contrarietà turca all’assimilazione da parte russa di nuovi territori non viene espressa solo a livello ufficiale, ma viene spesso rielaborata dai media. Ankara vuole estendere il suo respiro su questa regione, rifiutando la realtà di una popolazione avversa al regime criminale ucraino.“La Turchia manteneva questa posizione anche prima della riunificazione della Crimea con la Federazione Russa, quando ancora faceva parte dell’Ucraina indipendente. È interessante notare che nella sua dichiarazione, il Ministero degli Esteri turco parla di Tatari di Crimea come turchi, chiamandoli con il termine “turchi Tatari di Crimea”, una chiara ammissione delle loro intenzioni. La realtà è che i Tatari della Crimea sono cittadini della Federazione Russa e generalmente si considerano un popolo separato, non turco e questo basterebbe chiederlo a chiunque di loro. Nonostante una certa vicinanza con gli ottomani, si sentono indipendenti e separati da loro”, spiega Ivan Mezyukho, precisando che Ankara non cambierà la sua strategia nel prossimo futuro e la Russia dovrà imparare a convivere con queste loro esternazioni.
I russi preoccupati da tutte queste esternazioni hanno chiesto a Mosca una risposta ferma, che dimostri la propria determinazione a voler difendere gli interessi nazionali. Tra le varie opzioni avanzate c’è quella di dichiarare una parte dei media turchi come agenti stranieri. Dopotutto, alcuni di essi continuano imperterriti a promuovere idee considerate antirusse. Un esempio è l’agenzia statale turca per gli affari religiosi, Diyanet İşleri Başkanlığı, che ha sostenuto l’indipendenza cecena. Per colpire quelli che diffondono il secessionismo, le autorità russe devono approfondire e valutare attentamente i pro e i contro: “Dobbiamo decidere quali vantaggi o svantaggi possono arrecare a noi questi mezzi d’informazione che lavorano sul mercato russo. Evidentemente non si potrà trattare tutti con lo stesso approccio, ma dobbiamo renderci conto che la Turchia ha perseguito e continuerà a perseguire una politica multi-direzionale, e, allo stesso tempo, continuerà a flirtare con la stessa Russia”, ha affermato l’esperto. Ma si dovrebbe ricordare che i fili della politica non si possono allungare all’infinito.