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Con Silvio Berlusconi l’Italia ha raggiunto il punto di credibilità più basso nella storia repubblicana. Lo scrive Sarkozy nel suo libro

Roma – È una frase che scuote, quella attribuita a Nicolas Sarkozy, secondo cui «con Berlusconi alla guida del governo l’Italia non era più credibile. Trascinava l’Italia verso il basso, incarnava il discredito del suo Paese». Attualissimo+2Corriere della Sera+2 Se la dichiarazione fosse presa come quella che segna un solco nella memoria collettiva, non sarebbe sorprendente: è la resa di uno sguardo esterno, ma inquietante, sul declino dell’immagine di una Nazione, colpevole non solo di errori politici, ma soprattutto di perdere il rispetto internazionale.

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Le parole dietro il fuori‑onda

L’affermazione – riportata dai giornali come Il Secolo XIX, Corriere della Sera, e confermata da fonti francesi tra cui il settimanale satirico Le Canard Enchaîné  risale al periodo della crisi del debito europeo, in particolare all’autunno del 2011, quando l’Europa era sotto shock per i problemi di solvibilità non solo greci ma anche italiani. Attualissimo+2Sky TG24+2

Secondo queste ricostruzioni, Sarkozy avrebbe definito lo stile del governo Berlusconi non solo come inefficace, ma “patetico” nei summit internazionali. Il Secolo XIX+1 Un’immagine che ha fatto il giro ben oltre le stanze del potere, alimentata dai media, preoccupati dell’impatto sul permanere degli investimenti, della stabilità finanziaria, e della credibilità dell’Italia nei confronti dell’Unione Europea. Sky TG24+2Attualissimo+2


Un picco di sfiducia: dove e come

Per capire la natura di questa “caduta” di credibilità bisogna guardare sia dentro che fuori i confini nazionali.

  • Economia e mercati: nel 2011 lo spread tra titoli italiani e tedeschi registrò impennate spaventose, alimentando timori che l’Italia potesse trovarsi in difficoltà a onorare il proprio debito. In quella fase, ogni parola, ogni atteggiamento del governo era scrutato dall’Ue, dagli investitori, dai mercati finanziari internazionali.

  • Vertici internazionali: secondo le fonti, Sarkozy imputava a Berlusconi comportamenti poco consoni all’immagine istituzionale  gesti, dichiarazioni, stili di comando poco affidabili, che mettevano in imbarazzo non solo l’Italia, ma anche gli interlocutori europei. La percezione era che il Paese non fosse più tenuto come interlocutore serio. Il Secolo XIX+2Attualissimo+2

  • La politica interna: la stabilità del governo vacillava, le tensioni politiche interne aumentavano, e le promesse spesso sembravano in contrasto con le pratiche reali. La credibilità verso i cittadini si erodeva non solo per problemi concreti deficit, riforme arretrate, scandali  ma anche per la distanza tra ciò che si diceva e ciò che si faceva.


“Punto più basso” nella storia repubblicana: un’iperbole o realtà?

È legittimo chiedersi se si tratti di un’esagerazione retorica: davvero l’Italia, in 65‑70 anni di Repubblica, non ha conosciuto altri momenti di grave perdita di credibilità?

Qualche episodio può essere evocato:

  • Tangentopoli e Mani Pulite negli anni ’90, che misero a nudo ingenti reti di corruzione, portarono al crollo di partiti e istituzioni.

  • La lunga stagione di instabilità politica che seguì, con coalizioni che si formano e disfano, governi fragili, cambi di maggioranza: fattori che hanno sempre minato la fiducia, specie all’estero.

  • Scandali giudiziari, condanne, conflitti di interesse: tutti elementi che hanno peggiorato nel tempo la percezione internazionale dell’Italia come paese dove leggi, trasparenza, imparzialità non sempre hanno valore certo.

Tuttavia, l’affermazione di Sarkozy pare voler indicare non solo una perdita momentanea, ma un cumulo di elementi che in quel frangente avrebbero superato ogni record precedente, almeno dal punto di vista diplomatico e dell’immagine internazionale.


Le conseguenze concrete

Che cosa comporta, nel concreto, una perdita di credibilità così acuta?

  1. Costo finanziario: tassi di interesse più alti, difficoltà per lo Stato a reperire finanziamenti a condizioni accettabili. Questo si traduce in costi maggiori per tutti – cittadini, imprese, enti locali.

  2. Minore margine di manovra politica in Europa: quando un governo non è considerato affidabile, perde peso nelle trattative, perde voce. Decisioni chiave dell’Unione Europea – che fossero sui salvataggi, sui vincoli di bilancio o sul coordinamento economico – rischiano di essere imposte dall’esterno piuttosto che condivise.

  3. Danno all’immagine del Paese: turismo, investimenti diretti esteri, relazioni diplomatiche: tutti risentono di un’immagine di instabilità, di leadership debole, di percezione che lo Stato non tutela adeguatamente la divisione dei poteri, la trasparenza, la responsabilità.

  4. Erosione della fiducia interna: se i cittadini percepiscono che “siamo ridicoli all’estero”, che non si tiene la barra dritta, cresce lo scoramento politico, la sfiducia verso le istituzioni, la disaffezione dal voto.


Difese e controargomentazioni

Naturalmente, non manca chi respinge l’idea che questo sia davvero il punto più basso. Alcune controdeduzioni:

  • Si può sostenere che molte delle accuse esterne siano state esasperate dalla stampa o da fonti con interessi politici.

  • Alcuni ritengono che la crisi finanziaria internazionale, le pressioni speculative dei mercati, la crisi dell’euro abbiano amplificato ogni debolezza italiana, rendendo più facile che la credibilità venisse messa in discussione, ma non esclusivamente per ragioni interne al governo Berlusconi.

  • Altri affermano che, pur con Berlusconi, l’Italia abbia continuato ad avere punti di forza – la cultura, l’industria, alcune eccellenze diplomatiche – che hanno preservato relazioni internazionali importanti.

Il tempo trascorso da quegli anni non ha cancellato completamente le ferite  né quelle concrete né quelle dell’immagine. Chi governa oggi o domani si trova comunque nella condizione di dover fare i conti con quell’eredità: una popolazione che ha perso fiducia; partner esteri che ricordano le promesse non mantenute; un sistema politico che deve dimostrare coerenza, affidabilità, capacità di leadership.

Se realmente quel periodo è stato “il punto più basso”, rimane un monito per tutti: la credibilità internazionale non è un optional. È una risorsa fragile e costosa, che va curata con trasparenza, coerenza, buone istituzioni, rispetto delle regole.

Le parole attribuite a Sarkozy sono dure, ma non sorprendenti se si guarda al contesto: crisi economica, instabilità politica, scandali, difficoltà nel rispettare gli impegni internazionali. Se davvero l’Italia sia arrivata al suo “punto più basso” di credibilità nella storia repubblicana, come sostiene il titolo di questo articolo, è qualcosa che resta da misurare: non solo con gli occhi della storiografia, ma anche con quelli – oggi – dei cittadini, delle imprese, dei partner europei.

Un fatto però pare chiaro: il danno d’immagine non si rimargina da sé. Serve una volontà politica forte, una rigenerazione delle istituzioni, una cura della trasparenza e della responsabilità, per non restare eternamente “oggetto di commenti altrui”, ma protagonista credibile del proprio futuro.

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