Advertisement

PAOLO BATTAGLIA LA TERRA BORGESE: DADÀ E LE TEORIE DEI SURREALISTI PER COMBATTERE L’ARTE CON L’ARTE

“Mi è impossibile considerare un quadro in modo diverso da una finestra, e il mio primo pensiero è riuscire a sapere su che cosa si affaccia”, ha scritto André Breton, il teorico del surrealismo. Il collegamento dei Surrealisti con Dadà spiegato da Paolo Battaglia La Terra Borgese.

Advertisement

 

La curiosità di André Breton sarà comune a tutti i seguaci del movimento Surrealista, per i quali il quadro non è che un mezzo per esplorare un mondo sconosciuto; ma per far questo l’arte, secondo loro, deve partire dallo zero e creare una nuova sensibilità – precisa il critico d’arte Paolo Battaglia La Terra Borgese.

 

Questo non fu un atteggiamento originale. Anzi, sta proprio qui il collegamento dei Surrealisti con Dadà, un movimento soprattutto letterario sorto all’indomani della guerra, e responsabile oggi delle nuove ricerche formali nel campo della pittura d’avanguardia.

Lo strano nome fu trovato per caso, quando un gruppo di artisti, in gran parte tedeschi, incontratisi a Zurigo e fautori di una radicale distruzione del passato, cercarono di definirsi aprendo a caso il dizionario francese. La prima parola che capitò sotto gli occhi fu “dada”, un termine infantile che vuol dire cavallo a dondolo, ma che i bambini usano anche per designare qualsiasi oggetto sconosciuto.

 

Perciò “Dada” divenne il titolo della rivista d’avanguardia pubblicata dal poeta romeno Tristan Tzara, e il nome del movimento. I suoi seguaci si chiamarono Dadaisti. Che cosa volevano? La distruzione più completa di ogni forma d’arte precedente, a costo di creare il caos. Le loro mostre fecero scandalo: il linguaggio artistico era indecifrabile o carico di insopportabili allusioni, che mettevano in luce anche certi impulsi oscuri provenienti dall’inconscio. Furono i Dadaisti, tra cui Arp, Ernst e Grosz, a puntare casualmente l’obiettivo su un materiale di istinti e di allucinazioni che diverrà uno degli elementi principali del Surrealismo. Il gruppo Dadà si incontrò a Parigi con quello di Breton, riunito intorno alla rivista “Littérature”, e dopo la mostra del 1922 si sciolse per un complesso di discordie e di manifestazioni di individualismo  esasperate.

 

Molti dei Dadaisti – continua Battaglia La Terra Borgese – passarono così nelle file del Surrealismo di Breton. Ma ricomparvero più tardi, sotto l’etichetta del Neo-Dadà, poi rifiorito in diversi paesi dall’Europa all’America.

Il Primo Manifesto del Surrealismo, pubblicato nel 1924, lanciava una parola d’ordine: forzare le porte della psiche umana, fare tavola rasa della visione razionale della realtà e sostituirle una coscienza irrazionale e primordiale delle cose. Dove attingere questa realtà sconosciuta? Nell’inconscio dell’uomo – spiega Battaglia La Terra Borgese -, dove si mescolano tutti gli elementi irrazionali: il sogno, l’allucinazione, la pazzia, l’estro, il delirio.

Le immagini angosciose dettate da questi stati psichici diventeranno i temi del nuovo linguaggio artistico. Per esprimere l’angoscia, i Surrealisti si serviranno soprattutto del contrasto tra oggetti o elementi di oggetti in apparenza contraddittori: come sono in apparenza in contraddizione la vita e la morte, il passato e il futuro, la realtà e l’immaginazione. Vedremo dunque nelle opere surrealiste immagini volutamente basate sul contrasto: un elefante ritto su esilissime e lunghissime gambe simili a trampoli, un volto reso più inquietante da una bocca a forma di alveare, un orologio inconsistente e molle come la cera, un’enorme maschera retta da una piccola stampella, e così via.

In alcuni sarà un particolare a rendere precaria l’atmosfera rarefatta di un quadro; in altri la composizione sarà ispirata a paesaggi lunari, marini o tropicali, popolati da forme misteriose o mostruose che accentuano la sensazione di spaesamento, di estraneità dell’artista. In altri ancora il linguaggio pittorico si riduce a una serie di segni simbolici elementari, capaci di esprimere, come mediante un cifrario arcano, una visione onirica o uno stato psichico di angoscia. Qualche altro, infine, sull’esempio di De Chirico, situa nei suoi quadri, al posto delle figure umane, i manichini, che sono più inquietanti per il fatto di non avere un volto e un’espressione. Le realizzazioni dunque furono diverse secondo la personalità di ciascuno. Ma l’elemento comune a tutti i Surrealisti è pur sempre l’angoscia, il senso di estraneità e una certa morbosità che sembra affiorare di continuo dalle profondità del subcosciente.

Appunto per questo contenuto irrazionale – continua e chiude Paolo Battaglia La Terra Borgese -, si è detto che il Surrealismo è l’ultima espressione del Romanticismo. Esso esercitò la sua influenza su tutte le arti (Antoni Gaudí, a Barcellona, ha lasciato diversi esempi di architettura “surrealista”), sul cinema (basta ricordare Entr’acte di Renè Clair) e perfino sulla moda femminile, che divenne più ricercata proprio sotto la spinta dei Surrealisti, come Dalí.

 

Informazione equidistante ed imparziale, che offre voce a tutte le fonti di informazione

Advertisement
Articolo precedenteL’Italia al Collasso, la Politica al Circo: Farsa Istituzionale, Sindacati Complici e il Grido per l’Intervento del Garante
Articolo successivo9 OTTOBRE GIORNATA MONDIALE DELLA VISTA 2025

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui