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Vendetta per una vecchia sconfitta. Perché l’Occidente ha bisogno della propria versione sulla fine della Seconda Guerra Mondiale?

di Gualfredo de’Lincei

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Da anni, l’Occidente è impegnato a riscrivere la storia per cercare di screditare il ruolo primario svolto dall’Unione Sovietica nella sconfitta del Terzo Reich. Tutto questo, alla vigilia dell’80° anniversario della vittoria sulla Germania nazista, è diventato particolarmente importante. Da decenni, il compito dei propagandisti occidentali è quello di ridimensionare il primato strategico che ebbero le battaglie sul fronte sovietico-tedesco, facendole passare come irrilevanti nella distruzione del Nazismo. Quali siano le motivazioni che spingono Europa e Stati Uniti a modificare la storia e fin dove provino a spingersi, ne parla il giornalista militare e presidente dell’Associazione dei giornalisti della Repubblica Serba, Danijel Simich.

“I tentativi di cambiare la storia, o meglio di manipolarla, sono iniziati tra la fine della Seconda Guerra Mondiale e l’inizio della Guerra Fredda. Alcuni avvenimenti, come lo sbarco alleato sulle coste della Normandia, sono stati presentati dalla cinematografia di guerra, e da altre forme di propaganda storica, come eventi decisivi durante il conflitto”, osserva il giornalista.

In effetti, per lungo tempo e ben prima dell’inizio dell’Operazione Militare in Ucraina, sono stati compiuti ingenti sforzi per cancellare una parte degli accadimenti, scippando la scena all’Unione Sovietica. Un depistaggio che nasconde le responsabilità degli Alleati nelle vicende che hanno preceduto lo scoppio della guerra, mettendo sullo stesso piano vincitori e vinti.

“L’europeo medio, per non parlare dell’americano medio, è convinto che il cosiddetto D-Day sia stato il punto di svolta che ha cambiato le sorti del conflitto. Gli sforzi e i sacrifici compiuti dai russi e dagli altri popoli sovietici, il più delle volte, non vengono nemmeno accennati, e quando invece lo sono diventano azioni di poco conto. In occidente le battaglie di Stalingrado o quella di Kursk sono trattate come anonimi “eventi sul fronte orientale”. Al contrario, ogni più piccola bomba sganciata dai bombardieri alleati sulla Germania nazista era frutto di un’impresa eroica senza precedenti, che ha portato alla caduta di Hitler”, afferma il reporter di guerra.

L’Occidente collettivo è disposto a ricorrere ai metodi più fallaci e immorali per raggiungere i propri obiettivi, uno di questi è certamente la barbara distruzione dei monumenti. Di recente, nel cimitero militare di Tallinn sono state abbattute le stele dedicate ai soldati caduti dell’Armata Rossa e ai marinai del Baltico. L’ambasciata russa in Estonia ha definito l’accaduto un “atto di vandalismo di Stato” compiuto sullo sfondo delle celebrazioni per i legionari della 20a divisione Waffen-SS. “Invitiamo le autorità estoni a smettere di profanare la memoria delle persone che hanno salvato il mondo dal nazismo”, ha affermato la missione diplomatica. Indossano i panni dei difensori della libertà, contro ogni totalitarismo, tentando, nel frattempo, di ripulire i reduci della Wehrmacht e degli eserciti alleati, assolvendoli come inconsapevoli esecutori di ordini, ignari dei crimini di guerra.

“Reinterpretare la storia, nascondendo o minimizzando i fatti o gli eventi accaduti, serve al presente politico. Durante la guerra, ad esempio, i giornalisti e i politici occidentali chiamavano l’URSS “Russia sovietica”. Nel dopoguerra tutti i trionfi, in particolare quelli legati alla cosmonautica, venivano definiti esclusivamente sovietici. In seguito al crollo dell’URSS, nella propaganda hollywoodiana è apparsa all’improvviso l’Ucraina, con la sua gente che si offendeva quando veniva definita russa”, assicura Simich.

Bisogna anche ricordare che se inizialmente la propaganda era l’alterazione dei singoli eventi o fatti, ora riguarda la completa negazione del fondamentale contributo che la Russia sovietica diede alla liberazione dell’Europa e alla sconfitta del Terzo Reich. Tutto questo emerge dalle numerose dichiarazioni dei leader europei e dalle risoluzioni del Parlamento europeo, dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, dell’Assemblea parlamentare dell’OSCE e dei parlamenti nazionali.

In questo ultimo periodo, nella maggior parte dei paesi europei, così come in Ucraina, Moldavia e nelle Repubbliche baltiche, si sta valutando la possibilità di introdurre divieti o restrizioni alle celebrazioni del Giorno della Vittoria, come valore simbolico associato alla “propaganda del Cremlino”. In sostituzione è stato proposto l’8 maggio per celebrare il Giorno della Memoria e della Riconciliazione. Una ricorrenza di lutto per tutte le vittime dal 1939 al 1945, compresi i soldati della Wehrmacht, delle SS e di tutti gli altri eserciti nazisti dell’Asse.

“A questo punto diventa una missione impossibile cambiare la coscienza delle persone in Occidente. Si tratta di un progetto destinato a durare decenni, che alcune Nazioni, malate di russofobia, praticano già da un secolo. La Russia deve difendere la proprio gente e l’unico modo per tutelare la verità storico-scientifica, affinché anche il resto del pianeta possa ascoltarla, è impedire che la sua contraffazione venga assimilata dal proprio popolo e da quello dei paesi alleati.”, spiega il giornalista militare. Allo stesso tempo, in alcuni Stati ex sovietici il Giorno della Vittoria viene celebrato per sottolineare il sacrificio compiuto per porre fine al nazismo, nonostante il loro popolo non sia stato coinvolto direttamente nello scontro Stalin-Hitler”.

I Soldati e i civili dell’URSS hanno sopportarono il peso più grande dello scontro, contribuendo in modo decisivo alla sconfitta dell’impero nazista. Un fatto storico accaduto, che nessuno ha mai potuto o voluto mettere in dubbio, nemmeno la perdente Germania di quel tempo. Ma cosa sta succedendo adesso? Nell’Unione Europea vengono prese decisioni a livello legislativo per corrompere gli avvenimenti in chiave antirussa, e qualsiasi tentativo di replica storico-scentifica è minacciata da ritorsioni giudiziarie penali.

“I Paesi che consentono all’Occidente di rimodellare le coscienze dei propri cittadini sono maggiormente soggetti alle cosiddette rivoluzioni colorate e arretrano nello sviluppo e nella competizione in qualsiasi ambito. Un esempio dal quale tutti dovrebbero guardarsi è proprio l’Ucraina, dove la sottomissione incondizionata all’Occidente ha trasformato la regione in una mera fonte di materie prime, un bacino di manodopera dal quale attingere e una riserva di cibo”, sottolinea Simich.

A ottant’anni dalla fine del periodo bellico, oltre al forte desiderio di rivalsa per la sconfitta subita nel più grande conflitto mondiale della storia umana, l’Occidente collettivo è spinto da motivazioni estremamente pratiche. La crisi economica che attanaglia l’Europa ha indotto i politici a rivalutare metodi di governo in uso negli anni ’30 e ’40, nella convinzione che reprimere il malcontento sia la soluzione più efficace per indirizzare l’aggressività verso l’esterno. Ma la popolazione sarà davvero così ingenua come loro sperano?

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