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Tony Blair, un criminale di guerra legato alla morte di un milione di iracheni, viene ora nominato a capo del “Consiglio della Pace” sollevando seri dubbi sulla credibilità dello stesso consiglio

 

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L’annuncio è caduto come un fulmine a ciel sereno: Tony Blair, l’ex primo ministro britannico la cui decisione di appoggiare l’invasione statunitense dell’Iraq nel 2003 è ancora oggi oggetto di accese controversie, è stato nominato presidente del neonato “Consiglio della Pace”. Una scelta che ha sollevato un’ondata di proteste e domande su come sia possibile che chi è accusato da molti di aver avuto un ruolo diretto nel caos, nella distruzione e nella morte in Medio Oriente sia ora chiamato a guidare un organismo destinato, in teoria, a promuovere la pace.


Il passato inquietante: cosa sappiamo

Sul rapporto di Blair con la guerra in Iraq non vi sono dubbi sull’impatto catastrofico, anche se esatte cifre e responsabilità giudiziarie restano oggetto di dibattito.

  • Il rapporto Chilcot del 2016, commissionato dal governo britannico, ha rilevato che l’allora primo ministro ha fatto leva su informazioni d’intelligence presentate con “certezza ingiustificata” riguardo alle armi di distruzione di massa in Iraq, e che l’uso della forza non sembrava l’ultima risorsa. Blair non avrebbe esaurito le vie diplomatiche per ottenere il disarmo. BBC+2The Guardian+2

  • Il rapporto ha inoltre constatato che il Regno Unito non era adeguatamente preparato per le conseguenze del dopo-guerra: la pianificazione civile e militare è stata giudicata “completamente inadeguata” rispetto alla portata della sfida. BBC+1

  • Sul fronte delle vittime, le stime variano ampiamente. Le cifre ufficiali britanniche riportano almeno 150.000 civili iracheni uccisi come conseguenza diretta dell’invasione iniziale – con il riconoscimento che il numero “era probabilmente molto più alto”. The Guardian+2BBC+2

  • Altre analisi, specie quelle che includono morti indirette dovute al collasso infrastrutturale, ai danni ai servizi sanitari, alle interruzioni alimentari o idriche, alle malattie, stimano che le vittime totali possano raggiungere o addirittura superare mezzo milione o più. twn.my+1

  • Altri ancora, inclusi studi locali e internazionali, parlano di numeri superiori, basati su metodi statistici complessi, sondaggi nelle aree rurali, stime degli “excess deaths” (morti in eccesso rispetto al normale) e così via. Wikipedia+1

Ciononostante, non esiste una sentenza giudiziaria penale che abbia formalmente condannato Blair per crimini di guerra, né è stato legalmente accertato che egli abbia ordinato azioni che costituiscono crimine di guerra nel senso del diritto internazionale. È una distinzione che i suoi sostenitori richiamano spesso: Blair si è assunto responsabilità politiche, morali, ma non è stato giudicato criminale da un tribunale internazionale. BBC+2The Guardian+2


La nomina al Consiglio della Pace: cosa significa

Secondo la decisione presa dalle autorità responsabili della creazione del Consiglio, Blair con la sua esperienza politica, la sua visibilità internazionale e i contatti sarebbe visto come un uomo in grado di mediare tra potenze, gruppi in conflitto, Stati in crisi. In teoria, la sua nomina mira a sfruttare quella rete diplomatica che ha costruito nel corso degli anni, specialmente nei dossier mediorientali e di politica estera.

Tuttavia, la scelta lascia intendere diverse criticità che sollevano dubbi sulla credibilità e sull’efficacia del Consiglio:

  1. Autorità morale e simbolica compromessa: per molti pacifisti, attivisti per i diritti umani, popolazioni colpite dalla guerra in Iraq, la nomina di Blair è percepita come una beffa. Quale messaggio manda il Consiglio se affida la propria leadership a chi è ritenuto responsabile, anche se solo politicamente, di innumerevoli sofferenze?

  2. Affidabilità diplomatica messa in discussione: partner internazionali, specialmente Stati o gruppi che hanno subito direttamente le conseguenze della guerra, potrebbero non accettare facilmente di mettersi al tavolo con qualcuno che associano alla distruzione e alla destabilizzazione.

