Garlasco, Giada Bocellari a Ignoto X: “Vivo tutta questa vicenda con grandissima inquietudine. Come avvocato e come cittadina mi sento davvero in uno stato di forte agitazione”
È una voce carica di tensione e contraddizioni quella che si è levata ieri sera nello studio televisivo di Ignoto X, con l’intervento dell’avvocata Giada Bocellari legale di fiducia di Alberto Stasi che, interrogata sulle nuove svolte dell’inchiesta relativa al delitto di Chiara Poggi a Garlasco (13 agosto 2007), ha dichiarato: «Vivo tutta questa vicenda con grandissima inquietudine. Sono rimasta sotto shock per due giorni dopo le perquisizioni. Devo essere sincera: non avrei mai immaginato che si potesse arrivare a un’ipotesi accusatoria di questo tipo. Come avvocato e come cittadina, mi sento davvero in uno stato di forte agitazione». La7.it+1
Questa frase, pronunciata con la voce tesa e lo sguardo attento, ben sintetizza la precarietà dell’equilibrio tra dimensione pubblica e dimensione personale che gravitano attorno a una vicenda tragica che da quasi vent’anni tiene viva l’attenzione mediatica, giudiziaria e sociale.
Tra diritto, passione e senso del dovere
Per Bocellari, la fase attuale del caso segnata dai nuovi rilievi tecnici sulle tracce genetiche, dalle perplessità circa la catena di custodia dei reperti, e dall’ingresso nel dossier giudiziario del nome “Ignoto 3” non è più un mero esercizio professionale. È una battaglia di verità, in cui l’avvocato si trova anche come “cittadina” ad attraversare un contesto di sospetti, pressioni e sfiducia nelle garanzie processuali.
La legale, che da anni segue il dossier Stasi con assiduità, ha spesso mescolato alle sedi formali del contraddittorio giudiziario la tensione esistenziale di chi nutre un forte coinvolgimento personale. Nell’intervista serale ha ammesso candidamente di essersi sentita «spaesata e agitata» alla scoperta della nuova inchiesta un contrasto netto rispetto a quella che lei definisce una linea di “difesa costante ma rigorosa, mai emotiva” nei confronti del cliente. IlSussidiario.net
E tuttavia, ieri sera, ha voluto mettere in chiaro che non si trattava di uno sfogo retorico: «Quando le perquisizioni sono arrivate, non pensavo si potesse arrivare a certe ipotesi accusatorie. Mi sono sentita immersa in un mondo al limite della fiducia». Parole che rivelano tanto la complessità del caso quanto la stanchezza che grava su chi è abituato a combattere una guerra per le ragioni della giustizia.
Il nodo “Ignoto 3”: tra tecnica forense e implicazioni giuridiche
Al centro delle polemiche e delle speranze difensive c’è il cosiddetto DNA Ignoto 3, rinvenuto su una garza utilizzata per il tampone orale della vittima. Secondo la difesa, il profilo genetico non appare compatibile né con Stasi né con l’altro attuale indagato, Andrea Sempio, e presenta caratteristiche che impongono di valutare attentamente l’ipotesi di contaminazione dei reperti. Fanpage+2IlSussidiario.net+2
«Chi parla solo di contaminazione ha detto Bocellari sbaglia: abbiamo un DNA completo, leggibile, nucleare e Y, da verificare». E ha aggiunto, con durezza crescente: «Se è normale che tutto sia contaminato, allora tiriamo fuori Stasi». Fanpage+1 La critica della legale va al “consenso tecnico” che, secondo lei, alcuni consulenti assumerebbero troppo facilmente: «Non accetto che si declini la contaminazione come una normalità. Se parliamo di errori, dobbiamo anche dire chi li ha fatti. E non ho mai accettato che si dica “era tutto contaminato” come se fosse un destino inevitabile». IlSussidiario.net+1
D’altra parte, la difesa non nega che l’ipotesi contaminazione debba essere esaminata con rigore. Piuttosto, chiede che non diventi un capro espiatorio automatico, privo di contraddittorio: «Se davvero “Ignoto 3” è frutto di contaminazione, è un fatto grave. Ma gravissimo è anche il suo peso investigativo, che non può essere cancellato con una formula generalizzata». IlSussidiario.net
Sul versante opposto, consulenti della parte avversa tra cui il generale Luciano Garofano insistono con fermezza sul fatto che il profilo emergente non sia affidabile come prova individualizzante, e che debba essere considerato alla stregua di un dato misto o parziale, con margini di errore e contaminazione. Il contraddittorio tecnico nel foro è ormai divenuto parte integrante del conflitto giudiziario.
