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Oltre 500 dipendenti della Farnesina hanno deciso di rompere il silenzio. La ribellione dopo la denuncia alla Corte Penale Internazionale contro Meloni, Tajani, Crosetto e Cingolani e Leonardo S.p.A

Nel turbinio di tensioni internazionali che gravano sull’Italia, un fatto nuovo  e al tempo stesso epocale – scuote le fondamenta del Palazzo della Farnesina: oltre 500 dipendenti del Ministero degli Affari Esteri hanno firmato una lettera destinata al Ministro Antonio Tajani, manifestando «profondo disagio etico e professionale» per la politica estera italiana in relazione al conflitto di Gaza, fino ad accusare il governo di «rischiare di essere in concorso rispetto a violazioni gravi del diritto internazionale umanitario e al genocidio in atto». newsmessina.it+2Fanpage+2

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Questa manifestazione di dissenso interno assume un’importanza particolare nella misura in cui avviene mentre è in corso una denuncia formale  che sarà depositata alla Corte Penale Internazionale (CPI)  che coinvolge la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, i ministri Antonio Tajani e Guido Crosetto, Roberto Cingolani (AD di Leonardo S.p.A.), e l’industria della difesa italiana Leonardo stessa, accusati di complicità nel genocidio a Gaza. Il Giornale d’Italia+2LA NOTIZIA+2

Origini e contenuti della denuncia

La denuncia (o “comunicazione”, nel lessico della CPI) è stata annunciata dal giurista Fabio Marcelli, dirigente dell’Istituto di studi giuridici internazionali del CNR. Secondo Marcelli, la responsabilità di Meloni, Tajani, Crosetto e Cingolani emerge dalla “fornitura di sostegno materiale e politico” allo Stato di Israele, anche dopo che la Corte internazionale di giustizia (CIJ) – il 26 gennaio 2024 – aveva riconosciuto “plausibile” l’ipotesi di genocidio e aveva ordinato misure preventive. LA NOTIZIA+2OLnews+2

Tra le presunte condotte incriminate vi sarebbe l’esportazione dall’Italia, nel 2024, di armi, munizioni e componenti – all’ordine di diversi milioni di euro verso Israele, la prosecuzione delle forniture nel 2025, e anche la manutenzione di aerei militari utilizzati dall’aviazione israeliana, come gli M‑346. LA NOTIZIA+2Il Giornale d’Italia+2

Le norme richiamate nella denuncia sono sia la legislazione italiana (in particolare la legge n. 962/1967, nota come Legge Moro, che punisce non solo chi compie personalmente atti di genocidio, ma anche chi collabora da ogni forma, tramite mezzi, assistenza logistica o finanziaria) che lo Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale, che contempla, tra i reati perseguibili, la complicità, l’aiuto, l’assistenza a crimini internazionali. Farodiroma+1

La lettera dei dipendenti: un grido nel cuore della diplomazia

Parallelamente alla denuncia, è la Farnesina stessa a diffondere segnali di tensione: almeno 500 funzionari, diplomatici, personale amministrativo hanno deciso di mettere per iscritto la propria contrarietà. La lettera inviata a Tajani, resa pubblica da alcuni media, esprime la richiesta urgente che l’Italia interrompa il corso attuale, perché “non vogliamo essere complici”. Farodiroma+2Fanpage+2

I firmatari segnalano come già in atto ci siano atti che configurano, a loro giudizio, “una forma di concorso o avallo” verso il massacro della popolazione civile palestinese. Tra le richieste spiccano:

  • sospensione dell’accordo di associazione tra Italia, UE e Israele;

  • riconoscimento dello Stato di Palestina;

  • interruzione immediata della vendita di armamenti e di ogni cooperazione militare con Israele;

  • divieto di transito di armamenti nei porti italiani;

  • imposizione di sanzioni dirette verso vertici israeliani e delle forze armate (IDF);

  • aumento degli aiuti umanitari;

  • tutela per figure indipendenti che denunciano crimini di guerra. Farodiroma


Implicazioni legali, istituzionali e morali

Questa doppia dinamica denuncia alla CPI + protesta interna alla Farnesina  solleva questioni che vanno ben oltre i contorni della diplomazia: tocca il diritto internazionale, l’etica del servizio pubblico, la credibilità dello Stato italiano sulla scena mondiale.

