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Sarebbe di almeno 750 mila euro il peculato contestato dalla Procura di Brescia nei confronti dell’ex procuratore di Pavia Mario Venditti e del PM Paolo Mazza a Milano (e un tempo a Pavia)

 

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È di estrema gravità lo scenario dipinto da un filone d’indagine attualmente in corso, che vede al centro della scena due magistrati del distretto pavese: l’ex procuratore aggiunto di Pavia, Mario Venditti, e il PM Pietro Paolo Mazza, oggi in servizio a Milano ma per molti anni operante a Pavia. Secondo alcune fonti investigative, l’ammontare del peculato a loro contestato ammonterebbe ad almeno 750.000 euro  cifra che, se confermata, configurerebbe un’ipotesi di reato di portata storica nell’ambito dell’“affare magistratura”. In questo articolo cerchiamo di fare chiarezza sullo stato dell’arte, ciò che risulta dalle carte, le posizioni difensive e le implicazioni istituzionali.


Il contesto e i filoni investigativi aperti

Le indagini in questione sono parte del cosiddetto filone “Clean 2”, un’estensione del più ampio dossier “Clean” che da tempo cerca di fare emergere anomalie, collusioni e irregolarità nella vita della Procura di Pavia durante gli anni in cui Venditti vi esercitò ruoli di vertice. Il Giorno+2la Repubblica+2

Due nuclei accusatori ben distinti emergono finora dalle carte che trapelano:

  1. Corruzione in atti giudiziari contestata a Venditti, per una somma che, dagli atti sinora conosciuti, sarebbe “modesta” (nell’ordine di decine di migliaia di euro) in cambio dell’archiviazione della posizione di Andrea Sempio nel caso Garlasco. LaPresse+4ANSA.it+4Corriere Brescia+4

  2. Peculato (e corruzione in concorso) contestato a Mazza e in via concorrente anche a Venditti nell’ambito della gestione delle spese, del patrimonio e delle risorse finanziarie interne della Procura di Pavia. In questo contesto, alcune fonti parlano di anomalie riguardanti ristoranti, spese non giustificate, corse ai cavalli e uso agevolato di auto di lusso. La Gazzetta del Mezzogiorno+4la Repubblica+4La Gazzetta del Mezzogiorno+4

Quanto al “peculato contestato” nella misura di 750.000 euro, non esiste oggi  almeno stando alle fonti giornalistiche accessibili una conferma ufficiale di tale entità specifica nelle carte dell’inchiesta. Le ricostruzioni note parlano per lo più di contestazioni legate ad ammende precise (come un’auto scontata) o a spese singole non giustificate, senza che emerga un quadro aggregato di oltre mezzo milione di euro. Informazione.+3La Gazzetta del Mezzogiorno+3La Gazzetta del Mezzogiorno+3

Potrebbe darsi che la cifra di 750.000 euro sia frutto di stime investigative riservate, calcoli interni non ancora divulgati, o una somma aggregata che comprenda molte poste (spese, fondi per intercettazioni, beni, usi personali). Ma, allo stato pubblico, non si trova riscontro unanime che confermi questa cifra con certezza giudiziaria.


Cosa sappiamo su Venditti

Mario Venditti è un magistrato noto, che in passato ha ricoperto ruoli di rilievo nella Procura di Pavia, tra cui quello di procuratore aggiunto. È stato pure presidente del consiglio d’amministrazione del Casinò di Campione d’Italia. la Repubblica+3Sky TG24+3ANSA.it+3

La nuova indagine a suo carico ha preso le mosse da un appunto rinvenuto tra le carte dei parenti di Sempio: la scritta a mano “Venditti / gip archivia X 20‑30 euro” (interpretata dagli inquirenti come “20‑30 mila euro”) avrebbe indotto i magistrati bresciani a trasmettere gli atti alla Procura competente e ad aprire un fascicolo per corruzione in atti giudiziari. LaPresse+5la Repubblica+5LaPresse+5

L’accusa è che, all’inizio del 2017, qualcuno avrebbe offerto o ipotizzato a Venditti il pagamento di una somma in denaro per favorire l’archiviazione della posizione di Sempio, che era tornato a essere indagato per il delitto di Garlasco. Corriere Brescia+3ANSA.it+3la Repubblica+3

Alla notizia del provvedimento di perquisizione e sequestro, la difesa, rappresentata dall’avvocato Domenico Aiello, ha parlato di “accusa surreale” e ha preannunciato ricorso al Tribunale del riesame. la Repubblica+3ANSA.it+3Giornale di Brescia+3

Va sottolineato che, finora, non risulta che Venditti sia stato ancora formalmente interrogato dai PM milanesi (o bresciani) nell’ambito di questo filone dell’inchiesta. MilanoPaviaTV CANALE78


Le contestazioni a Mazza

Pietro Paolo Mazza è un PM che, fino a poco tempo fa, ha lavorato presso la Procura di Pavia, in stretta collaborazione con Venditti. ilGiornale.it+3la Repubblica+3Informazione.+3

