Il governo israeliano tratterà gli attivisti della Global Sumud Flotilla come terroristi. Emerge da un piano presentato dal ministro della sicurezza Itamar Ben‑Gvir
Gerusalemme — In un passaggio che rischia di inasprire in modo drammatico le tensioni già esplosive nel Mediterraneo orientale, il ministro della Sicurezza Nazionale israeliano, Itamar Ben‑Gvir, ha presentato al governo un piano che prevede di trattare gli attivisti della Global Sumud Flotilla come terroristi, con conseguenti arresti, detenzioni rigorose e sequestro delle imbarcazioni. Secondo quanto riportato da fonti israeliane e agenzie internazionali, la proposta è stata depositata in una seduta governativa alla quale hanno partecipato anche il primo ministro Benjamin Netanyahu e altri membri chiave dell’esecutivo. Anadolu Ajansı+4LaPressa+4ANSA.it+4
È una decisione che — se attuata — trasformerebbe radicalmente il rapporto legale e politico tra Israele e i movimenti di solidarietà verso Gaza, gettando una lunga ombra sull’operatività della missione navale internazionale e sul concetto stesso di «azione umanitaria» in una zona di conflitto.
Il piano di Ben‑Gvir: detenzione in carceri di massima sicurezza
Secondo quanto divulgato, il piano prevede che tutti gli attivisti arrestati vengano trattenuti in detenzione prolungata, senza i prassi benefici concessi in casi analoghi. Le carceri individuate sono Ketziot e Damon, strutture usate da Israele per detenere prigionieri considerati “di sicurezza” o “terroristi” sotto regime severo. Anadolu Ajansı+3cereport.eu+3ANSA.it+3
Ben‑Gvir ha dichiarato che agli attivisti non sarà permesso disporre di privilegi quali televisione, radio o pasti speciali, affermando: «Non permetteremo che chi sostiene il terrorismo viva con agiatezza». LaPressa+3cereport.eu+3The Jerusalem Post+3
Nel piano è anche previsto il sequestro delle imbarcazioni della Flotilla, che verrebbero confiscate e, secondo alcune fonti, destinate a essere rimesse in uso come mezzi di polizia navale. Wikipedia+3The Jerusalem Post+3Anadolu Ajansı+3
Nel documento interno, secondo quanto riferito da “The Jerusalem Post”, il piano è stato presentato come un’azione difensiva: nonostante la missione si presenti come umanitaria, Ben‑Gvir la considera un tentativo di minare la sovranità israeliana e di sostenere Hamas a Gaza. The Jerusalem Post+2Wikipedia+2
Reazioni della Global Sumud Flotilla e risposta internazionale
La reazione coordinata della Global Sumud Flotilla non si è fatta attendere: in un comunicato, il movimento ha definito le minacce del ministro «senza fondamento e ingiuste» e una «palese violazione del diritto internazionale umanitario e delle Convenzioni di Ginevra». Press TV+3Anadolu Ajansı+3Anadolu Ajansı+3 La Flotilla ha ribadito che la sua missione è umanitaria, lecita e inarrestabile. Press TV+2SunOnline International+2
Nel frattempo, a livello internazionale, diversi Stati e organizzazioni hanno espresso allarme per questa evoluzione. Il governo spagnolo ha invitato Israele a non considerare la missione come una minaccia; il premier Pedro Sánchez ha sottolineato che la Flotilla non rappresenta pericolo alcuno e ha chiesto che non si adottino misure ostili. ElHuffPost Il ministro degli Esteri italiano ha ricevuto assicurazioni che l’azione israeliana — se ci sarà — non implicherà violenza, e ha annunciato supporto diplomatico ai cittadini italiani coinvolti. Reuters+1
Per quanto riguarda l’azione navale, fonti della Flotilla e testate internazionali hanno confermato che la nave “Alma”, su cui viaggia la nota attivista Greta Thunberg, sarebbe già stata bordata dalle forze israeliane. AP News+2The Guardian+2 Israele ha confermato che gli attivisti sarebbero stati portati al porto di Ashdod, dove sarebbe prevista la loro espulsione dal Paese. AP News+1 Secondo la narrativa ufficiale israeliana, alcuni partecipanti alla Flotilla avrebbero legami con Hamas, un’accusa respinta con forza dagli organizzatori. AP News+2The Guardian+2
Il contesto politico interno israeliano
La mossa di Ben‑Gvir si inserisce in una traiettoria politica già segnata da posizioni dure nei confronti della solidarietà internazionale verso Gaza. Il ministro è una figura nota per le sue affermazioni forti e radicali nel contesto della sicurezza. Il piano avrebbe ricevuto l’attenzione diretta del primo ministro Netanyahu, che ha partecipato alla riunione in cui si è discusso delle contromisure da adottare contro la Flotilla. Anadolu Ajansı+6LaPressa+6Anadolu Ajansı+6
Nei circoli dell’opposizione israeliana, l’operazione è percepita come un segnale di escalation. Alcuni commentatori sostengono che il governo stia volendo dare una risposta contundente a qualsiasi tentativo di contestazione esterna al blocco navale su Gaza, in un momento in cui Israele è impegnato anche nel conflitto terrestre e negli scontri diplomatici con la comunità internazionale. L’obiettivo sarebbe non solo difensivo, ma deterrente: far capire che chiunque provochi una rottura del blocco sarà trattato senza eccezioni.
