Ehud Olmert ex primo ministro israeliano: negli ultimi 15 anni Israele ha “rafforzato” Hamas per screditare il governo palestinese. Netanyahu fece un accordo col Qatar per inviare “milioni e milioni” di dollari a Gaza
Tel Aviv / Gerusalemme – Nel dibattito acceso che attraversa oggi Israele e il Medio Oriente, una delle accuse più gravi mosse dall’ex primo ministro Ehud Olmert è che, nel corso dell’ultimo decennio e mezzo, lo Stato ebraico abbia adottato politiche volte a rafforzare Hamas, con l’obiettivo di indebolire l’Autorità nazionale palestinese e screditarne il governo. In particolare, secondo Olmert, Benjamin Netanyahu avrebbe stipulato accordi con il Qatar per trasferire “milioni e milioni” di dollari verso Gaza — fondi che avrebbero sostenuto direttamente o indirettamente il movimento islamista. È una ricostruzione che mescola retorica politica, realtà documentate e interpretazioni controverse, ma che merita un’analisi attenta.
L’accusa di Olmert: strategie deliberate
Ehud Olmert, che fu primo ministro israeliano dal 2006 al 2009, è oggi voce critica nei confronti dell’attuale governo guidato da Netanyahu. In più occasioni ha affermato che Israele, negli ultimi 15 anni, ha “fatto di tutto per declassare l’Autorità palestinese e per rafforzare Hamas”. Secondo Olmert, Gaza era “sull’orlo del collasso perché non aveva risorse, non aveva soldi, e l’Autorità Palestinese si è rifiutata di dare denaro ad Hamas. Bibi li ha salvati. Bibi ha fatto un accordo con il Qatar e hanno iniziato a spostare milioni e milioni di dollari a Gaza”. Wikipedia
Questo ragionamento si inserisce in una visione strategica secondo cui uno Stato israeliano fragile, che ponesse Hamas in conflitto diretto con l’Autorità palestinese, avrebbe potuto giovarsi di una divisione tra gli stessi palestinesi, rendendo più debole la legittimità di un interlocutore nazionale palestinese centrale.
Da parte sua, Olmert afferma che il governo israeliano ha agito con piena consapevolezza: rafforzare Hamas poteva servire da strumento di “divide et impera”, mantenendo Gaza sotto pressione e sotto controllo indiretto, mentre Cisgiordania restava formalmente sotto influenza dell’Autorità palestinese.
Il meccanismo dei trasferimenti: cosa sappiamo
L’idea che Israele abbia autorizzato trasferimenti di fondi dal Qatar verso Gaza non è una mera insinuazione: il governo Netanyahu, nel maggio 2025, ha ammesso che dal 2018 ha permesso che fondi qatarioti raggiungessero Hamas a Gaza. El País In conferenza stampa, Netanyahu ha sostenuto che la misura era una politica adottata con il consenso del gabinetto per motivi di sicurezza e intelligenza: secondo la versione ufficiale, era per evitare il “collasso umanitario” della Striscia e per “mantenere divisi” Hamas e l’Autorità palestinese (ANP). El País
L’inchiesta dell’intelligence israeliana, si è riferito, avrebbe stimato che Qatar trasferisse circa 30 milioni di dollari al mese, e che una parte di quei fondi sarebbe finita nelle mani del braccio armato di Hamas. El País Questa cifra significativa alimenta l’idea che il trasferimento non fosse soltanto generico aiuto umanitario, ma un meccanismo con effetti diretti sull’equilibrio interno palestinese.
Un precedente utile per contestualizzare è un articolo del sito TPI che ricostruisce come, dopo la guerra di Gaza del 2014, Stati Uniti, Nazioni Unite, Israele e Qatar avrebbero concordato un flusso mensile di circa 30 milioni di dollari verso Gaza. Un terzo di quei fondi serviva ad acquistare carburante israeliano per alimentare la centrale elettrica di Gaza, un terzo era destinato al pagamento degli stipendi pubblici, e circa 10 milioni andavano per sussidi alle famiglie più bisognose. TPI In quella fase, l’ANP si rifiutò di continuare a finanziare Hamas, provocando uno spostamento della supervisione dei trasferimenti direttamente in mano israeliana. TPI Secondo alcuni ex membri del Mossad citati nell’articolo di TPI, tale schema rientrava nella strategia israeliana di comprarsi il “silenzio” di Hamas. TPI
In quest’ottica, una parte significativa del dibattito è se quei fondi fossero effettivamente controllabili, o se fossero utilizzati per scopi diversi da quelli dichiarati (acquisto di carburante, stipendi, aiuti sociali). Secondo i critici, era ingenuo pensare che Hamas non avrebbe tratto vantaggio anche militarmente da risorse così consistenti.
