L’Italia è un partner privilegiato degli USA: ecco perché “Trump ha messo super dazi del 107 % sulla pasta italiana”
In un clima internazionale ormai segnato da tensioni commerciali e rivalità geopolitiche, l’Italia rischia di trovarsi in prima linea. Negli ultimi giorni, è circolata la notizia forte e inquietante che l’amministrazione Trump starebbe per imporre un dazio del 107 % sulla pasta italiana, conseguenza di una presunta pratica di dumping. Anche se le cifre e le modalità vanno verificate con cautela, dietro a questa misura si celano dinamiche ben più profonde: l’Italia resta uno dei partner privilegiati degli Stati Uniti, ma proprio per questo è maggiormente esposta. Ecco perché.
Un legame commerciale profondo: USA e Italia
L’Italia e gli Stati Uniti mantengono da decenni un rapporto commerciale e strategico di grande intensità. Gli Stati Uniti sono uno dei mercati più importanti per il Made in Italy, e moltissime imprese italiane considerano l’export oltreoceano essenziale per la propria crescita.
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Nel 2024, le vendite di prodotti italiani negli Usa sono state stimate intorno ai 65 miliardi di euro. QuiFinanza+2Geopolitica.info+2
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Il commercio Italia–USA complessivo, includendo beni e servizi, è valutato intorno ai 90–93 miliardi di euro. La Stampa+1
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L’Italia è tra i paesi dell’Unione Europea con la più alta esposizione relativa: la percentuale di vendite extra‑UE dirette verso gli Stati Uniti è superiore alla media europea (22,2 % vs. 19,7 %). Il Foglio+2QuiFinanza+2
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Parallelamente, gli investimenti diretti italiani negli Stati Uniti sono rilevanti, sia in termini di capitale che di imprese che operano su suolo statunitense. QuiFinanza+2Il Foglio+2
Questa interdipendenza spiega in parte la forza diplomatica reciproca: l’Italia gode di un peso maggiore nelle relazioni transatlantiche rispetto a molti altri Stati europei, e gli USA considerano il nostro paese non solo un alleato politico, ma anche un interlocutore economico di rilievo.
Tuttavia, questa posizione privilegiata può trasformarsi in vulnerabilità se i rapporti si incrinano. E la prospettiva – concreta – di dazi extra‑ordinari fa emergere che il privilegio non è sinonimo di impunità.
Il presunto dazio del 107 % sulla pasta: cosa sappiamo
L’ipotesi che circola in questi giorni riguarda un dazio astronomico: il 107 % su esportazioni di pasta italiana verso gli USA. Secondo fonti informali spesso rilanciate sui social media e forum – questa misura sarebbe motivata da un’indagine antidumping contro due marchi italiani (La Molisana e Garofalo), che avrebbero praticato prezzi “troppo bassi” negli Stati Uniti per conquistare quote di mercato. Aggiungendo un sovrappiù del 91,74 % alla tariffa esistente del 15 %, si arriverebbe appunto a quel valore estremo.
Va precisato che, ad oggi, non c’è conferma ufficiale da istituzioni statunitensi attendibili che parli esplicitamente di un dazio del 107 %. Le notizie che circolano vanno interpretate con cautela: potrebbero includere cifre non definitive, stime o ricostruzioni giornalistiche basate su fonti non confermate.
Detto ciò, l’idea stessa di un dazio così elevato mette in luce elementi centrali delle relazioni commerciali italo‑americane:
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L’export agroalimentare italiano è esposto: il settore alimentare, e in particolare i prodotti “di bandiera” come pasta, vino, olio, rappresentano una fetta significativa delle nostre esportazioni verso gli USA. Il Foglio+4la Repubblica+4QuiFinanza+4
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L’antidumping come strumento di difesa commerciale: gli Stati Uniti hanno una lunga prassi di avviare indagini antidumping su prodotti esteri ritenuti sottoprezzo, per tutelare l’industria interna. Un caso concreto, se verificato, non sarebbe una novità istituzionale.
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Effetto deterrente politico e negoziale: un annuncio così forte crea pressione politica sul governo italiano e sulla UE, costringendo a negoziazioni e potenzialmente favorendo concessioni in altri ambiti commerciali o diplomatici.
In sintesi: anche se la cifra del 107 % potrebbe essere, in prospettiva, un’arma negoziale o un avvertimento più che un impegno definitivo, l’intento è chiaro: ribadire che nessun settore può considerarsi “fuorilegge” rispetto alla giurisdizione commerciale statunitense.
Perché l’Italia è più vulnerabile di altri
Se l’Italia è un partner privilegiato per gli Stati Uniti, è proprio per questa ragione che rischia di essere colpita in modo più incisivo:
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Maggiore esposizione export: come già sottolineato, una quota più consistente delle nostre vendite extra‑UE è destinata agli USA rispetto a molti Paesi competitor.
