Advertisement

UNA NUOVA LEGGE PROFESSIONALE PER GLI AVVOCATI
di Massimiliano Cesali

 

In questi giorni si sta discutendo della riforma della legge professionale forense, una legge che risale al 2012 e che oggi mostra tutti i suoi limiti.

Le associazioni, i Consigli dell’Ordine e le rappresentanze istituzionali stanno lavorando su un testo da sottoporre alla politica. Un’occasione importante, che richiede attenzione, competenza e soprattutto condivisione.

Advertisement

Il punto, centrale è il ruolo dell’avvocato, garante dei diritti, delle libertà dei cittadini, partecipe alla realizzazione della giustizia ma – e lo voglio sottolineare con forza – sempre parte.

Guai a dimenticare o smarrire la peculiarità della nostra funzione.

C’è poi il tema dell’equo compenso esteso a tutti.

Una battaglia giusta, ma purtroppo ancora troppo fragile, soprattutto in un sistema dominato dal libero mercato, introdotto con le cosiddette “lenzuolate” di Bersani e aggravato dalla crisi economica.

Le garanzie restano deboli. E questo è inaccettabile.

Un altro tema delicato è quello del segreto professionale.

È difficile individuare in modo chiaro e analitico i casi in cui sia lecito derogare a questo principio, perché si tratta spesso di situazioni complesse, legate alla prevenzione di reati gravi.

Serve equilibrio, ma anche fermezza nella tutela.

Si sta discutendo molto delle forme di aggregazione tra avvocati: studi associati, reti, società.

E si torna a parlare del socio di capitale.

Un modello che, per quanto propagandato, ha trovato scarsa applicazione nel nostro Paese.

Lì dove è stato adottato, ha prodotto effetti negativi: ha ridotto le opportunità per tanti colleghi e colleghe e ha concentrato il lavoro in poche mani, mettendo a rischio indipendenza, autonomia e libertà professionale.

Un passo avanti importante riguarda la monocommittenza, ossia la condizione degli avvocati che lavorano stabilmente per altri studi, spesso senza alcuna tutela.

Finalmente, grazie al confronto in atto, si punta a colmare questo vuoto normativo.

C’è poi il nodo delle incompatibilità.

Siamo tutti d’accordo sull’eliminare limiti anacronistici che ci penalizzano rispetto ad altre professioni.

Ma attenzione: non possiamo trasformare la nostra professione in un ammortizzatore sociale.

In effetti, consentire agli avvocati di svolgere attività che esulano dalle funzioni tipiche della nostra professione – come ad esempio amministrare società (raramente quelle che auspichiamo), con tutte le implicazioni che ne derivano, rischia di snaturare il nostro ruolo e di aggravare il problema del ribasso dei compensi per le attività tipiche dell’avvocato.

Infine, un punto cruciale è la riforma dell’ordinamento.

C’è ancora chi propone di eliminare il vincolo del doppio mandato.

Io dico no. Credo invece nella necessità di favorire il ricambio, anche generazionale.

Allo stesso modo, è urgente affrontare la questione della rappresentanza proporzionale dei Consiglieri distrettuali nel CNF: oggi non equa, e quindi non giusta.

In sintesi, il lavoro in corso è importante, ma andrebbe legittimato dalla massima Assise dell’Avvocatura.

Come accadde nel 2012, la riforma dovrebbe passare dal Congresso Nazionale Forense, che si terrà a ottobre e che avrà ad oggetto “l’Avvocato nel futuro. Pensare da legale, agire in digitale”.

Perché solo una riforma condivisa e votata dall’Avvocatura potrà avere la forza di imporsi sulla politica.

A breve verremo chiamati ad eleggere i nostri delegati al Congresso, partecipiamo.

È in gioco il futuro della nostra professione.

 

Massimiliano Cesali

Consigliere Ordine Avvocati Roma

Informazione equidistante ed imparziale, che offre voce a tutte le fonti di informazione

Advertisement
Articolo precedentePIANO SPIAGGIA, PAPASSO (SINDACO DI CASSANO ALL’IONIO): L’ITER SI AVVIA ALLA CONCLUSIONE.
Articolo successivoNapoli, municipalità collinare: sabato prepasquale da inferno dantesco

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui