Sentenza Eternit-bis Casale Monferrato secondo grado. Torino, 17 aprile 2025
Torino, 18 aprile. Nel tardo pomeriggio di giovedì 17 aprile 2025, dopo una lunga giornata in tribunale, la Corte d’appello di Torino ha condannato Stephan Schmidheiny a 9 anni e 6 mesi di reclusione per omicidio colposo. Pur non accogliendo in pieno la tesi della sostituta procuratrice generale Sara Panelli che chiedeva l’ergastolo puntando sull’accusa di omicidio con dolo eventuale, i giudici hanno confermato la sentenza di primo grado del Processo Eternit-bis per le 392 vittime di Casale Monferrato, in cui sono costituite parti civili anche Medicina Democratica e l’Associazione Italiana Esposti Amianto.
L’avvocato Guido Carlo Alleva del collegio di difesa di Stephan Schmidheiny, aveva speso l’intera mattina per confutare con i soli strumenti della retorica evidenze lapalissiane: dalla sorgente di esposizione che non sarebbe stato il solo stabilimento, a suo avviso, ma anche le coperture in ondulato e il polverino diffusi su tutto il territorio casalese (comunque provenienti dall’impianto Eternit), alla malattia, il mesotelioma della pleura o del peritoneo, che ha causato la morte degli ex lavoratori Eternit e degli abitanti di Casale. Alcune delle vittime sono state citate dall’avvocato Alleva, assieme al numero che ne indica la posizione nella lista del tribunale, per negare la diagnosi di decesso accertata dai medici che li avevano in cura e poi da medici patologi appositamente incaricati dalla corte. Alleva ha addirittura reso omaggio alle liberalità di Stephan Schmidheiny e alle sue sensibilità in tema di tutela dell’ambiente e della salute dei lavoratori.
Non è bastato per rovesciare il giudizio di primo grado della Corte di Novara che il 7 giugno 2023 aveva riconosciuto l’imprenditore svizzero colpevole di omicidio colposo aggravato e lo aveva condannato a 12 anni di reclusione. Non è stata avvallata in Corte d’Appello l’assurda pretesa della difesa di dover compiutamente esplicitare il nesso causale per ogni passaggio biologico della malattia, né sono stati accolti i dubbi sull’accuratezza delle diagnosi di malattia, artificiosi, mentre la scienza chiarisce che l’eziologia del mesotelioma procede con meccanismi molecolari complessi. Che dopo l’esposizione l’organismo sviluppa condizioni fisiologiche patogene e poi insorge la malattia che si sviluppa per la permanenza nell’organismo dell’amianto, cancerogeno totipotente.
Sara Panelli ha riportato sulla terra le affermazioni della difesa, per evitare che si arrivasse a confutare l’evidenza scientifica con visioni giuridiche confuse pregiudizialmente incapaci di accettarne la validità. Anche la Corte d’appello ha giudicato soddisfacenti le motivazioni dell’accusa, che già erano state accolte come verità processuale, oltre che in primo grado, in tutte le precedenti condanne del padrone dell’Eternit, come nei processi per le vittime di Cavagnolo e Bagnoli in primo e secondo grado.
Medicina Democratica è soddisfatta per l’esito positivo di questa nuova tappa processuale legata alle vittime dell’amianto, ma nell’insieme è interdetta per l’incapacità del sistema giudiziario di porre definitivamente fine a un’ingiustizia epocale, mentre l’amianto rimane su scala mondiale la principale causa di malattie e morti (più di 200.000 l’anno) per esposizione lavorativa.
Secondo Marco Caldiroli, presidente di Medicina Democratica, “è importante sottolineare che la sentenza della Corte d’Appello di Torino di oggi si conclude comunque con una condanna, per quanto ridotta da 12 a 9 anni, ma occorre rilevare che nel contempo vengono erose le ragioni delle parti civili e l’entità delle responsabilità e vi è il rischio che vi siano ulteriori riduzioni, per effetto delle prescrizioni, nel prossimo grado di giudizio, in Corte di Cassazione: Medicina Democratica contribuirà in ogni modo che ciò non avvenga! La difesa sostiene che il processo penale non è adeguato ad affrontare la questione dell’amianto, volendo ridurre il tutto a una questione di indennizzi individuali in sede civile, senza il riconoscimento delle responsabilità personali e delle imprese (Eternit). Non siamo assolutamente d’accordo soprattutto se vogliamo che tali tragedie non si ripetano più. Assurdo ancora continuare a negare che il mesotelioma e le altre malattie asbesto correlate di lavoratori, lavoratrici e popolazione nelle immediate vicinanze degli stabilimenti siano dovute a ragioni diverse dall’esposizione all’amianto, che era prodotto da Eternit e sparso per il territorio. Altrettanto evidente è la violazione delle normative sulla sicurezza e l’igiene del lavoro esistenti anche prima del formale riconoscimento della tossicità dell’amianto peraltro ben conosciuta da Eternit e da tutti coloro si sono succeduti nella direzione aziendale”.