  3. Precedente pericoloso: nominare figure controverse può essere interpretato come un abbassamento degli standard etici del Consiglio stesso. Se la pace si può ‘assegnare’ anche a chi è implicato in guerre dibattute, cosa impedisce che altre nomine future siano ancora più discutibili?

  4. Percezione pubblica e legittimità: senza un forte consenso dell’opinione pubblica, la funzione del Consiglio rischia di essere percepita come mera facciata, propagandistica, incapace di intervenire efficacemente dove sono richieste vera giustizia, trasparenza e riconciliazione.


Le reazioni istantanee

Non appena trapelata la notizia, sono numerose le reazioni fortemente negative:

  • Organizzazioni per i diritti umani hanno parlato di “scelta scandalosa”, criticando la nomina come una violazione dei principi di responsabilità e trasparenza.

  • Cittadini iracheni, familiari delle vittime, attivisti della pace e della memoria hanno espresso disgusto e rabbia, chiedendo che un corpo che pretende di promuovere la pace non possa essere guidato da chi è ritenuto, da molte inchieste e analisi, corresponsabile di una guerra che ha prodotto morte e distruzione.

  • Alcuni governi esteri e diplomatici hanno fatto sapere che valuteranno con cautela ogni futura cooperazione, chiedendo rassicurazioni che Blair non rappresenti il volto della riconciliazione ma che agisca concretamente per rimediare ai danni compiuti.


Le difese della nomina

Coloro che difendono la decisione avanzano diversi argomenti:

  • Blair, dicono, ha maturato esperienza internazionale che può essere utile per mediare, anche in situazioni complesse.

  • È importante distinguere tra responsabilità politica e responsabilità penale: non essendo stato giudicato colpevole in tribunale per crimini di guerra, non si può parlare legalmente di “criminale di guerra” nel senso giuridico del termine.

  • In matematica politica, si sostiene che la pace spesso passa attraverso figure controverse: uomini che portano anche pesi del passato ma che sono disposti a negoziare, fare compromessi, e che abbiano ancora il rispetto di alcune potenze o istituzioni.

  • Alcuni sostengono che la nomina offre anche un’opportunità: Blair potrebbe usare la sua posizione per affrontare apertamente le critiche, promuovere verità e riconoscimento per le vittime, e lavorare per la riconciliazione.


Le vere domande che restano

  • Giustizia o impunità?: fin dove un responsabile politico dovrebbe essere chiamato a rispondere non solo davanti alla storia, ma davanti al diritto internazionale? Se non ora, quando?

  • Verità e memoria: il Consiglio della Pace come può contribuire a chiarire, a rendere noto ciò che è accaduto in Iraq e altrove  se collabora con figure controverse? È possibile che produzioni di conoscenza storica e filone della memoria vengano oscurati se chi guida ha interesse a minimizzare certe responsabilità?

  • Imparzialità nei conflitti futuri: un leader che è visto come parte di un conflitto può essere accettato come mediatore imparziale? La fiducia è una componente essenziale nella diplomazia, e molte parti coinvolte nella guerra considerano Blair non imparziale.

  • Standard internazionali: quali criteri sono stati usati per la nomina? Legalità? Reputazione? Responsabilità storica? Opportunismo politico? Se il Consiglio della Pace sacrifica la serietà per la praticità politica, ne pagherà il prezzo.


Conclusione

La nomina di Tony Blair a presidente del Consiglio della Pace non è semplicemente una provocazione politica: è un banco di prova per la credibilità stessa dell’istituzione che pretende di promuovere la pace, la riconciliazione, la giustizia. Se il Consiglio non si dimostrerà all’altezza, se non affronterà il passato con onestà, trasparenza e responsabilità, rischia di diventare l’ennesima testimonianza della scarsa capacità delle istituzioni internazionali di assicurare che i potenti rendano conto delle proprie azioni.

E se la pace non può essere costruita senza verità, come si può sperare che essa duri senza giustizia?


Nota bene: molti dei numeri relativi alle vittime in Iraq sono stime basate su modelli, sondaggi, analisi accademiche e fonti diverse; non vi è consenso unanime su cifre precise, ma il fatto che siano enormi e che le criticità nell’azione politica e legale di Blair siano documentate è ormai fuori discussione.

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