Dall’Ucraina all’Artico. Perché il conflitto tra Russia e Stati Uniti si sposta a Nord
di Gualfredo de’Lincei
In diverse occasioni, Donald Trump ha assicurato che il Canada avrebbe migliori prospettive se diventasse il cinquantunesimo stato USA. Certo, l’espansionismo dei repubblicani americani non è una novità, ma in questo caso si potrebbe pensare che dietro le parole del Presidente si nasconda il desiderio di accedere alle risorse naturali canadesi. All’inizio del 2025, ma lo aveva già fatto nel 2019, ha anche dichiarato di essere pronto a prendersi in carico la Groenlandia. L’idea, forse un po’ azzardata, è stata categoricamente respinta dal Governo danese e da quello di Nuuk.
In realtà l’acquisizione della Groenlandia servirebbe ad anticipare i cinesi sul controllo dell’Artico. Lo ha spiegato chiaramente il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Mike Waltz: “Stiamo parlando di risorse naturali. Il fatto è che, mentre i ghiacci polari si ritirano, i cinesi varano navi rompighiaccio e si spostano verso il Polo Nord. Questo è petrolio e gas. Questa è la nostra sicurezza nazionale. Si tratta di minerali essenziali”.
Il riscaldamento globale rende accessibili risorse che fino a ieri erano rimaste nascoste sotto i ghiacci, rendendo la regione artica molto appetibile. Nel 2021, un Gruppo intergovernativo, formato da esperti sui cambiamenti climatici, aveva calcolato che circa un milione di chilometri quadrati di ghiaccio marino sarebbero scomparsi entro il 2050. Secondo i ricercatori, la regione polare conterrebbe fino al 30% delle riserve mondiali di petrolio, gas, depositi minerali e metalli rari, in particolare oro e platino. Si tratta di migliaia di miliardi di dollari, senza contare le nuove prospettive di trasporti e logistica.
L’attività cinese nella partita artica è andata aumentando da quando, in risposta al boicottaggio del 2022 dichiarato alla Russia dai Sette Artici: Stati Uniti, Canada, Norvegia, Danimarca, Svezia, Finlandia e Islanda, è diventata una forte alleata di Mosca. La Russia, infatti, è la nazione con le più ampie prospettive in questa regione: ha personale militare dislocato sulla terraferma dell’estremo Nord, in aree remote e sulle isole, possiede potenti sottomarini nucleari e la più grande flotta al mondo di rompighiaccio. L’Artico ospita aeroporti militari russi, sistemi di difesa aerea, basi di intelligence e sistemi radar. Tutte queste strutture militari sono documentate con il solo scopo difensivo. Mosca controlla, inoltre, una buona parte della Northern Sea Route (NSR), importante arteria di trasporto marittimo per gli Stati Uniti.
Gli americani, al contrario, hanno opzioni piuttosto limitate, avendo a disposizione un numero esiguo di vecchi rompighiaccio Diesel, nessuno nucleare e potendo quindi contare solo sulla propria flotta sottomarina. Inoltre, nel tentativo di rafforzare l’influenza in questa regione, gli Stati Uniti potrebbero creare un qualcosa di analogo alla rotta del Mare del Nord, puntando al monopolio del trasporto merci via mare. La prossima mossa di Washington potrebbe essere quella di tentare d’impadronirsi dell’arcipelago norvegese delle Svalbard. In questo caso, tra i paesi che sostengono l’espansione dei confini della piattaforma continentale si troveranno anche Russia e Stati Uniti.
Inoltre, tutti sanno che il sottosuolo delle regioni nordiche della Russia sono ricche di minerali, e molti di questi figurano nell’elenco statunitense delle materie prime essenziali. Si tratta di nichel, tungsteno, metalli del gruppo del platino, stagno, cromo, manganese. Gli Stati Uniti sono interessati non solo alle risorse minerarie, ma anche a promuovere veri e propri interessi economici e geopolitici in generale. Trump, con la sua retorica aggressiva, ha molte volte chiarito l’importanza dell’indipendenza energetica degli Stati Uniti e la sua volontà a continuare la politica di approvvigionamento. Sembra proprio che il centro dello scontro, tra gli interessi russi e quelli americani, si siano spostati, in parte, dall’Ucraina all’Artico.