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Cosa può significare, ai fini del procedimento nel quale Sempio è indagato per concorso in omicidio, la corruzione del GIP Mario Venditti

 

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Il caso Garlasco, con la lunga scia di dubbi che lo accompagna da quasi due decenni, entra oggi in una fase di possibile svolta: l’ex procuratore di Pavia Mario Venditti è stato iscritto nel registro degli indagati con l’ipotesi di corruzione in atti giudiziari, per aver – secondo l’accusa – agevolato l’archiviazione del primo fascicolo a carico di Andrea Sempio, oggi indagato per concorso in omicidio di Chiara Poggi.

La nuova indagine per corruzione che investe Mario Venditti non è un semplice “fatto collaterale” del caso Garlasco: è potenzialmente un tassello che può riscrivere il percorso giudiziario intrapreso fin qui. Se la corruzione fosse provata, nessuno degli atti assunti nella fase archiviativa potrà essere considerato immune da revisione, e tutto il castello delle prove successive verrebbe risottoposto a scrutinio intenso.

Questa novità apre scenari che toccano direttamente il cuore del procedimento contro Sempio: se fosse provato che Venditti fu corrotto per intervenire sul corso dell’indagine, quale influenza avrebbe ciò sullo svolgimento del processo? Quali effetti giuridici e probatori potrebbe avere? Cerchiamo di orientare il lettore nei passaggi chiave del diritto processuale penale e delle garanzie costituzionali, alla luce dei fatti finora noti.

Per comprendere le implicazioni, è utile ricostruire in breve le tappe oggi sotto esame:

  • Nel 2016–2017, a seguito di perizie promosse dalla difesa di Stasi, era emersa una traccia di DNA attribuita a Sempio su un’unghia di Chiara Poggi. Si aprì un’indagine, ma quell’ipotesi venne archiviata dallo stesso Venditti, che era all’epoca procuratore di Pavia. Il GIP accolse la richiesta di archiviazione nel marzo 2017.

  • Ora l’accusa è che quell’archiviazione non fu il frutto di una valutazione tecnica indipendente, ma caleidoscopica di un’attività corruttiva: un appunto rinvenuto a casa dei genitori di Sempio recante la dicitura “Venditti / gip archivia X 20‑30 euro” sarebbe  secondo gli inquirenti un indizio di pagamento in cambio dell’archiviazione.

  • Vi sarebbero pure movimenti di denaro sospetti (versamenti da zie, prelievi in contanti, transazioni non giustificate) che gli inquirenti ritengono compatibili con la presunta corruzione.

  • Ancora: omissioni secondo l’accusa  di atti investigativi e di trascrizione di intercettazioni e la conoscenza anticipata da parte di Sempio delle domande che gli sarebbero state poste durante l’interrogatorio del 10 febbraio 2017.

Se confermato, il quadro delineerebbe un atto corruttivo capace di mutare profondamente la sorte del processo che, sino a oggi, ha considerato quell’archiviazione come legittima.

Le possibili implicazioni giuridiche

1. Nullità del provvedimento di archiviazione e revisione dell’istruttoria

In linea generale, i provvedimenti adottati in un procedimento penale viziato da illegittimità grave – come la corruzione – possono essere dichiarati nulli. Se l’archiviazione è il risultato di un accordo corruttivo, il provvedimento stesso potrebbe essere annullato (o dichiarato inesistente). Ciò implica che quel fascicolo “chiuso” non regge più come punto di arrivo incontestabile, ma deve essere rivisto nel suo contenuto investigativo con rigore e trasparenza.

In termini pratici, la Procura potrà chiedere che le indagini iniziali riprendano da capo  con un’istruttoria “nutrita” di quegli atti che allora furono presumibilmente omessi  e che tempi e modalità vengano valutati da un giudice imparziale che non sia coinvolto nella corruzione contestata.

2. Influenza sulla credibilità delle prove e presunzioni

La scoperta di una corruzione sugli atti che hanno inciso sulla fase preliminare può incidere sulla credibilità dell’intera ricostruzione investigativa. Le prove raccolte nel periodo successivo all’archiviazione  se maturate su basi già “avvelenate”  rischiano di essere assalite da eccezioni difensive tesi a dimostrare che la loro validità è condizionata da quel vizio originario.

La difesa di Sempio potrà sostenere – in applicazione dei principi sul “frutto dell’albero avvelenato” (fruit of the poisonous tree) che molte prove non dovrebbero essere ammesse perché contaminate dall’illiceità iniziale. Il pubblico ministero, d’altro canto, dovrà argomentare che le nuove attività sono state condotte in piena autonomia e indipendenza, senza alcun condizionamento posteriore.

3. Effetti sul procedimento penale in corso

Il processo contro Sempio  per concorso in omicidio potrebbe subire alcune conseguenze dirette:

  • Eccezioni liminari: la difesa potrebbe chiedere fin da subito che siano escluse o annullate intere parti dell’istruttoria, basandosi sull’illegittimità dell’originaria archiviazione.

