Orsini: “154 milioni di euro degli italiani dati a Netanyahu per rafforzare la macchina bellica con cui Israele sta sterminando i palestinesi” – un’analisi critica
Negli ultimi mesi il nome di Alessandro Orsini è tornato spesso sulle cronache politiche per le sue dichiarazioni forti sull’impegno dell’Italia nel conflitto israelo‑palestinese. In particolare, egli sostiene che l’Italia avrebbe “dato a Netanyahu, a sterminio in corso, … armi … per un valore di 154 milioni di euro”, cioè ingenti risorse pubbliche italiane usate per rafforzare la capacità militare israeliana mentre opera offensivamente su Gaza.
Ma quanto c’è di vero in tale affermazione? E come si colloca questo discorso nel quadro delle politiche italiane sull’export bellico, dell’assistenza ai palestinesi e delle dichiarazioni istituzionali? In questo articolo cercheremo di districare i fatti disponibili, le contraddizioni, le prove e le rendicontazioni ufficiali, per valutare la fondatezza di una tesi così grave.
1. La dichiarazione di Orsini: contesto e contenuto
Alessandro Orsini ha più volte dichiarato che il governo italiano, nelle persone di Giorgia Meloni e Antonio Tajani, avrebbe “dato a Netanyahu … bombe, granate, siluri, mine, missili, cartucce … per un valore di 730.869,5 € a dicembre 2023, quasi raddoppiati a 1.352.675 € a gennaio 2024” e che “nel 2024 … acquisto di armi da Netanyahu per 154 milioni di euro”. L’Antidiplomatico+2L’Antidiplomatico+2
Questa versione è ripresa da fonti vicine al suo pensiero, su siti come L’Antidiplomatico o dichiarazioni online, e citata anche da altri media. L’Antidiplomatico+2L’Antidiplomatico+2
Tuttavia, non è facile trovare riscontri indipendenti nelle fonti ufficiali del governo, nelle statistiche sull’export militare, o nei rapporti pubblici degli enti competenti che confermino in modo netto la cifra di 154 milioni stanziati a favore di Israele per scopi bellici nel 2024.
Il punto centrale da verificare è: esistono documenti ufficiali che attestino transazioni italiane verso Israele per armamenti in quel valore e in quei termini?
2. Le politiche ufficiali italiane sull’export bellico e le dichiarazioni governative
2.1 L’autosospensione post‑7 ottobre
Dal 2023, con l’escalation del conflitto tra Israele e Hamas, il governo italiano ha dichiarato pubblicamente che avrebbe sospeso ogni nuova autorizzazione all’export di armamenti verso Israele a partire dal 7 ottobre 2023. In particolare, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha affermato che:
“Abbiamo deciso di non inviare più armi in nessuna forma a Israele da ottobre 7” Agenzia Nova+1
Questo è un vincolo dichiarato ufficialmente, almeno in termini generali. È importante notare però che “nuove autorizzazioni” non equivalgono necessariamente all’annullamento di contratti già concessi o a forniture in corso.
2.2 Armi esportate nonostante la moratoria
Diversi media indipendenti, avvalendosi di dati ufficiali (ad esempio dall’ISTAT o da organismi di controllo), segnalano che l’Italia ha continuato a esportare armi verso Israele anche dopo l’inizio della guerra:
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È stato riportato che, nell’ultimo trimestre del 2023, l’Italia abbia autorizzato esportazioni verso Israele per 2,1 milioni di euro, con 1,3 milioni solo nel mese di dicembre 2023. Reuters
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Un’indagine giornalistica di Altreconomia su statistiche ISTAT ha rilevato che l’Italia avrebbe esportato 817.536 € in armi e munizioni durante il periodo ottobre‑novembre 2023, nonostante la sospensione dichiarata. Anadolu Ajansı
Questi dati mostrano una discrepanza fra le dichiarazioni ufficiali e le autorizzazioni effettive, almeno per le fasi iniziali del conflitto.
2.3 Limiti e vincoli legali
Va detto che la normativa italiana sull’export militare (e i controlli UAMA) impone che non vengano autorizzate vendite di materiali che possano essere usati contro civili o che violino diritti umani. Tuttavia, tale controllo è in larga parte affidato a decisioni discrezionali e a valutazioni che non sempre sono trasparenti; anche i contratti già autorizzati possono essere in corso. Reuters+1
In altre parole: la clausola di sospensione non implica automaticamente che tutte le consegne siano state fermate, né che tutte le attività contrattuali pregresse siano state annullate o riesaminate.
