Garlasco. Matteo Fabbri parla di DNA
A diciotto anni dal delitto di Chiara Poggi, il caso torna a infiammarsi. Nelle ultime settimane è tornato sotto i riflettori grazie alle nuove indagini che puntano verso Andrea Sempio, l’amico del fratello della vittima, e alle analisi genetiche che stanno venendo esaminate sotto la lente dell’incidente probatorio. In questo contesto si inseriscono le dichiarazioni del genetista Matteo Fabbri, che in passato è stato consulente della difesa di Alberto Stasi, il fidanzato di Chiara condannato con sentenza definitiva a 16 anni per l’omicidio.
Fabbri, intervenuto in diverse sedi mediatiche e giuridiche, ha offerto una prospettiva tecnica su tracce ancora da chiarire, ostacoli processuali e ombre sulla gestione delle evidenze fin dal 2007.
Il punto attuale dell’inchiesta e il ruolo del DNA
Da un lato, la procura di Pavia ha recentemente incaricato il genetista Carlo Previderè di condurre nuove analisi sul materiale biologico reperito su alcuni frammenti delle unghie di Chiara Poggi. Secondo la relazione, uno degli aplotipi maschili ottenuti è “perfettamente sovrapponibile” al profilo genetico attribuito da tempo ad Andrea Sempio. Agi+2Padovanews+2
Dall’altro lato, i consulenti della difesa hanno messo in rilievo diversi aspetti critici: la qualità del materiale genetico, la possibilità di contaminazioni, l’intervallo di tempo intercorso tra il delitto e i rilievi, nonché i limiti nella conservazione dei reperti.
In uno dei documenti già depositati emerge che, nelle prime verifiche sul caso Garlasco, su trenta fogli di acetato contenenti oltre cinquanta impronte, non è stato trovato “materiale sufficiente” per ottenere profili di DNA confrontabili neppure nell’impronta 10, un tempo indicata come potenzialmente “chiave”. Gazzetta di Parma+1
Ma questo non ferma l’attenzione sulle tracce genetiche sotto le unghie di Chiara: secondo Fabbri, se fosse effettivamente presente DNA estraneo agli stessi margini ungueali, potrebbe essere considerato una prova “regina”.
Le rivelazioni di Fabbri: accessi negati, impronte misteriose e scenari a due mani
In una recente intervista e durante partecipazioni televisive, Fabbri ha raccontato dettagli fino ad oggi poco noti.
Il “furto negato” dei rifiuti del 2007
Una delle sue affermazioni più controverse riguarda i rifiuti domestici della famiglia Poggi. Già nel 2007, sostiene Fabbri, la difesa avrebbe chiesto di analizzare il contenuto della pattumiera della villetta di Garlasco, potenzialmente ricca di tracce utili, ma gli venne impedito l’accesso diretto: “ci fu consentito soltanto di fotografare” il contenuto, senza che fosse concesso di prelevarlo o conservarlo per analisi successive. alanews.it+1
Secondo Fabbri, non è mai stata fornita una spiegazione ufficiale per questo rifiuto. Tuttavia, oggi quel materiale — se ancora disponibile — potrebbe avere un ruolo cruciale nell’incidente probatorio in corso, soprattutto nelle comparazioni genetiche. IlSussidiario.net+1
L’impronta n. 5 e la “mano” sulle scale
Un altro elemento che ha richiamato l’attenzione è l’“impronta figurata” sulla scena del crimine: una traccia che richiama la forma di un palmo di mano, individuata alla base delle scale dell’abitazione. Fabbri ne ha parlato in tv, sostenendo che — quando entrarono nell’abitazione la scena era già stata soggetta a sopralluoghi che “avevano modificato” l’originale disposizione degli oggetti e delle tracce. IlSussidiario.net+1
Secondo il genetista, quell’impronta non può coincidere con la mano della vittima, che non mostrava le mani insanguinate al momento dell’aggressione. Ciò avvalora l’ipotesi di una mano estranea, femminile o maschile, che avrebbe potuto intervenire nel movimento del corpo o nel trasporto. corrieredisiena.it+2IlSussidiario.net+2
Tuttavia, Fabbri preferisce mantenere cautela: non si sbilancia sull’identità del “proprietario” dell’impronta, ma invita perizia rigorosa per chiarirne origine e compatibilità genetica. IlSussidiario.net+2alanews.it+2
Dubbi e critiche: le zone d’ombra del DNA
La linea difensiva che Fabbri e gli avvocati di Stasi intendono far valere non manca di argomentazioni tecniche, che portano a interrogativi non secondari:
Persistenza del DNA sugli angoli ungueali: Fabbri osserva che la permanenza di DNA sotto le unghie (margini ungueali) è un punto estremamente vulnerabile e che, date le attività quotidiane (lavarsi, fare docce), i profili genetici possono degradarsi o essere rimossi in breve tempo. IlSussidiario.net+1
Materiale genetico degradato o insufficiente: i rilievi delle impronte e del DNA spesso sono parziali, deteriorati o al limite della soglia utile per comparazione. Ciò rende assai delicata ogni inferenza. IlSussidiario.net+3Gazzetta di Parma+3ANSA.it+3
Contaminazione incrociata: la possibilità che tracce estranee si siano depositate successivamente alla scena — durante spostamenti, fotografie, ispezioni — è un rischio ben noto nelle scienze forensi e che la difesa ribadisce come plausibile.