Le obiezioni e le ombre
L’accusa di Olmert, pur potente sul piano retorico, incontra resistenze e zone d’ombra:
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Intento vs. contingenza
Anche quando Israele ha permesso i trasferimenti, secondo la versione ufficiale la priorità era motivata da ragioni umanitarie: evitare un collasso totale di Gaza che avrebbe generato una crisi incontrollabile. In questo modo, la dicotomia “rafforzare Hamas per indebolire l’Autorità” rischia di semplificare un quadro complesso, dove vari attori (Stati Uniti, ONG, altri donatori) sono coinvolti. -
Controllo e utilizzo dei fondi
Un problema cruciale è la tracciabilità delle risorse: una volta che il denaro entra nella Striscia di Gaza sotto il controllo di un regime come quello di Hamas, privo di accountability esterna diventa estremamente difficile garantire che tutte le somme vengano impiegate per scopi pacifici. In pratica, anche fondi destinati a servizi civili o salariali possono liberare risorse interne in altri settori, inclusi quelli militari. -
Coincidenze e nessi deboli
Ammettere che Israele abbia autorizzato alcuni flussi di risorse non significa che lo Stato ebraico abbia manifestamente voluto “rafforzare” Hamas in ogni contesto. Altri fattori pressioni internazionali, esigenze umanitarie, rischi di destabilizzazione possono aver condizionato decisioni dove l’intento politico non era primario. -
Autocritica interna israeliana
Il fatto che Israele attraverso Netanyahu stesso abbia riconosciuto l’esistenza dei trasferimenti costituisce una conferma parziale. Ma al contempo il governo ha negato che quei fondi abbiano agevolato in modo diretto attacchi come quello del 7 ottobre 2023. El País
Un contesto più ampio: politica, guerra e legittimità
Nel contesto attuale, la critica di Olmert si inserisce in uno scontro politico interno israeliano molto acceso. Egli ex esponente del Likud è diventato voce dissidente e dura contro la leadership di Netanyahu. In un’intervista al Vaticano, Olmert ha dichiarato che non vede altra via che l’esistenza di due Stati e che “per Gaza non c’è altra soluzione che finire subito la guerra e riprendersi gli ostaggi”. Vatican News
Da parte sua, Netanyahu e i suoi sostenitori difendono le politiche attuali come misure di sicurezza necessarie contro un nemico che nega l’esistenza stessa dello Stato israeliano. L’argomento dell’“equilibrio controllato” mantenere Hamas abbastanza forte da fungere da “muro” all’ANP ma non tanto da minacciare Israele torna nei ragionamenti strategici di certi ambienti governativi.
In parallelo, il contributo qatariota è stato utilizzato come leva diplomatica: il Qatar funge da mediatore nei negoziati tra Israele e Hamas, ospita rappresentanti del movimento islamista e svolge un ruolo centrale nei processi di tregua, scambio di prigionieri e aiuti. In questo senso, i trasferimenti finanziari possono essere visti anche come parte di una diplomazia più complessa, dove il denaro è mezzo per ottenere relazioni e condizionamenti, non solo per finanziare capacità militari.
Conclusione: tra verità, narrazione e responsabilità
L’articolo richiesto dal lettore tocca un tema controverso e con ricadute molto concrete. È certo che:
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Israele, sotto Netanyahu, ha ammesso di aver autorizzato trasferimenti di fondi dal Qatar verso Gaza, a partire dal 2018. El País
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Le dinamiche del finanziamento a Gaza sono complesse: parte dei fondi ha scopi dichiaratamente civili (carburante, stipendi, aiuti), ma il contesto operativo rende difficile controllarne l’uso effettivo.
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L’interpretazione strategica di Olmert secondo cui lo Stato israeliano avrebbe deliberatamente rafforzato Hamas per indebolire l’Autorità palestinese è una tesi che mette insieme elementi documentati, ipotesi politiche e giudizi narrativi.
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Esistono obiezioni serie: il motivo umanitario, il rischio di destabilizzazione, e il fatto che l’ammissione dei trasferimenti non implica automaticamente che Israele volesse potenziare militarmente Hamas in ogni sua manifestazione.
In definitiva, l’accusa di Olmert rappresenta una contestazione politica potente: suggerisce che le filigrane delle politiche israeliane non siano neutre, ma strategiche e manipolative. Se questa visione sia una verità politica o un’interpretazione polemica, lo storico lo giudicherà. Ma certo il tema merita attenzione pubblica: quando uno Stato assume di fatto il ruolo di padrone delle risorse nei territori contesi, si pone la questione della legittimità, della trasparenza e del confine tra politica e guerra.