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Settori strategici e di valore aggiunto: moda, meccanica, prodotti di lusso, agroalimentare e alimentari “premium” sono filiere in cui l’Italia eccelle; ma sono allo stesso tempo più soggette a contestazioni di prezzo, certificazione, standard sanitari, controlli doganali. Supply Chain Italy+4La Stampa+4la Repubblica+4
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Dimensione delle imprese: molte aziende esportatrici italiane sono PMI, che dispongono di margini più ridotti per assorbire shock tariffari pesanti. La Stampa+2Supply Chain Italy+2
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Connessioni nelle filiere globali: l’Italia esporta non solo prodotti finiti, ma anche semilavorati che entrano in catene di produzione globali. Un dazio su una filiera può avere effetti a cascata su molte imprese interconnesse. La Stampa+3la Repubblica+3Il Foglio+3
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Ruolo geostrategico nel Mediterraneo e nella UE: l’Italia è ponte tra l’Europa, il Mediterraneo e l’Africa; il suo peso politico è maggiore rispetto a molti altri Stati membri UE. Gli USA vedono l’Italia come baluardo strategico, e le tensioni commerciali assumono anche valore simbolico e diplomatico.
Le conseguenze attese (e i rischi)
Se un dazio del genere venisse effettivamente imposto, le ricadute sarebbero serie:
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Crollo dell’export specifico: le esportazioni della pasta verso gli Stati Uniti sarebbero praticamente invendibili, con danni diretti alle aziende italiane coinvolte.
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Effetti indiretti sull’intero settore alimentare: per reazione, alcuni produttori potrebbero aumentare i prezzi nel mercato interno per compensare le perdite, causando rincari per i consumatori. Reddit+2Reddit+2
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Effetto domino sulla catena produttiva: diminuzione dei ricavi per fornitori, trasportatori, confezionatori, logistica internazionale.
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Pressione politica e diplomatica: il governo italiano e la UE dovranno reagire, potenzialmente con contromisure, negoziati o rappresaglie commerciali (anche se la politica commerciale resta competenza UE).
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Danno d’immagine per il Made in Italy: una misura percepita come “ingiusta” può alimentare sentimenti di sfiducia nei confronti del mercato statunitense da parte di altri operatori, diminuendo gli investimenti futuri.
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Fragilità in altri settori: la minaccia di dazi generalizzati non si limita alla pasta. Già si parla di possibili misure su auto, farmaci, bevande, chimica. La Stampa+3Il Foglio+3ANSA.it+3
Secondo analisti e associazioni di categoria, l’imposizione di dazi addizionali generali del 10 % o 20 % farebbe calare le esportazioni italiane verso gli USA rispettivamente del 4,3 % o anche del 16,8 %. Supply Chain Italy+2La Stampa+2 Confartigianato ha stimato un rischio di perdita export fino a 11 miliardi di euro. La Stampa+1 Un dazio “anormale” come il 107 % supererebbe ampiamente queste stime, generando un trauma commerciale.
Le contromisure possibili
Cosa può (e deve) fare l’Italia, da subito e nel medio termine?
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Attivare il dialogo diplomatico e commerciale: il governo italiano dovrà intervenire rapidamente, sostenuto dalla Commissione Europea, per richiedere chiarimenti ufficiali e opporsi a misure eccessive.
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Coinvolgere la UE come soggetto unico: essendo la politica commerciale una competenza dell’Unione, ogni risposta italiana dovrà passare per Bruxelles.
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Difesa legale e antidumping controricorsi: le imprese italiane colpite potrebbero presentare ricorsi presso organismi americani o internazionali, utilizzando esperti antitrust e compliance del commercio internazionale.
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Diversificazione dei mercati: accelerare l’esportazione verso altri mercati extra‑UE per ridurre la dipendenza dagli Stati Uniti.
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Supporto finanziario alle aziende vulnerabili: misure pubbliche per aiutare le PMI ad assorbire il colpo, innovare, migliorare efficienza e qualità.
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Lobbying strategico e cooperazione europea: fare pressione congiunta con altri Stati membri UE colpiti per un fronte comune contro misure commerciali punitive.
L’ipotesi di un dazio del 107 % sulla pasta italiana è ancora da confermare nella sua forma definitiva, ma rappresenta un segnale d’allarme forte per i legami economici tra Italia e Stati Uniti. L’Italia non è agli occhi americani un paese qualsiasi: è un partner economico, politico e culturale con rilevanza europea. Ma proprio per questo, le tensioni commerciali che coinvolgono gli Stati Uniti rischiano di colpire con maggiore durezza le imprese italiane, specie nei settori esposti.
Il vantaggio storico della posizione “privilegiata” dell’Italia non garantisce immunità: al contrario, la rende più visibile, più controversa e più vulnerabile alle strategie commerciali aggressive. In un contesto globale che sembra premere verso il ritorno del protezionismo, all’Italia servono strategie resilienti e una diplomazia capace di difendere le sue ragioni, prima che molti “campioni” del Made in Italy vengano messi alla porta.
Nota: questo articolo è basato su fonti giornalistiche e analisi disponibili al momento. Poiché molte dichiarazioni restano di carattere interlocutorio o non confermate ufficialmente, alcune cifre o scenari possono evolvere nei prossimi giorni.