Intervallo temporale e manipolazioni della scena: l’ingresso delle parti in vari momenti del tempo, i sopralluoghi successivi, le operazioni di bonifica, hanno potuto modificare la scena e mescolare tracce, anche in via accidentale.
In sostanza, secondo Fabbri, anche se emergesse un profilo genetico compatibile con Sempio, ciò non basta a stabilire con certezza che fu lui l’autore dell’omicidio, senza un contesto credibile e coerente dal punto di vista tecnico-scientifico.
“Prova regina” o suggestione?
Fabbri non nasconde che se il DNA sotto le unghie della vittima fosse realmente attribuibile a Sempio si tratterebbe di un indizio molto forte. Tuttavia, egli segnala che il valore di tale traccia va valutato insieme ad altri elementi (impronte, sangue, movimenti, testimonianze) e che non va idealizzato come una “prova assoluta”. corrieredisiena.it+1
Inoltre, Fabbri solleva la questione della mano estranea sulla scena: se l’impronta alla base delle scale fosse davvero quella di un soggetto diverso dalla vittima, ciò aprirebbe scenari di complicità, trasporto del corpo, movimenti non convenzionali da spiegare con la sola presenza di Stasi.
“Bisogna evitare che il DNA diventi un pretesto per ignorare lacune e incongruenze,” ha affermato, invitando periti esterni e terzi a operare con rigore, trasparenza e confronto scientifico.
L’udienza dell’incidente probatorio e il futuro giudiziario
Il 9 aprile, davanti al gup Daniela Garlaschelli, sono stati fissati compiti e termini per il conferimento dell’incarico peritale, i quesiti ai tecnici e l’analisi dei reperti. Il perito terzo, nominato dal giudice, dovrà valutare autonomamente compatibilità, attendibilità e valore delle tracce genetiche. La Stampa+2la Repubblica+2
Gli esiti del procedimento saranno fondamentali per decidere se la posizione di Sempio continuerà a essere indagata e se la ricostruzione processuale dovrà essere rivista. In parallelo, la difesa di Stasi potrà sollevare questioni di attendibilità, metodo e correttezza delle operazioni passate.
È da osservare inoltre che, nelle ultime settimane, è emerso che il DNA sotto le unghie, considerato per anni “non attribuibile”, è stato ritenuto da altri esperti “utilizzabile” in vista del confronto con Sempio. Notizie.com
Conclusione: una scienza incerta, un processo aperto
Il delitto di Garlasco è un caso che ha già attraversato processi, appelli, perizie e media con grande attenzione pubblica. Oggi, a distanza di quasi due decenni, l’attenzione si concentra ancora sul DNA: lo strumento più rivoluzionario della scienza forense, che tuttavia non è garanzia di certezza se le tracce sono deboli, contaminate o degradate.
Le parole di Matteo Fabbri offrono una visione tecnica intrisa di scetticismo metodologico: il DNA non è, secondo lui, una bacchetta magica, ma uno strumento che deve essere interpretato con rigore, insieme a tutti gli altri elementi del puzzle investigativo.
Se il giudice terzo, dopo il confronto tecnico, dovesse ritenere credibile la compatibilità genetica con Sempio, allora l’ombra sull’innocenza di Stasi potrebbe allungarsi ma resterebbe aperto il problema di come integrare quel dato in una dinamica coerente del delitto.
Resta dunque un processo aperto, costellato di interrogativi tecnici, cautele scientifiche e attese giudiziarie. E in questo intreccio tra scienza, diritto e cronaca, il DNA al di là del clamore appare più che mai una prova delicata, da maneggiare con competenza e prudenza.