3. La grande cifra di 154 milioni: evidenze, mancanze, ragionamenti
3.1 Ricerca di prove e documenti
Ho condotto ricerche approfondite nelle fonti pubbliche italiane e internazionali, incluse le banche dati degli export militari, le pubblicazioni ufficiali del Ministero della Difesa e del Ministero degli Esteri italiani, nonché rapporti di osservatori indipendenti. Non ho trovato un documento ufficiale affidabile che confermi che l’Italia nel 2024 abbia venduto armamenti per 154 milioni di euro a Israele.
Se tale cifra fosse documentata, ci si aspetterebbe che emergesse nei dati ufficiali UAMA (Unità per le autorizzazioni all’export militare), nei bilanci dello Stato, o nelle relazioni parlamentari sul commercio di armamenti, oppure nei rapporti di ONG internazionali come SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute). Ma non vi è traccia trasparente di questa movimentazione nei dossier pubblici finora reperiti.
3.2 Alcuni elementi che inducono cautela
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Le cifre citate da Orsini per dicembre 2023 (~ 730.869,5 €) e per gennaio 2024 (~ 1.352.675 €) appaiono molto specifiche e generano impressione di evidenze contabili, ma tali dati non risultano corroborati da fonti alternative indipendenti.
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L’espressione “154 milioni” come totale annuale appare una generalizzazione che non è supportata da resoconti ufficiali visibili.
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Parte delle affermazioni di Orsini (e di chi riprende la sua versione) provengono da fonti editoriali militanti o opinioni personali, non da documenti d’archivio o rapporti governativi trasparenti.
In altri termini: l’affermazione di Orsini potrebbe essere una sovrastima, una reinterpretazione politica, un’esagerazione prospettica o una costruzione che mescola dati reali e proiezioni non verificabili.
3.3 Possibili spiegazioni e scenari
Si possono ipotizzare tre scenari:
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La cifra è vera ma occultata: esistono documenti riservati che attestano vendite belliche italiane verso Israele per 154 milioni, ma non sono pubblici né accessibili.
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La cifra è una stima proiettata basata su tassi pregressi, contratti attivi e ipotesi di rinnovo, più che su transazioni effettive concluse.
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La cifra è una costruzione retorica: combina dati noti (esportazioni modeste, contratti preliminari, relazioni strategiche) con stime speculative per produrre un effetto politico e simbolico.
Alla luce delle verifiche fin qui possibili, il scenario più plausibile è il terzo o al massimo il secondo: cioè che la cifra serva a denunciare una dinamica percepita, più che a descrivere un bilancio contabile certo e verificato.
4. Le risorse italiane per i palestinesi e il contesto parallelo
Per avere un quadro più equilibrato, è utile ricordare che l’Italia dedica anche fondi e programmi di sostegno e assistenza ai palestinesi e alla popolazione civile di Gaza e Cisgiordania.
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Il governo italiano ha stanziato 104 milioni di euro di aiuti ai palestinesi (Gaza e West Bank) dall’inizio del conflitto (7 ottobre 2023) fino a inizio 2025, secondo dichiarazioni del ministro Tajani. english.adnkronos.com
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Nel maggio 2024, Roma ha annunciato il ritorno al finanziamento dell’agenzia UNRWA con un pacchetto da 35 milioni di euro, inclusi 5 milioni destinati direttamente ai progetti di rifugiati, e gli altri alla logistica alimentare nell’ambito dell’iniziativa “Food for Gaza”. Al Jazeera+2AL-Monitor+2
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Le autorità italiane affermano che ogni nuova autorizzazione all’export bellico verso Israele è bloccata da ottobre 2023 in avanti. Agenzia Nova+1
Queste politiche non smentiscono il sospetto di un sostegno indiretto alle capacità israeliane, ma mostrano che l’Italia “gioca” su due binari: da un lato, il vincolo dichiarato all’export bellico; dall’altro, investimenti in aiuti ai civili palestinesi.
5. Le reazioni politiche, legali e morali
5.1 Le denunce legali
Un gruppo di dieci avvocati italiani ha inviato una diffida formale al governo Meloni, lamentando che il Memorandum d’intesa militare (MoU) fra Italia e Israele, con rinnovo tacito, violerebbe principi costituzionali e obblighi internazionali. israel.timesofnews.com+1
Essi chiedono di sospendere l’accordo, di renderne trasparente il contenuto e di rimettere alla luce eventuali finanziamenti impliciti. Palestine Chronicle+1
5.2 Critiche dell’opposizione
Esponenti dell’opposizione politica italiana hanno chiesto un embargo totale sulle armi verso Israele, accusando il governo di contraddizione e responsabilità. Giuseppe Conte (Movimento 5 Stelle) ha esortato ad adottare sanzioni dure contro il governo Netanyahu come risposta al massacro di civili. Anadolu Ajansı
In parallelo, alcune manifestazioni di piazza in Italia e in Europa hanno denunciato il presunto sostegno bellico indiretto di nazioni europee (compresa l’Italia) verso Israele, sostenendo che i governi forniscono “copertura diplomatica, tecnologia, export militare” pur mascherati da politiche neutrali.
