Il Teatro di Figura e i diritti: quattro festival italiani uniti per raccontare le sfide della società contemporanea
Il teatro di figura, nelle sue infinite forme – dalle marionette ai burattini, dalle ombre alla manipolazione di oggetti, fino all’animazione digitale e alla robotica – non è solo una delle più antiche tecniche teatrali al mondo, ma è oggi uno dei linguaggi più radicalmente contemporanei. Un’arte che conserva il potere di incantare i bambini e, al tempo stesso, di farsi veicolo di riflessione per gli adulti, affrontando le grandi questioni sociali, politiche ed esistenziali che attraversano il nostro presente.
La dimostrazione arriva dall’alleanza di quattro tra i più importanti festival italiani di teatro di figura – Festival Internazionale dei burattini e delle figure Arrivano dal Mare! di Ravenna, Alpe Adria Puppet Festival di Gorizia e Nova Gorica, Festival Incanti di Torino e Anima IF di Cagliari – che negli ultimi anni hanno scelto di lavorare insieme, creando una rete culturale che unisce territori, comunità e visioni artistiche. Una “stagione diffusa” che percorre l’Italia da nord a sud, portando al pubblico non solo spettacoli, ma soprattutto domande, provocazioni, storie che interrogano i diritti umani, ambientali, sociali e civili.
Un’arte che nasce antica e parla il linguaggio del futuro
Il teatro di figura ha accompagnato le civiltà fin dall’origine del teatro stesso, ma la sua forza sta nell’incessante rinnovamento. Oggi questo linguaggio si presenta come una sintesi di tradizione e innovazione: dalle tecniche ancestrali delle marionette di legno alla sperimentazione con le nuove tecnologie digitali, fino all’incontro con danza, musica, arti visive e cinema di animazione. La sua essenza è la libertà: libertà di mescolare generi, di contaminare linguaggi, di parlare al pubblico senza filtri, creando un’esperienza teatrale che può essere poetica e politica allo stesso tempo. Non è un caso che i festival italiani abbiano scelto di collocare il teatro di figura al centro di una riflessione collettiva sul ruolo dell’arte come strumento di indagine del presente. Nel teatro di figura, infatti, il corpo e l’oggetto diventano metafora, il visibile lascia spazio all’invisibile, e i conflitti del mondo trovano una rappresentazione simbolica ma potentissima, capace di andare dritta al cuore dello spettatore.
Quattro festival, quattro anime, una stessa visione
A Cagliari, Anima IF – Festival Internazionale di Teatro di Figura ha posto fin dalla sua quarta edizione lo sguardo sui diritti, declinati in molteplici forme. Ha raccontato l’autodeterminazione di genere con Rouge chaperon della Cie Mouka, ha indagato la metamorfosi del corpo con Tria Fata della Cie La pendue, ha aperto riflessioni sul rapporto fragile tra uomo e natura con Selva di Juliana Notari, e ha messo in discussione miti e icone collettive con Beati i perseguitati dalla giustizia perché di essi è il regno dei cieli di Gigio Brunello. L’edizione 2025, con il tema “Diritti e rovesci”, proporrà War Maker di Husam Abed, testimonianza di resistenza in Palestina, che trasforma la memoria individuale in memoria condivisa.
A Ravenna, Festival Internazionale dei burattini e delle figure Arrivano dal Mare!, giunto alla sua cinquantesima edizione, ha riaffermato la centralità dell’arte di figura come strumento di pace e dialogo interculturale. Gli spettacoli di Ines Pasic e Ariel Doron, artisti che hanno trasformato l’esperienza di migrazione e sradicamento in poesia scenica, sono diventati esempi concreti di come il teatro possa superare le barriere culturali e linguistiche, costruendo ponti di empatia universale.
A Torino, il Festival Incanti è stato tra i primi in Italia ad aprire il teatro di figura al pubblico adulto, trasformandolo in un laboratorio di riflessione sui diritti universali. Nel tempo ha ospitato spettacoli che hanno affrontato temi infanzia negata di Betún del Teatro Strappato alla denuncia ecologica di En attendant Kyoto di Max Vandervorst, dalla violenza sulle donne in Edith and me di Yael Rasooly alla maternità adolescenziale raccontata in Sorry Boys di Marta Cuscunà. Senza dimenticare Babylon di Neville Tranter, potente parabola sulla condizione dei rifugiati, o Mein Schwester Marilyn di Christian Gloetzner, che ha affrontato la questione dell’identità di genere e dei diritti LGBTQ+. Ogni edizione ha reso Incanti un osservatorio privilegiato sulle ferite e le trasformazioni del nostro tempo, con un linguaggio che non rinuncia mai alla poesia e all’ironia.
Infine, a Gorizia e Nova Gorica, l’Alpe Adria Puppet Festival ha incarnato la vocazione europea del teatro di figura, costruendo un dialogo transfrontaliero che oggi trova un nuovo riconoscimento con il titolo di Capitale Europea della Cultura 2025. Il festival ha sempre lavorato per superare i confini, accogliendo compagnie da tutta Europa e proponendosi come luogo di incontro, contaminazione e scambio, in cui il teatro di figura diventa cittadinanza culturale condivisa.
Il teatro di figura come specchio sociale
L’alleanza tra i quattro festival non rappresenta soltanto una collaborazione organizzativa, ma un vero e proprio progetto culturale diffuso, che vuole ribadire il valore del teatro di figura come specchio sociale e politico. Ogni spettacolo diventa occasione di riflessione, ogni marionetta o figura porta con sé una domanda sui nostri diritti, sulle nostre libertà, sulle nostre responsabilità collettive.
Come ricordano i direttori artistici: “Il teatro di figura non si limita a intrattenere. Ha il potere di rivelare le contraddizioni del nostro tempo, di dare voce a chi non ne ha, di trasformare le ferite individuali in un patrimonio condiviso. È un’arte antica che ci parla del futuro, e che ci aiuta a guardare il mondo con occhi più consapevoli. Mai come in questi tempi terribili i temi scelti dai nostri festival si agganciano drammaticamente al presente che stiamo vivendo ogni giorno. Le compagnie che proponiamo quest’anno, a prescindere dalla loro nazionalità, nominano, indicano, evocano, denunciano così da lasciare – almeno speriamo – un segno nella nostra quotidianità. Questo è quello che deve fare il teatro. Questo è quello che vogliono fare i nostri festival, far riflettere e lasciare un segno.”
I quattro festival confermano così la loro missione comune: fare del teatro di figura non solo un luogo di spettacolo, ma uno strumento di cittadinanza culturale, di pensiero critico e di emancipazione collettiva.











