Putin ha parlato a lungo al telefono con Netanyahu sui piani di Trump per Gaza, il programma nucleare iraniano e la situazione in Siria
Mosca / Gerusalemme — In una conversazione telefonica che ha suscitato attenzione nei circoli diplomatici di tutto il Medio Oriente, il presidente russo Vladimir Putin e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu hanno discusso, lunedì sera, questioni strategiche che riguardano il piano di pace di Donald Trump per Gaza, il dossier nucleare iraniano e la stabilità siriana. La telefonata, comunicata ufficialmente dal Cremlino, arriva in un momento di tensione elevata nella regione, con il conflitto israeliano‑palestinese ancora in corso e un panorama regionale fortemente volatile. LBCIV7+3Anadolu Ajansı+3A News+3
Il contesto: il piano Trump per Gaza e le trattative indirette
La conversazione si innesta su un’agenda internazionale scandita dal tentativo statunitense di mediare una tregua e porre fine alla guerra nella Striscia di Gaza. Il piano presentato da Trump articolato in 20 punti prevede il rilascio di ostaggi israeliani, il cessate il fuoco e l’istituzione di un governo transitorio nella Striscia. Wikipedia+4A News+4Anadolu Ajansı+4 Delegazioni di Israele e Hamas si sono già incontrate in forma indiretta al resort di Sharm el-Sheikh, in Egitto, per avviare un negoziato sul terreno. A News+1
Nel comunicato del Cremlino, si afferma che Putin ha ribadito “la posizione irremovibile della Russia a favore di un regolamento globale della questione palestinese basato sui principi del diritto internazionale”. A News+2Anadolu Ajansı+2 Putin ha inoltre invitato a esplorare soluzioni negoziate per il dossier iraniano, e ha sollecitato sforzi per “la stabilizzazione in Siria”. TASS+2Anadolu Ajansı+2 Sul versante israeliano, la conferma della telefonata è stata più cauta, con Gerusalemme che ha confermato che “i temi di Iran e Siria sono stati discussi”, ma senza fornire dettagli ufficiali. The Times of Israel+1
Dietro le dichiarazioni ufficiali, tuttavia, si nasconde un fitto gioco di interessi. Da un lato, Mosca desidera posizionarsi come attore credibile di mediazione in Medio Oriente, capace di dialogare con Israele, Iran e Siria. Dall’altro, Israele è consapevole della crescente influenza russa nella regione non ultima la presenza militare in Siria e cerca di tenere aperti canali di comunicazione con il Cremlino, pur mantenendo una durezza verso Teheran.
Il nodo iraniano: diplomazia, deterrenza o escalation?
Uno dei passaggi centrali della conversazione è stato dedicato al programma nucleare iraniano. Secondo il comunicato del Cremlino, i due leader “hanno manifestato la volontà di esplorare soluzioni negoziate” su tale dossier. TASS+2Anadolu Ajansı+2
Negli ultimi mesi, i negoziati nucleari fra Stati Uniti e Iran si sono arenati, mentre Israele ha intensificato operazioni di intelligence e attacchi mirati contro impianti e infrastrutture iraniane sospette. TASS+2A News+2 Israele teme che un Iran con capacità nucleare latente rappresenti nondimeno una minaccia strategica permanente. Al contempo, Teheran gioca sulla retorica anti‑occidentale e sull’autosufficienza tecnologica, proponendosi come potenza regionale chiave.
Per Mosca, la questione iraniana offre una leva diplomatica preziosa. La Russia ha legami consolidati con Teheran sia in ambito energetico che militare ma cerca di mantenere un delicato equilibrio con gli attori sunniti e con Israele. Putin, nei colloqui precedenti con Netanyahu, ha già ribadito che la Russia è pronta ad assistere mediaticamente nel trovare una “soluzione pacifica” al dossier nucleare iraniano, pur sottolineando che ogni percorso deve rispettare la sovranità nazionale e il diritto internazionale. Mehr News Agency+2The Times of Israel+2
Negli ultimi mesi, una tregua tra Iran e Israele è tuttavia in vigore mediata da Stati Uniti e Qatar anche se con frequenti violationi locali e tensioni residue. Wikipedia In questo contesto, la chiamata con Netanyahu conferma come Mosca intenda inserirsi come interlocutore nella difficile partita della non proliferazione e della sicurezza regionale.
La Siria come crocevia: presenza russa, influenza iraniana e aspirazioni israeliane
Altro punto chiave del colloquio: la situazione siriana. La Siria rimane uno dei teatri centrali dell’equilibrio mediorientale territorio in cui convivono interessi russi, iraniani, e israeliani, spesso in conflitto.
