Il prof. Orsini: “Meloni lavora per la lobby israeliana”
Bufera politica e accademica dopo le dichiarazioni del docente della LUISS. La premier non replica, ma FdI parla di “delirio complottista”.
Roma, 5 ottobre 2025 – È bastata una frase per far riesplodere il dibattito tra libertà accademica e responsabilità pubblica. Il professore di Sociologia del terrorismo all’Università LUISS Guido Carli, Alessandro Orsini, è tornato a far parlare di sé con una dichiarazione destinata a lasciare il segno: “Giorgia Meloni lavora per la lobby israeliana”. L’affermazione è stata pronunciata durante un’intervista web pubblicata su un canale indipendente con migliaia di visualizzazioni, e in poche ore ha infiammato il dibattito politico.
L’intervista è stata rilasciata in un momento di forte tensione internazionale, con Israele coinvolto in una nuova fase del conflitto con Hamas e crescenti pressioni sugli alleati occidentali per un appoggio militare e diplomatico più deciso. Orsini, noto per le sue posizioni spesso critiche nei confronti della NATO e del governo israeliano, ha accusato il governo italiano e in particolare la Presidente del Consiglio di adottare una linea “servile” verso lo Stato ebraico.
“La Meloni,” ha detto Orsini, “non rappresenta più l’interesse nazionale italiano, ma quello della lobby israeliana in Europa. È un’esecutrice di strategie che vengono da Tel Aviv, non da Roma”.
Immediate e durissime le reazioni politiche. Il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Tommaso Foti, ha definito le parole di Orsini “un delirio complottista inaccettabile” e ha chiesto “una presa di distanza netta da parte delle istituzioni accademiche italiane”.
Anche esponenti dell’opposizione hanno criticato Orsini, pur con toni differenti. Elly Schlein (PD) ha dichiarato: “Criticare la politica estera del governo è legittimo, ma parlare di ‘lobby israeliana’ in questo modo scivola pericolosamente verso retoriche complottiste e antisemite”. Carlo Calenda (Azione) ha rincarato la dose: “Orsini si comporta come un influencer che cerca il click, non come un accademico serio”.
Al momento, Palazzo Chigi non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali, ma fonti vicine alla Presidenza del Consiglio parlano di “parole gravi e infondate che si commentano da sole”.
L’università LUISS prende le distanze
Nel tardo pomeriggio è arrivata anche la nota ufficiale della LUISS, dove Orsini insegna. L’ateneo ha sottolineato che “le opinioni espresse dal Prof. Orsini sono da ritenersi esclusivamente personali e non rappresentano in alcun modo la posizione dell’Università”, ribadendo “l’impegno della LUISS per la libertà di espressione nel rispetto dei valori democratici e del dialogo civile”.
Secondo alcune indiscrezioni, però, all’interno dell’università sarebbero in corso valutazioni su eventuali violazioni del codice etico.
Orsini non arretra: “Sto dicendo la verità”
Contattato da varie testate, Orsini ha ribadito la sua posizione, parlando di una “strategia di silenziamento mediatico orchestrata da chi non tollera voci fuori dal coro”. Secondo il professore, la sua affermazione “non è antisemita, ma geopoliticamente fondata”: “Parlare di ‘lobby israeliana’ non significa fare antisemitismo. Significa denunciare l’esistenza di una rete di potere che influenza le decisioni delle democrazie europee”.
Orsini ha poi accusato i media italiani di “nascondere la verità” e ha annunciato un libro in uscita per il 2026 in cui approfondirà le sue tesi su “l’influenza israeliana sulla politica europea”.
Il caso solleva interrogativi più ampi sul ruolo degli accademici nel discorso pubblico. È legittimo che un professore universitario esprima opinioni così forti, seppur controverse, oppure esiste un limite legato alla responsabilità della funzione? La domanda divide l’opinione pubblica e il mondo universitario.
Il costituzionalista Michele Ainis, intervistato da Repubblica, osserva: “La libertà accademica è un pilastro della democrazia, ma non è illimitata. Quando si entra nel campo delle affermazioni che possono alimentare stereotipi pericolosi, bisogna ponderare molto bene le parole”.
Altri difendono il diritto di Orsini a esprimersi. Il filosofo Massimo Cacciari ha dichiarato: “Non condivido affatto le parole di Orsini, ma difendo il suo diritto a dirle. Il problema non è ciò che dice un professore, ma che manchi un dibattito serio sulle influenze internazionali nella nostra politica”.
La questione della “lobby israeliana”
Ma esiste davvero questa “lobby israeliana” di cui parla Orsini? Il termine è fortemente controverso. In contesti anglosassoni, si fa spesso riferimento all’AIPAC (American Israel Public Affairs Committee) come a un influente gruppo di pressione pro-Israele negli Stati Uniti. Tuttavia, parlare di una “lobby israeliana europea” o italiana è molto più complicato e rischia di sfociare in narrazioni cospirazioniste.
Secondo Lorenzo Vidino, esperto di radicalizzazione e terrorismo, “l’uso del termine ‘lobby’ in questi contesti è ambiguo e spesso suggerisce un controllo occulto, alimentando idee pericolose. Le democrazie funzionano attraverso reti di interessi, ma non si può ridurre tutto a uno schema ‘noi contro loro’”.
Un caso destinato a lasciare il segno
Il caso Orsini-Meloni segna un nuovo picco nella polarizzazione del dibattito italiano su politica estera e libertà d’opinione. Resta da capire se ci saranno conseguenze accademiche o legali per il professore, ma intanto il suo nome continua a dominare le cronache.
In un momento storico in cui la guerra in Medio Oriente riaccende tensioni ideologiche, religiose e geopolitiche, anche le parole contano — e possono pesare come macigni. Quelle di Orsini, in particolare, pongono una domanda che molti preferirebbero evitare: dove finisce la critica politica e dove comincia la propaganda?
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