Cacciari: “Università occupate per Gaza? Era ora. La politica deve entrare in aula, chi lo nega dice fesserie megagalattiche”
Roma, 5 ottobre 2025 — Le recenti occupazioni studentesche in numerose università italiane — come atto di solidarietà verso Gaza e protesta contro il conflitto attuale — hanno acceso un dibattito acceso nel mondo accademico e politico. In questa cornice è intervenuto il filosofo Massimo Cacciari, che non ha esitato a prendere posizione. In una intervista rilasciata a Radio24 ha affermato:
“Sono occupate le scuole e le università in solidarietà con Gaza? Era ora!” Il Fatto Quotidiano+2Tecnica della Scuola+2
Cacciari ha aggiunto che “l’idea che la politica non debba stare nelle scuole è una fesseria di proporzioni megagalattiche” Tecnica della Scuola+2Il Fatto Quotidiano+2. Con queste dichiarazioni, il filosofo ha voluto spingere il discorso oltre la protesta meramente simbolica: per lui, le università e le scuole devono tornare ad essere luoghi di confronto sul presente, e non soltanto spazi di trasmissione nozionistica.
Il contesto delle occupazioni studentesche
Negli ultimi giorni, in molte città italiane, studenti universitari hanno occupato aule e spazi accademici per manifestare solidarietà verso la causa palestinese e denunciare quanto definito da alcuni come “genocidio” della popolazione civile a Gaza. Le occupazioni pacifiche, in molti casi — sono accompagnate da assemblee, dibattiti e iniziative culturali. Il Fatto Quotidiano+1
L’obiettivo dichiarato degli studenti è solitamente duplice: da un lato sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni, dall’altro creare spazi capaci di ospitare un dibattito che nei programmi accademici tradizionali “non entra”. Cacciari stessa coglie questo punto: “Quando vado in aula e devo fare il mio corso, non posso parlare di queste questioni più di tanto” Il Fatto Quotidiano+2Tecnica della Scuola+2.
Chi contesta le occupazioni spesso invoca motivazioni di ordine: la necessità di garantire la didattica, il regolare svolgimento degli esami, la tutela del decoro universitario. Ma, per Cacciari, queste obiezioni non reggono se si nega che le istituzioni educative abbiano una funzione civile e politica.
La posizione di Cacciari: una riaffermazione della politica in aula
Il filosofo veneziano già docente di Estetica all’Università IUAV di Venezia non nasconde la propria convinzione: l’università non può essere neutra rispetto alle grandi questioni del tempo storico. La sua posizione si articola lungo alcuni assi:
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La scuola come microcosmo della polis
Cacciari afferma che parlare di “politica fuori dalla scuola” equivale a rinunciare al cuore stesso dell’educazione civica. “Cosa deve avvenire nella scuola se non una discussione che riguarda la polis, che riguarda la mia città, che riguarda il mio paese, che riguarda il mondo in cui vivo?” dichiara. Tecnica della Scuola+2infosannio+2 -
Funzione formativa oltre la professionalità
L’educazione, secondo Cacciari, non può limitarsi a formare professionisti, ma deve contribuire a formare cittadini consapevoli. Le emergenze globali guerre, crisi umanitarie, conflitti geopolitici vanno portate in aula, in modo che le generazioni future non siano incapaci di decifrare i fenomeni che plasmano il loro tempo. -
Il coraggio del dissenso nelle istituzioni
Il filosofo critica la posizione del governo Meloni: sostiene che la risposta alle proteste, basata su condanne e divieti, sia “una dimostrazione di debolezza”. Se avessi “una posizione politica forte”, afferma, l’esecutivo dovrebbe partecipare al dibattito universitario anziché evitarlo. Il Fatto Quotidiano+2Tecnica della Scuola+2 -
L’incoerenza del Partito Democratico (Pd)
Cacciari non risparmia critiche neppure all’opposizione: se da un lato il Pd sostiene la Flotilla, dall’altro appoggia Ursula von der Leyen a Bruxelles. Per il filosofo, è difficile conciliare il sostegno simbolico alla causa palestinese con una linea europea che, a suo dire, non ha mostrato reali iniziative concrete sul conflitto. “Non c’è coerenza tra dire sono per la Flotilla … e nello stesso tempo appoggiare posizioni politiche che non hanno fatto nulla in questo senso.” infosannio+2Tecnica della Scuola+2
Le reazioni e le obiezioni
Le dichiarazioni forti di Cacciari si inseriscono in un clima politico già teso. C’è chi accusa le occupazioni studentesche di essersi spinte troppo oltre: entrano in conflitto con la continuità didattica, rischiano scontri con le autorità accademiche, creano tensioni interne. In alcune università, le amministrazioni hanno già stimato danni o chiesto interventi disciplinari.
Sul fronte politico, emergono le resistenze di chi ritiene che le istituzioni debbano mantenere una distanza “neutrale” dalle proteste. Ma è proprio a questo punto che Cacciari rovescia la critica: chi nega il ruolo della politica in aula insiste sta negando la natura stessa della scuola come luogo democratico.
Alcune reazioni hanno cercato di mettere in difficoltà il filosofo su questioni di coerenza: ad esempio, l’europarlamentare di Fratelli d’Italia Carlo Fidanza ha chiesto documenti che dimostrino il finanziamento della Flotilla, sostenendo che “Hamas finanzia quelli della Flotilla” Libero Quotidiano. Il nipote di Cacciari, intervenuto in quell’ambito, ha reagito con sdegno.
Altrove, amministratori universitari lamentano spese ingenti per danni all’immobile, criticità nella gestione degli spazi e difficoltà a ritornare alla normale attività dopo uno stato di occupazione.
Un bivio per l’università italiana
La posizione di Cacciari getta una domanda centrale: le università italiane debbono essere semplici contenitori per trasmissione disciplinare, o spazi vivi di dibattito sociale e politico? Se si accetta l’idea che le istituzioni educative debbano partecipare alla vita della cittadinanza, allora le occupazioni possono essere viste come un sintomo: non tanto di rottura, quanto di una carenza strutturale.
Molti docenti e studenti sperano che le proteste spingano le facoltà a rivedere i loro piani di studio, ad aprire luoghi di confronto interdisciplinare, a non lasciare al margine la riflessione sulle grandi crisi contemporanee. In questo senso, una occupazione se gestita con responsabilità può diventare laboratorio: momenti autogestiti di ascolto, confronto, proposte che nascono dal basso.
Ma il pericolo è anche reale: occupazioni prolungate possono creare stallo amministrativo, conflittualità con le autorità, divisioni interne. Servono garanzie che restino spazi pacifici, inclusivi e rispettosi delle diversità di opinione.
Verso il futuro: aprire il dibattito
Le parole di Cacciari rappresentano un richiamo forte: non c’è democrazia senza capacità di ascolto, non c’è educazione senza conflitto, non c’è cittadinanza senza politica. Le università, secondo lui, devono uscire da una “neutralità illusoria”.
Se queste occupazioni producessero modifiche reali programmi integrati, cattedre su culture politiche contemporanee, laboratori interdisciplinari legati a temi globali esse potrebbero lasciare un’eredità oltre la protesta. In questo senso, pare un’occasione storica: spingere l’istituzione universitaria non solo a reagire, ma a trasformarsi.
Del resto, come sostiene lo studioso, negare che le questioni del mondo tocchino l’università è una “fesseria megagalattica” Tecnica della Scuola+2Il Fatto Quotidiano+2. I prossimi giorni diranno se le occupazioni sono un atto simbolico o l’inizio di una nuova stagione per l’istruzione italiana.