Alcuni analisti israeliani avvertono tuttavia che una politica così rigida può ritorcersi contro lo stato, dal punto di vista giuridico, diplomatico e reputazionale, in un quadro in cui Israele è già sotto osservazione per le sue operazioni a Gaza.
Implicazioni legali e morali: un’azione contro il diritto internazionale?
Se Israele dovesse applicare le misure annunciate, verrebbero aperti nodi delicatissimi in materia di diritto internazionale, diritto umanitario e libertà di movimento. Etichettare attivisti non armati come «terroristi» per un’azione dichiaratamente umanitaria rischia di rasentare la criminalizzazione della solidarietà.
Critici sostengono che queste azioni possano essere interpretate come una violazione delle convenzioni marittime internazionali, del diritto consuetudinario sull’azione umanitaria in zone di conflitto e delle norme che proteggono le ONG e i civili impegnati in missioni pacifiche.
Giuristi specializzati sottolineano che il semplice trasporto di aiuti umanitari, senza uso della forza né armamenti, potrebbe non giustificare una qualifica di terrorismo, a meno che non si dimostri un convincente collegamento operativo con organizzazioni terroristiche — elemento che finora la Flotilla respinge con forza. La comunità internazionale, da Bruxelles a New York, sarà chiamata a valutare se la misura israeliana rappresenti un’eccessiva sovrapposizione tra misure di sicurezza e repressione politica.
Inoltre, l’adozione di procedure carcerarie dure potrebbe attirare denunce di trattamenti crudeli o inumani. Le organizzazioni per i diritti umani osserveranno con attenzione la condotta israeliana, pronti a denunciare eventuali abusi.
Scenari possibili e rischi di escalation
La posta in gioco è altissima. Ecco alcuni degli scenari che potrebbero profilarsi:
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Conflitto navale e forza coercitiva
Se la Flotilla non si arrenderà alle pressioni, Israele potrebbe ordinare un’intercettazione attiva in mare, con forze navali e forse con utilizzo di unità d’élite. -
Procedimenti giudiziari internazionali
Attivisti e organizzazioni potrebbero rivolgersi a tribunali internazionali (Corte internazionale di giustizia, tribunali per diritti umani) per denunciare violazioni del diritto internazionale umanitario. -
Ritorsioni diplomatiche e isolamento
Stati che partecipano o sostengono la Flotilla potrebbero imporre restrizioni diplomatiche o sanzioni contro Israele, complicando ulteriormente la situazione politica estera di Tel Aviv. -
Effetto deterrente o effetto rallying
Il governo israeliano spera evidentemente di scoraggiare nuove missioni simili. Ma è altrettanto possibile che una reazione dura provochi una mobilitazione globale ancora più ampia contro il blocco su Gaza. -
Pressione su governi terzi con cittadini a bordo
Nei casi in cui cittadini di paesi europei (come l’Italia) o altri Stati siano presenti nella Flotilla, i rispettivi governi saranno messi sotto pressione per proteggere i propri cittadini e reagire alla misura israeliana.
Il piano di Ben‑Gvir segna una svolta decisiva: non più solo la retorica della «minaccia», ma l’applicazione concreta di misure che equiparano chi agisce in nome della solidarietà a soggetti di sicurezza estrema. È una escalation che rischia di trasformare il mare in un terreno di confronto legale, politico e morale.
Se Israele procederà con la sua proposta, l’operatività della Global Sumud Flotilla subirà uno shock traumatico. Ma la vera sfida riguarderà la reazione internazionale: quel che è in gioco non è solo il destino dei volontari in mare, ma il confine tra diritto legittimo di protesta e repressione securitaria.
Da Gerusalemme a Bruxelles, da Washington a Damasco, il mondo osserva. E mentre la Flotilla naviga verso Gaza, con Greta Thunberg e numerosi attivisti a bordo, si avvicina un momento di verità: se uno Stato può dichiarare «terroristi» i pacifisti che tentano di portare aiuti, quale spazio reale resta per la protesta civile internazionale?
FOTO articolo 21

Reuters

The Guardian
AP News