Nel comunicato del Cremlino, Putin avrebbe enfatizzato “l’importanza di sostenere l’integrità, la sovranità e l’unità territoriale della Repubblica araba siriana”, nonché “la stabilità interna” della popolazione attraverso il rispetto dei diritti delle minoranze religiose ed etniche. Anadolu Ajansı+3Agenzia Nova+3A News+3
La presenza militare russa in Siria in particolare nelle basi di Latakia e Tartus è ormai consolidata da anni, e Mosca è attiva nel mantenere una certa influenza sul regime e sugli equilibri tra attori locali. Israele, da parte sua, ha più volte condotto attacchi aerei contro posizioni iraniane o milizie alleate al regime, allo scopo di impedire il trasferimento di armamenti a Hezbollah e altri gruppi presenti sul confine con il Libano.
Nelle precedenti conversazioni con Netanyahu, Putin ha fatto appello a soluzioni diplomatiche, offrendo la mediazione russa nel dialogo tra Siria e Israele. Mehr News Agency+2The Times of Israel+2 Tuttavia, la coesistenza in Siria di milizie pro‑iraniane, del regime di Damasco e dell’establishment russo rende il quadro estremamente complesso. Qualsiasi intento di stabilizzazione è costantemente incrinato dalle dinamiche di scontro tra Teheran e Gerusalemme.
Le ambizioni russe: mediatrice o attore dominante?
La telefonata Putin–Netanyahu non è un episodio isolato, ma testimonia la crescente ambizione della Russia di recitare un ruolo centrale nei futuri assetti mediorientali. Da un lato, il dialogo con Israele può agevolare la posizione russa come ponte tra Occidente e attori arabi, dall’altro va considerata la necessità di conservare buone relazioni con l’Iran. Mosca, infatti, da alleato di Teheran sul piano energetico-militare, non può esporsi troppo come agent provocatore nei confronti dell’alleato persiano.
Con questa chiamata, Putin segna un messaggio a Washington e a Teheran: la Russia intende non essere semplicemente un comprimario, ma un interlocutore indipendente nei negoziati. In particolare, nel contesto del piano Trump per Gaza, Mosca ha interesse a essere coinvolta come garante o “osservatore autorevole”.
D’altro canto, Gerusalemme ha ragioni pratiche per continuare a dialogare con Mosca. Israele ha un’importante comunità di origine russa, e le operazioni in Siria richiedono, in alcuni casi, coordinamento con la componente aerea russa per evitare incidenti. Mantenere canali diplomatici aperti con Mosca consente a Israele una maggiore libertà d’azione nella regione.
I rischi e le incognite
Pur con le affermazioni ufficiali di cooperazione, il dialogo Putin–Netanyahu non elimina contraddizioni profonde e potenziali fratture.
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Nel dossier iraniano, “soluzioni negoziate” restano un’espressione generica: se Teheran non accetterà verifiche stringenti o limitazioni della sua capacità nucleare, Israele potrebbe continuare azioni unilaterali o avallate dagli Stati Uniti.
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In Siria, l’equilibrio tra presenza russa, influenza iraniana e interessi israeliani è instabile: ogni operazione di Gerusalemme contro milizie iraniane può provocare reazioni, e Mosca dovrà mediare con cautela per evitare di alienarsi uno dei due partner.
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Nel piano Gaza, l’appoggio russo non garantisce l’adesione di Hamas, né l’accettazione totale israeliana delle condizioni proposte da Trump. Le negoziazioni indirette restano fragili e suscettibili a rotture improvvise.
In definitiva, la telefonata ha un valore simbolico e politico: conferma che Mosca è presente nel gioco mediorientale in modo propositivo, che Israele vuole tenere aperti i colloqui con la Russia anche in un momento delicato, e che la partita su Gaza, Iran e Siria è destinata ad articolarsi in un intreccio di diplomazie multilaterali. Se Putin riuscirà a trasformare queste aperture in strumenti concreti di mediazione, potrebbe consolidare la sua posizione come attore indispensabile in un Medio Oriente in bilico.
Ma il terreno è minato: per Mosca, sbagliare passo significa rischiare di alienarsi sia Israele che l’Iran; per Israele, ogni concessione che percepisce come indebolimento può innescare una crisi politica interna; e per gli altri attori regionali in primis Hamas, l’Autorità Palestinese, l’Arabia Saudita, l’Egitto c’è sempre la posta alta del ruolo che vorranno o potranno giocare.
In un’epoca in cui le alleanze sono fluide e i fronti multipli si intrecciano, la conversazione tra Putin e Netanyahu non è casuale: è un segnale che la diplomazia russa intende restare protagonista, e che il futuro assetto mediorientale si deciderà non solo a Washington o Doha, ma anche a Mosca.

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