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La cosmologia di Mario Vespasiani: stella dell’arte contemporanea

Celebrato dal Museo del Mare di Genova e di Sabaudia e nella grande collettiva sulla pittura italiana in corso al Museo delle Genti di Pescara

 

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In un’epoca artistica definita dalla frammentazione post-moderna, dalla debolezza del pensiero speculativo e da un sistema spesso governato da logiche di mercato autoreferenziali, la traiettoria di Mario Vespasiani emerge non solo per un percorso incisivo, ma come un caso di studio che merita un’analisi approfondita. La sua rilevanza non risiede nell’adesione a una tendenza, quanto nella costruzione metodica di un universo parallelo, un paradigma esistenziale e creativo.

La pittura come laboratorio alchemico: Il punto di partenza del suo universo rimane la pittura, intesa non come rappresentazione o commento sul reale, ma come prassi alchemica, un laboratorio in cui la materia viene trasmutata per svelare una dimensione ulteriore. Vespasiani non dipinge ciò che vede, ma attraverso ciò che vede, utilizzando un alfabeto simbolico complesso che fonde l’iconografia della mistica cristiana con la sapienza orientale e le leggi naturali. Le sue opere sono portali, “finestre sull’altrove” cariche di una luminosità endogena, quasi non-retinica, che invita l’osservatore non a guardare, ma a passare attraverso. La scelta di porsi fin da giovanissimo in dialogo con i grandi maestri – da Mario Schifano a Lorenzo Lotto da Osvaldo Licini a Mario Giacomelli, sino a Francisco Goya – ha tracciato una chiara ed unica traiettoria. Vespasiani sceglie i maestri nella stirpe dei visionari, degli esploratori dell’anima, di coloro per cui l’arte era uno strumento di indagine esistenziale, rivendicando la legittimità di un’arte che risponde a un bisogno umano fondamentale: quello della trascendenza.

Un universo in espansione: dalla frammentazione alla totalità: La vera complessità di Vespasiani si manifesta nella sua incapacità programmatica di contenere la sua ricerca entro i confini di un solo medium. La sua espansione nella musica, nella scrittura, nella regia e persino nell’invenzione di dispositivi pedagogici non è un segno di eclettismo, ma la conseguenza necessaria della sua visione olistica.

·         La Musica diventa la sonorizzazione dell’invisibile, la traduzione in frequenze emotive di quelle “atmosfere interiori” che la pittura evoca. I suoi brani, con testi densi e melodie raffinate, non accompagnano l’opera visiva, ma ne sono una manifestazione complementare, come dimostrano le sue innovative installazioni sinestetiche.

·         “AbeceMario”, il gioco di carte didattico, è forse il suo atto più radicale. È un dispositivo maieutico che traduce la sua complessa cosmologia in un linguaggio democratico e accessibile. È il gesto di un artista che non si accontenta di creare mondi, ma vuole fornire agli altri gli strumenti per fare altrettanto, unendo arte, pedagogia e generosità intellettuale.

·         La Scrittura (con 46 pubblicazioni all’attivo) fornisce l’impalcatura teorica, il diario di bordo di questa esplorazione continua, rendendo il suo percorso uno dei più documentati e auto-consapevoli della sua generazione.

L’artista come ecosistema alternativo: Forse l’aspetto più rilevante per comprendere la sua posizione nel sistema dell’arte è la sua capacità di agire come “istituzione” culturale egli stesso. Invece di dipendere unicamente dal circuito delle gallerie e dei musei, Vespasiani ha creato un proprio centro di gravità e con con la rassegna “Indipendenti, Ribelli e Mistici” è diventato di riferimento pubblico, difatti non è un classico festival, ma un vero e proprio cenacolo d’avanguardia di cui è catalizzatore. In questo ecosistema, anche la sua relazione con la musa Mara viene elevata a metanarrazione. Il progetto a lungo termine “Mara as Muse” non è solo un omaggio romantico, ma una riflessione pubblica sulla natura dell’ispirazione e sulla dualità come motore creativo, in aperta controtendenza con l’individualismo esasperato di molta arte contemporanea. La rilevanza complessiva di Mario Vespasiani risiede, in ultima analisi, nella coerenza e nell’ambizione del suo progetto totale. Una figura votata alla profondità, alla raffinatezza formale e all’integrità etica in un’epoca che spesso celebra l’effimero, un “caso esemplare” di talento unito a una disciplina rigorosa (definito “monaco-samurai”), di carisma personale (“il gentleman dell’arte”) e di una sensibilità profonda (“la grande anima dell’arte e della cultura”). La sua rilevanza non va misurata solo dal valore di un singolo ciclo pittorico o da una mostra, ma dalla forza del paradigma che ha saputo incarnare: un modello di artista per cui l’arte è una forma di esistenza; non un commento sul mondo, ma un tentativo di ricrearlo, più luminoso e più denso di significato.

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