5.3 Critiche e cautela accademica
Alcuni osservatori e critici hanno sottolineato che Orsini, pur essendo un attore dell’opinione pubblica, spesso amalgama dati veri e opinioni forti senza sempre distinguere le fonti primaria dalle deduzioni interpretative. In questo senso, l’uso di cifre precise come “154 milioni” diventa uno strumento retorico forte, ma non necessariamente fondato su evidenze verificabili.
Un’analisi prudente suggerisce che, nel dibattito pubblico, chi avanza tali cifre ha l’onere di fornire documenti originali, procedure di contabilizzazione e conferme indipendenti. Finora, tali supporti non sono stati resi disponibili con trasparenza.
6. Valutazione complessiva
Alla luce delle informazioni disponibili, possiamo trarre alcune conclusioni:
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Non esistono finora prove pubbliche credibili che confermino la cifra di 154 milioni di euro in armi italiane vendute a Israele in corso di conflitto (con l’obiettivo esplicito di “rafforzare la macchina bellica”).
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Ci sono evidenze concrete che l’Italia ha continuato (o autorizzato) esportazioni belliche al di là delle dichiarazioni ufficiali di blocco, almeno nei mesi iniziali del conflitto.
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Le dichiarazioni del governo italiano sostengono un’immediata sospensione delle nuove autorizzazioni d’export da ottobre 2023, e istituzionalmente l’Italia difende di non aver più inviato armi nuove dopo quel momento.
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Le politiche italiane di aiuto ai palestinesi indicano che lo Stato italiano compie sforzi paralleli di assistenza umanitaria, anche se ciò non annulla le responsabilità morali o politiche di possibili cooperazioni belliche.
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L’affermazione di Orsini sembra basarsi in larga misura su dati selezionati, interpretazioni e generalizzazioni che vanno verificate e contestualizzate con rigore accademico e documentale.
Il titolo proposto — “Orsini: 154 milioni di euro degli italiani dati a Netanyahu per rafforzare la macchina bellica con cui Israele sta sterminando i palestinesi” è dunque formulato come citazione della tesi di Orsini. Come titolo giornalistico è legittimo: riporta un’affermazione dell’opinione pubblica. Ma chi legge (e chi scrive) deve tenere presente che la questione non è provata in modo incontrovertibile e che è essenziale mantenere distinzione fra affermazione e fatto dimostrato.
7. Spunti per approfondire e leggere con spirito critico
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Richiedere trasparenza sui dati UAMA
Poiché le autorizzazioni e i contratti bellici passano per l’UAMA, sarebbe utile che i rapporti annuali contenessero dettagli specifici per paese, tipologia d’arma e valore finanziario. Ciò agevolerebbe verifiche indipendenti. -
Monitoraggio da parte di ONG internazionali
Organizzazioni come SIPRI, Amnesty International, Human Rights Watch o Banca Mondiale potrebbero integrare nelle loro banche dati transazioni strettamente correlate al conflitto Israele‑Palestina, incrociando dati nazionali con percorsi d’export internazionali. -
Controlli parlamentari
Il Parlamento italiano potrebbe chiedere audizioni, interrogazioni e relazioni dedicate alle attività di export militare verso paesi in conflitto, con verifica sulle consegne effettive e sui contratti attivi dopo ottobre 2023. -
Separazione fra assistenza umanitaria e esportazioni belliche
Pur essendo spesso trattate come poli opposti del comportamento statale, è importante che il dibattito pubblico distingua chiaramente le politiche di aiuto civile da quelle di cooperazione militare. -
Analisi retorica delle affermazioni politiche
Quando viene avanzata una cifra precisa (come “154 milioni”), è utile chiedere: quale fonte primaria? Quale certificazione contabile? Quale audit indipendente? In assenza di questi, l’affermazione permane come forte denuncia morale, ma non come dato accertato.
In conclusione, la tesi che “l’Italia abbia dato a Netanyahu 154 milioni di euro per rafforzare la macchina bellica che sta sterminando i palestinesi” è una provocazione politica potente, ma non è al momento pienamente sostenuta da prove pubbliche verificabili. Rimane una prospettiva di denuncia che merita attenzione e che stimola richieste legittime di trasparenza.











