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Suor Anna Maria, la clausura è lontana dal Vangelo

La bella notizia: “Anna Maria, suora di clausura a 30 anni (mentre i monasteri si svuotano): «Non sono un angelo, tra queste mura mi sento me stessa». Milanese, si è avvicinata alle Clarisse Cappuccine: «Ho sempre avuto il senso della comunità, dopo la fine di un amore ho iniziato a pensare». Ogni tanto le tremano le mani. Non è paura, è consapevolezza. Anna Maria ha poco più di trent’anni e ha appena detto «per sempre». Non a un marito, non a un lavoro, ma alla vita dentro un monastero” (Corriere della Sera – Milano).

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La suora non sa che la clausura contrasta con il vangelo, e sicuramente non lo sa neppure l’autrice dell’articolo, Elisabetta Andreis. Per farlo sapere all’una e all’altra, trascrivo uno dei miei tanti scritti sull’argomento.

Blog  “Come Gesù” 24 Novembre 2019
La Chiesa dovrebbe abolire la clausura
«Nessuno sembra essersi accorto, forse neppure l’autore, che l’Enciclica “Deus caritas est” di Benedetto XVI, dimostra in modo chiarissimo che l’istituzione della clausura è in contrasto col vangelo.  Così, al n. 18 della Lettera: “Se però nella mia vita tralascio completamente l’attenzione per l’altro, volendo essere solamente «pio» e compiere i miei «doveri religiosi», allora s’inaridisce anche il rapporto con Dio. Allora questo rapporto è soltanto «corretto», ma senza amore. Solo la mia disponibilità ad andare incontro al prossimo, a mostrargli amore, mi rende sensibile anche di fronte a Dio…Amore di Dio e amore del prossimo sono inseparabili, sono un unico comandamento…Così non si tratta più di un «comandamento» dall’esterno che ci impone l’impossibile, bensì di un’esperienza dell’amore donata dall’interno, un amore che, per sua natura, deve essere ulteriormente partecipato ad altri”. Ora, è chiaro che l’amore per il prossimo tra le mura di un monastero è solamente pura astrazione: allontanarsi dal prossimo, separarsi da esso e “partecipargli” amore è contraddittorio. Del resto, basta ricordare la parabola del buon Samaritano (Lc 10,25s): una monaca di clausura non avrebbe alcuna possibilità di soccorrere il malcapitato percosso dai briganti, per il semplice motivo che non passerebbe mai per quella strada».

Questo scrivevo quando uscì la lettera enciclica di Joseph Ratzinger. Oggi, in un articolo di don Mauro Leonardi sui viaggi di papa Francesco, leggo:  “Perché il vangelo è spostarsi da se stessi, uscire, per andare incontro al prossimo. Proprio Gesù ha chiesto ai suoi discepoli di andare a trovare le persone a casa loro” (Agi, 22 novembre). Nessuno si sarà accorto, neppure l’autore ovviamente, che queste parole dimostrano chiaramente che la clausura è lontana dal vangelo.

Sul quotidiano Il Tempo del 23 agosto 2006 esprimevo, ad un dipresso, lo stesso concetto esposto da Mauro Leonardi: “Il Signore anche sentiva ogni tanto il bisogno di appartarsi, ma il vangelo è azione, è movimento. Gesù stesso era un uomo d’azione, la sua vita fu un cammino, ed invitò gli apostoli a fare altrettanto: «Andate per tutto il mondo e predicate il vangelo a ogni creatura» (Mc 16,15)”.

La Chiesa dovrebbe abolire la clausura. Il termine “clausura” dovrebbe restare solo nei libri di storia e nei dizionari, anche perché, diciamo la verità, è proprio un brutto termine.

Renato Pierri

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