Lo scontro nel campo delle consulenze e delle responsabilità
A rendere ancora più aspra la dialettica in corso è il confronto diretto tra Bocellari e consulenti che sostengono tesi opposte. Dal tono pungente dell’avvocata è emersa una critica severa della difesa tecnica avversa: «Non capisco come si possa affermare con assoluta certezza che la garza non fosse sterile ha detto riferendosi a Garofano , oltretutto chi dice questo non era presente all’epoca. Quel tampone non è mai stato aperto», ha aggiunto, sollecitando un maggiore rigore nella ricostruzione storico‑tecnica dei fatti. Il Giorno
La controversia su queste questioni è divenuta anche un terreno per affermazioni politiche e simboliche: Bocellari rilancia che, se la contaminazione fosse la norma accettata, il processo a Stasi stesso diventerebbe “oscurabile”, e chiede che ogni decisione non si fondi su “normalità intuitive”, ma su critérios procedure dimostrabili. IlSussidiario.net+1
Nel frattempo, anche sul fronte mediatico la difesa guidata da Bocellari ha lanciato un appello condiviso con altri legali (Lovati e Tizzoni) perché vengano evitati “eccessi informativi” e diffusione di “fake news” che possano danneggiare l’indagine o compromettere soggetti coinvolti. TGCOM24 Per Bocellari, non è solo una battaglia tecnica: è una lotta per mantenere la dignità del processo, anche sotto i riflettori accesi dell’opinione pubblica.
Il clima di sospetto e la pressione esterna
Dietro il contraddittorio tecnico e le dichiarazioni da studio televisivo, si avverte un’atmosfera carica di sospetti e incertezze. Bocellari, in passato, aveva già denunciato episodi di pedinamenti nei suoi confronti e del collega Giarda, e addirittura l’invio di messaggi attribuiti a sedicenti “sensitivi” che parlavano di vicende legate al satanismo, insinuando che le indagini difensive si stessero avventurando in territori pericolosi. Libero Quotidiano
Questa dimensione quasi esoterica è stata tuttavia evocata da Bocellari come esemplare del clima di intimidazione che, a suo parere, accompagna da anni l’indagine: «Non posso né escludere né confermare collegamenti», aveva dichiarato in un intervento di qualche anno fa. Libero Quotidiano
La pressione sull’avvocato è evidente non solo nelle parole ma nei silenzi: la “shock experience” legata alle ultime perquisizioni citata ieri indica che non si trattava di un mero “eco mediatico”, ma di un evento vissuto come traumatizzante anche sul piano personale.
Un caso che riapre ferite – per la vittima e per il processo
L’intervento di Bocellari a Ignoto X non è stato solo una performance difensiva: è stato un momento in cui la questione del delitto di Chiara Poggi ha ricomposto le sue contraddizioni, e ha mostrato quanto la memoria individuale dell’avvocato, dei condannati, delle parti offese continui a vivere dentro un processo senza fine.
Da un lato, chi sostiene la revisione del processo guarda al “fatto nuovo” del DNA Ignoto 3 come una leva possibile per riaprire il caso. Dall’altro, chi custodisce la tesi della colpevolezza (in primis la ricerca della famiglia Poggi e i consulenti che hanno sostenuto la colpevolezza di Stasi) guardano con sospetto a qualsiasi elemento che possa rimettere in discussione impalcature consolidate.
Tra queste opposte posizioni, Bocellari ha rivendicato con forza la propria legittimità di “vocero non neutrale, ma rigoroso”: «Non è un esercizio retorico, è una responsabilità», ha detto ieri sera, con voce ferma ma stanca. E l’ha fatto in un contesto nel quale ogni parola può generare reazioni, interpretazioni e polemiche.
Se, dunque, “Vivo con inquietudine” non è soltanto un titolo forte in un servizio televisivo, rappresenta la tensione esistenziale di chi si trova a navigare un percorso processuale diventato anche percorso umano, in un caso dove ogni dato ogni prelievo, ogni consulenza, ogni interpretazione si carica del peso della memoria e del dolore.
In un domani che appare incerto, resta il bisogno che prevalga il metodo, il contraddittorio tecnico, e il rispetto delle garanzie processuali, per quanto sfiancanti e lente possano essere. Chi cerca la verità come avvocato e come cittadina non dovrebbe essere confinato in uno “stato di agitazione”, ma piuttosto protetto da un sistema che sappia contenere tensioni e difendere la giustizia nella sua dimensione più fragile.
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