Nell’ottobre 2025, la Procura di Brescia ha disposto perquisizioni nell’abitazione e negli uffici del PM Mazza, nell’ambito dell’indagine “Clean 2”. Le attenzioni della Guardia di Finanza si concentrano su spese considerate sospette quali ristoranti, acquisti di auto di lusso e corse ai cavalli, oltre all’uso delle auto di servizio della Procura di Pavia. LaPresse+5la Repubblica+5La Gazzetta del Mezzogiorno+5

Nello specifico, si ipotizza che Mazza avrebbe beneficiato dell’acquisto di un’auto “a prezzo scontato” da parte della società Esitel, che da anni era fornitrice della Procura di Pavia per servizi di intercettazione e logistica investigativa. L’accusa è che questo favore costituisse una dazione corruttiva in favore del magistrato, in cambio di affidamenti privilegiati alla società stessa. civonline.it+4La Gazzetta del Mezzogiorno+4Informazione.+4

Ma l’ipotesi non si limita a questo: per la contestazione di peculato, si scrive che alcune auto in dotazione alla Procura di Pavia sarebbero state utilizzate per fini “non strettamente connessi alla funzione”, configurando un uso improprio delle risorse pubbliche. La Gazzetta del Mezzogiorno+2Informazione.+2

Le accuse avanzate nei suoi confronti sono quindi: corruzione in atti giudiziari e peculato, in concorso con Venditti, per condotte rilevanti nella gestione delle spese e del patrimonio del Palazzo di giustizia di Pavia. La Gazzetta del Mezzogiorno+2ilGiornale.it+2

La difesa di Mazza, rappresentata dagli avvocati Massimo Dinoia e Fabrizio Federici, ha espresso “fiducia che si risolverà tutto nel più breve tempo possibile”. L’eco del Sannio+2Informazione.+2


La questione della cifra di 750.000 euro

Alla luce dei fatti sin qui noti, sorge la domanda: da dove emergerebbe l’ipotesi della cifra di 750 mila euro di peculato? Le fonti giornalistiche correnti non riportano finora un decreto, un avviso di garanzia o un documento ufficiale che quantifichi questa somma così elevata nel capo di imputazione.

È plausibile che:

  • la cifra sia una stima investigativa preliminare, basata su analisi contabili interne non ancora rese pubbliche nei dettagli;

  • si tratti di una sommatoria aggregata di numerose poste (spese irregolari, usi impropri, fondi per intercettazioni, auto, benefici vari);

  • la cifra risulti da una ricostruzione ultraspeculativa non ancora oggetto di conferma giudiziaria, diffusa da fonti anonime o informali;

  • la cifra non abbia ancora fondamento nei documenti dell’istruttoria, e quindi vada presa con cautela fino a che non emerga nei capi di imputazione ufficiali.

In ogni caso, l’uso di una cifra così alta, se fosse confermato nei capi d’accusa, cambierebbe significativamente la percezione dell’intera vicenda, da un episodio di “favori individuali” a un presunto sistema di gestione corruttiva di ampia portata.


Le ricadute istituzionali e giudiziarie

Se le accuse, nei loro termini più gravi, trovassero conferma in sede giudiziaria, si tratterebbe di un terremoto per la magistratura pavese e, per estensione, per la credibilità dell’assetto giudiziario regionale. La prospettiva che un ex procuratore e un PM possano essere imputati di peculato per centinaia di migliaia di euro mette in crisi i principi di trasparenza, controllo interno e responsabilità.

Le domande che emergono sono molte:

  • Quali controlli interni erano operanti nella Procura di Pavia sui fondi per intercettazioni, sulle spese accessorie e sull’uso delle auto?

  • Come è stato possibile che eventuali anomalie perdurassero senza essere notate (o segnalate) per anni?

  • Qual è il livello di corresponsabilità dei funzionari amministrativi, dei consulenti esterni e delle società fornitrici che operavano nel circuito degli appalti giudiziari?

  • Se la cifra di 750.000 euro venisse confermata, sarebbe il frutto di poche, grandi poste o di molteplici piccole voci sommate?

Le parti coinvolte (Venditti, Mazza, società fornitrici, dirigenti amministrativi) avranno ora l’onere di giustificare ogni spesa, ogni uso e ogni convenienza, in un confronto che si annuncia complesso e di lunga durata.

Al momento non vi è conferma ufficiale da atti pubblici che il peculato contestato a Mario Venditti e a Pietro Paolo Mazza superi la soglia di 750.000 euro. Le fonti giornalistiche convergono su contestazioni circoscritte (auto scontate, spese non giustificate, benefici individuali) ma non supportano una ricostruzione già così ampia.

Tuttavia, la sola prospettiva di un’incriminazione tanto grave per due magistrati al vertice della funzione pubblica assume un rilievo straordinario. Le carte e i documenti che ancora non sono emersi  prospetti contabili, bilanci interni, rendicontazioni dettagliate potranno fornire la conferma o la smentita definitiva. Fino ad allora, ci si trova in una fase preliminare, delicata e sotto l’ombra del sospetto.

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