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Garlasco. De Rensis: “Io lascio.”
Il legale annuncia il suo addio al caso Poggi: un colpo di scena che apre nuovi interrogativi

 

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È una giornata grigia e piovosa a Garlasco, eppure la notizia che ha scosso la cittadina pavese non ha nulla a che vedere con il meteo. In un’improvvisa dichiarazione resa ieri sera alla stampa, l’avvocato Gian Luigi De Rensis, storico difensore di Alberto Stasi, ha annunciato la sua uscita definitiva dal caso che da oltre 18 anni segna in modo indelebile la cronaca giudiziaria italiana.

Io lascio”, ha detto senza esitazioni, con voce ferma, ma visibilmente provato. “Non ci sono più le condizioni per proseguire. Dopo anni di battaglie legali, sentenze, ricorsi, e verità cercate, ho maturato la decisione di voltare pagina. Non per stanchezza, ma per coerenza.”

Una dichiarazione breve, ma destinata a lasciare un lungo strascico.

Un addio che pesa

Gian Luigi De Rensis non è stato un semplice avvocato in questo intricato e controverso caso: è stato uno dei protagonisti, figura instancabile e spesso polarizzante, che ha legato il proprio nome a quello di Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto 2007. La sua voce ha rappresentato per anni la difesa pubblica, mediatica e giuridica di un uomo che, nonostante la sentenza, continua a proclamarsi innocente.

L’annuncio del ritiro di De Rensis arriva in un momento cruciale. Non solo perché Alberto Stasi, oggi 42enne, ha avviato da tempo l’iter per la revisione del processo  ma anche perché proprio nei mesi scorsi sono emersi nuovi elementi per cui si era tornati a parlare, con cautela, di una possibile riapertura del caso.

Ora, senza il suo storico difensore, il futuro della difesa di Stasi è più incerto che mai.

Il comunicato e le motivazioni

Nel comunicato diffuso alla stampa, De Rensis ha elencato le motivazioni della sua scelta, parlando di “inconciliabilità etica” con il clima giudiziario e mediatico che, a suo dire, avrebbe trasformato la vicenda in “una crociata più che in un processo”. Senza fare nomi né accusare esplicitamente alcun soggetto, il penalista ha lasciato intendere di sentirsi ormai parte di una narrazione che non riconosce più.

“Non è più una battaglia legale. È diventata una guerra di simboli, dove ogni gesto viene interpretato come una provocazione, e ogni parola diventa arma. In questo contesto, il mio ruolo non ha più senso. Non si cerca la verità, ma la conferma di una verità già decisa.”

Parole dure, che aprono a molteplici letture.

La reazione della famiglia Poggi

Contattata dai giornalisti, la famiglia Poggi ha rilasciato una nota stringata, in linea con il riserbo che ha sempre caratterizzato il loro comportamento pubblico. “Non commentiamo le decisioni personali dell’avvocato De Rensis. Rimaniamo fiduciosi nella giustizia e nelle sue istituzioni.”

Dietro queste parole, si intuisce tuttavia una tensione mai del tutto sopita. In più di un’occasione, i Poggi hanno espresso il loro disagio per quella che hanno definito “la spettacolarizzazione del dolore”, criticando apertamente le continue richieste di revisione da parte della difesa di Stasi.

La scelta di De Rensis solleva ora interrogativi urgenti: chi prenderà il suo posto? La difesa di Stasi ha già in corso contatti con altri legali? E soprattutto, che fine farà l’istanza di revisione già depositata presso la Corte d’Appello di Brescia?

Secondo fonti vicine al caso, Alberto Stasi sarebbe in trattativa con un nuovo collegio difensivo, ma al momento non ci sono conferme ufficiali. L’abbandono di De Rensis potrebbe rallentare l’iter processuale, già di per sé complicato da una giurisprudenza stratificata e da numerosi gradi di giudizio che si sono susseguiti dal 2007 ad oggi.

L’omicidio di Chiara Poggi è stato, fin dal principio, un evento destinato a spaccare l’opinione pubblica. La dinamica dell’omicidio, le indagini iniziali, il primo processo con l’assoluzione, l’appello, la Cassazione, e infine la condanna: ogni fase ha portato con sé polemiche, interrogativi, dietrologie.

Il volto pulito di Alberto, le sue scarpe pulite, la bicicletta, il computer con i file cancellati, il cancelletto trovato chiuso: dettagli che sono diventati ossessione nazionale, discussi in tv, sui giornali, nei bar e nei tribunali. Chiara Poggi, la giovane laureata con una vita davanti, è diventata il simbolo di un’Italia ferita, di un femminicidio ancora oggi avvolto da troppe ombre.

In questo contesto, De Rensis ha interpretato per quasi due decenni il ruolo del garante di una versione alternativa dei fatti. Un uomo solo contro tutti, spesso accusato di arringhe provocatorie, ma anche capace di portare alla luce zone grigie che hanno indotto la Cassazione, almeno una volta, a rivedere i giudizi espressi.

Una scelta personale o strategica?

Tra le ipotesi circolate nelle ultime ore, c’è anche quella secondo cui il passo indietro dell’avvocato potrebbe essere una mossa strategica. Un tentativo di rimescolare le carte, di presentare un nuovo team legale che si proponga alla Corte con un approccio “neutro”, meno legato al passato.

Tuttavia, chi conosce De Rensis lo descrive come “un uomo coerente, testardo, ma leale”, difficile da immaginare calcolatore o manovratore. Più verosimilmente, si tratta di una resa personale, il frutto di un logoramento lungo anni, in cui il confine tra giustizia e spettacolo si è fatto via via più sottile

A Garlasco, il tempo sembra essersi fermato. Nonostante siano passati 18 anni dall’omicidio, la ferita è ancora aperta. In paese, la notizia dell’addio di De Rensis è rimbalzata rapidamente tra i bar, le edicole, le chat di quartiere. Non tutti lo consideravano simpatico, ma in molti gli riconoscevano determinazione e coraggio.

“È stato l’unico a non mollare mai,” dice un abitante, che chiede di restare anonimo. “Piaccia o no, ha fatto il suo lavoro. E ora che se ne va, resta il vuoto. E le domande.”

Con l’uscita di scena di De Rensis, il caso Garlasco entra in una nuova fase. Meno emotiva? Più tecnica? Difficile dirlo. Di certo, però, il nome di Chiara Poggi continuerà a essere pronunciato con rispetto e dolore. E quello di Alberto Stasi, ancora oggi, a dividere coscienze e coscienze.

Per De Rensis, invece, si apre una nuova stagione professionale. O forse solo il silenzio. Ma un silenzio che, dopo tanto rumore, suona quasi come una sentenza.

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