  • Rivalutazione del ruolo del GIP: se il GIP che accolse l’archiviazione risulta essere parte del piano corruttivo, la sua decisione perde legittimità come atto “neutrale”. In tal caso, potrebbe essere necessario che un nuovo giudice (GIP diverso) si pronunci sulle questioni preliminari con piena garanzia d’imparzialità.

  • Rischio di estinzione per prescrizione di quel vecchio atto: sebbene l’azione correttiva possa riaprire la fase investigativa, c’è il rischio che la prescrizione possa aver già estinto alcuni atti originari — con inevitabili effetti pratici sul recupero delle prove.

  • Accumulo di gravi rilievi difensivi: se la difesa dimostrasse che il vizio originario ha condizionato l’assetto complessivo dell’inchiesta, l’accusa potrebbe trovarsi a dover ridefinire completamente la strategia e accettare che alcune piste investigative siano considerate invalide.

4. Problema di competenza e conflitto di interesse

Un magistrato indagato per corruzione ha un interesse personale che lo rende — di fatto — incompatibile con qualunque decisione inerente il procedimento. Ciò impone che tutte le decisioni future sull’indagine o sul processo in cui è coinvolto quel magistrato non possano più essere assunte da lui, né da chi ha collaborato strettamente con lui in quella vicenda.

L’ipotesi accusatoria  grave e carica di implicazioni  richiede prove solide e non basate su mere suggestioni:

  • La grafia sull’appunto “Venditti / gip archivia X 20‑30 euro” va attribuita con perizia calligrafica; senza certezza, può restare un indizio debole.

  • I movimenti bancari sospetti e i flussi finanziari vanno collegati, con tracciabilità, al presunto beneficiario (Venditti) oppure dimostrato che quei versamenti erano finalizzati all’archiviazione  non semplicemente compatibili con questa ipotesi.

  • Le intercettazioni mancanti che l’accusa ritiene non trascritte di proposito  dovranno essere recuperate o ricostruite, e la mancata trascrizione giustificata dal pubblico ministero.

  • La difesa potrà avanzare la tesi che quanto rinvenuto oggi non dimostra corruzione, ma è frutto di equivoci, memorie tardive, carenza di prova diretta. Dovrà esserci un contrasto tra versioni con forza motivazionale.

L’onere della prova – secondo il principio del “reato e sua concreta dimostrazione” – grava sul pubblico ministero; se la prova dovesse risultare insufficiente, la vicenda corruttiva rischia di estinguersi in sede cautelare o dibattimentale.

Le ricadute sul principio di legalità e garanzia costituzionale

Una vicenda come questa, se confermata, evoca questioni centrali per lo Stato di diritto:

  1. La fiducia nella magistratura: l’ipotesi che un GIP sia stato corrotto mina le fondamenta stesse della neutralità giudiziaria; in un processo penale, il giudice deve essere scevro da ogni influenza esterna.

  2. La sicurezza delle decisioni intraprese: chi ha agito in buona fede — difesa, indagati, vittime — ha diritto che i provvedimenti (anche quelli apparentemente conclusivi) siano sostenuti da atti corretti e legittimi.

  3. Ripensare la dimensione delle revisioni: in casi estremi, la giustizia deve ammettere che decisioni passate ritenute “definitive” possano essere riaperte quando emergano vizi talmente gravi da minare la stessa credibilità del processo.

Alla luce delle ipotesi, possiamo ipotizzare alcuni percorsi:

  • Conferma dell’ipotesi corruttiva: se l’accusa dimostrerà la corruzione, l’archiviazione del 2017 sarà probabilmente annullata e l’indagine su Sempio riprenderà con nuovo impulso e nuovi atti. Le prove finora raccolte potranno essere riutilizzate solo se dimostrate indipendenti dal vizio originario.

  • Parziale accoglimento o debolezza probatoria: è possibile che alcune parti dell’ipotesi corruttiva siano rigettate, mentre altre vengano convalidate. Si potrebbe determinare che l’archiviazione fu viziata in parte, richiedendo correzioni mirate nell’istruttoria.

  • Archiviazione dell’ipotesi corruttiva: se la prova non reggerà, l’indagine su Venditti potrebbe essere chiusa. Ciò lascerebbe intatte l’archiviazione originaria e le basi del processo contro Sempio — benché la tensione pubblica e mediatica resterebbe alta.

  • Ricadute sul processo più ampio: in ogni caso, la difesa di Sempio avrà spazio per porre questioni preliminari, eccezioni e prove di contaminazione, che potrebbero rallentare o complicare il prosieguo del procedimento penale principale.

In definitiva: più che un ostacolo, la vicenda Venditti potrebbe rappresentare un punto di rigenerazione del procedimento, la possibilità di ripartire con un’istruttoria finalmente libera da dubbi e sospetti. Ma per arrivarci, gli investigatori e i magistrati dovranno costruire una prova incrollabile — e la difesa, un contropiano altrettanto vigoroso.

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