  • Sotto il profilo giuridico, se la denuncia venisse accolta e il procedimento sviluppato fino a trovarvi elementi sufficienti, si potrebbe configurare un’accusa di complicità in genocidio, un reato gravissimo, che secondo la legge italiana come lo Statuto di Roma non conosce immunità per cariche politiche.

  • Dal punto di vista istituzionale, la protesta interna costituisce una rottura rara: normalmente i dissensi nei ranghi della diplomazia restano coperti. Qui invece si manifesta una spaccatura fra funzionari in servizio che sentono come inderogabile un dovere morale oltre che professionale.

  • Sul piano morale ed etico, è una sfida aperta al “non dire mai” davanti a situazioni che molti percepiscono come drammaticamente ingiuste: la questione di dove si colloca l’azione diplomatica quando si è in presenza di crimini denunciati da organismi internazionali, vittime innocenti e tragedie umanitarie su larga scala.

Le reazioni del governo e le posizioni in campo

Finora il governo non ha divulgato una posizione univoca che affronti tutte le accuse nel loro complesso. Alcuni punti:

  • Antonio Tajani, già destinatario della lettera dei dipendenti, è stato richiamato alle proprie responsabilità ma ha al momento ribadito che l’Italia ha sospeso nuove licenze di esportazione di armamenti verso Israele dopo il 7 ottobre; ciò nonostante, come riconosciuto dallo stesso esecutivo e da analisi indipendenti, contratti già in essere e consegne pregressi sono proseguite. OLnews+2Farodiroma+2

  • Il governo ha contestato alcune delle ricostruzioni giornalistiche, soprattutto riguardo la portata dei flussi di armamenti, la responsabilità diretta e la veridicità di alcune delle accuse mosse nei singoli casi.

  • Leonardo S.p.A. non ha ancora rilasciato dichiarazioni pubbliche di rilievo che affrontino per intero le ipotesi contenute nella denuncia (ossia non solo la normale attività industriale, ma il sostegno materiale in un periodo già sotto la lente di organismi internazionali).

Cosa può succedere ora: scenari possibili

I prossimi mesi saranno decisive in termini pratici:

  1. Accettazione o rifiuto della denuncia da parte della CPI
    La Corte dovrà valutare se la denuncia di Marcelli è formalmente ammissibile e se contiene prove sufficienti per avviare un’indagine. Non è garantito che ciò avvenga – molte comunicazioni non superano la fase preliminare.

  2. Azioni interne di trasparenza
    Il governo potrebbe essere costretto a rendere pubblici documenti, licenze, contratti, per rispondere alle richieste di chiarezza mosse dalla Farnesina, dall’opinione pubblica e, forse, da organismi di controllo internazionali.

  3. Pressione da parte degli altri attori internazionali
    Organismi ONU, ONG per i diritti umani, Unione Europea potrebbero prendere posizione ufficiale: l’Italia rischierebbe isolamento politico o diplomatico se non dimostrasse di voler evitare ogni forma di complicità in crimini internazionali.

  4. Possibili conseguenze personali o legali per i firmatari
    Finché sono funzionari in servizio, potrebbero esserci ripercussioni carriere, assegnazioni, ma la portata della protesta suggerisce che molti sono decisi a correre il rischio, convinti della propria responsabilità di servitori dello Stato.

La protesta interna alla Farnesina, accoppiata con la denuncia alla Corte Penale Internazionale, apre una fase nuova nella politica italiana: non solo difesa delle opinioni, ma richiesta di responsabilità concreta. Non è solo la politica che è chiamata al giudizio: lo sono gli apparati dello Stato, i burocrati, i funzionari, ogni anello della catena che rende possibile – di fatto – la partecipazione italiana, diretta o indiretta, a conflitti considerati da molti come moralmente o giuridicamente inaccettabili.

Questa vicenda segna un punto di rottura: la domanda che tutti ora pongono è se da questa frattura emergerà un cambiamento reale, o se resterà una ferita aperta nella reputazione e nella coscienza nazionale.

Fonti principali: Fanpage, Il Giornale d’Italia, FarodiRoma, Newsmessina, Marcelli (CNR), documenti della CPI Statuto di Roma, dati ISTAT/CoEweb.

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