Advertisement

Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani esprime sgomento e profonda indignazione per quanto accaduto a Mestre, dove nel giro di pochi giorni due donne — una bambina di appena undici anni e una giovane donna di trentadue — sono state vittime di violenza sessuale in un contesto urbano segnato da degrado, marginalità e colpevole disattenzione delle istituzioni.

L’episodio avvenuto nell’ex palazzo Telecom, da tempo simbolo del fallimento della gestione urbana e dell’assenza di strategie sociali, ci costringe a guardare in faccia una realtà che non può più essere ignorata: la violenza sulle donne non è un evento isolato, ma l’esito estremo di una catena di omissioni, stereotipi, silenzi e indifferenze. Una donna sequestrata, picchiata, abusata, e poi abbandonata sull’asfalto, dietro un ristorante, in pieno giorno. L’orrore non è solo nell’atto, ma nel contesto che lo ha reso possibile.

Advertisement

Il caso, riportato da diverse testate locali e nazionali, solleva interrogativi ineludibili. Come è possibile che in un edificio notoriamente pericoloso, già oggetto di numerosi sgomberi, continui ad avvenire un’occupazione sistematica e indisturbata? Come si giustifica il fatto che, da quell’immobile, “escano ogni giorno ragazze giovanissime” e che nessuna misura preventiva sia mai diventata strutturale? Come può una società definirsi civile quando tollera che simili focolai di violenza restino aperti e accessibili?

Di fronte a queste domande, non bastano le parole di solidarietà né le dichiarazioni roboanti, spesso improntate a soluzioni repressive più che educative. Occorre un cambio di paradigma.

Chiediamo con forza:

  • Interventi strutturali di rigenerazione urbana, che restituiscano dignità ai luoghi e sicurezza alle persone.
  • Una strategia nazionale obbligatoria di educazione ai diritti umani e all’affettività in tutte le scuole, sin dalla primaria, per contrastare la cultura dello stupro e il sessismo radicato.
  • Una rete reale di protezione sociale, con servizi capillari sul territorio per le persone senza fissa dimora, le vittime di dipendenze, le donne vulnerabili.
  • Un presidio costante delle forze dell’ordine nei luoghi notoriamente degradati, non solo per reprimere, ma per prevenire e proteggere.

Il nostro pensiero va alle vittime di questi abusi inaccettabili. Ma il nostro impegno va alla costruzione di una cultura in cui non ci siano più palazzi del degrado, strade dell’indifferenza o angoli bui dove i diritti vengono violati.

L’educazione ai diritti civili non è un’utopia pedagogica: è l’unico argine reale all’inciviltà.

 

 

 

Prof. Romano Pesavento

Presidente CNDDU

Informazione equidistante ed imparziale, che offre voce a tutte le fonti di informazione

Advertisement
Articolo precedenteI leader europei tornano a Kiev: il sostegno all’Ucraina, ma Meloni resta fuori
Articolo successivoGiuli contro Geppi: duello all’ultima parola tra la Cupola e la Cupoletta”

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui