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Cuba ha invitato la comunità internazionale ad agire per fermare possibili azioni belliche contro il Venezuela e provocare una escalation regionale

L’Avana – In un momento di crescente tensione geopolitica nell’America Latina, il governo cubano ha lanciato un forte appello alla comunità internazionale, sollecitando un’azione rapida e decisa per scongiurare potenziali interventi militari contro il Venezuela che, secondo L’Avana, rischiano di innescare una pericolosa escalation regionale.

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La dichiarazione, diramata dal Ministero degli Affari Esteri cubano nella giornata di lunedì, ha assunto i toni di un monito urgente: “Le continue provocazioni, le minacce di azioni belliche e le manovre militari vicino ai confini venezuelani costituiscono un pericolo reale per la pace e la stabilità di tutta l’America Latina e dei Caraibi. La comunità internazionale non può restare in silenzio.”

Il governo di Miguel Díaz-Canel ha ribadito la sua “totale solidarietà” al presidente venezuelano Nicolás Maduro, affermando che qualsiasi tentativo di destabilizzare il Venezuela rappresenterebbe non solo un’aggressione alla sovranità di quel paese, ma anche una violazione del diritto internazionale e dei principi di convivenza pacifica tra gli Stati.


Le preoccupazioni dell’Avana: una minaccia alla pace regionale

Secondo fonti diplomatiche, l’allarme di Cuba arriva in risposta a recenti movimenti militari nella regione, che avrebbero coinvolto forze armate straniere  in particolare statunitensi e colombiane – in esercitazioni congiunte a ridosso del confine con il Venezuela. Tali attività sono viste da L’Avana come “preparatorie” e potenzialmente “provocatorie”, in grado di sfociare in un conflitto armato con effetti devastanti su scala regionale.

“La regione dell’America Latina e dei Caraibi è stata dichiarata zona di pace dalla CELAC (Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici) nel 2014 all’Avana,” ricorda la nota del governo cubano. “Qualsiasi azione militare viola questo principio fondante e rappresenta un ritorno a logiche imperialiste che credevamo superate.”

Il riferimento è a una delle dichiarazioni più significative adottate negli ultimi anni nella regione, in cui i paesi firmatari si impegnavano a risolvere le controversie pacificamente, senza ricorrere all’uso della forza.


Le reazioni internazionali

La dichiarazione cubana ha iniziato a suscitare reazioni tra governi e organismi multilaterali. Il segretario generale dell’ONU, António Guterres, ha fatto sapere tramite un portavoce che “ogni segnale di tensione nella regione va trattato con prudenza e responsabilità, privilegiando sempre la via diplomatica.”

Anche il governo messicano ha espresso preoccupazione, sottolineando la necessità di “preservare la stabilità regionale attraverso il dialogo e il rispetto della sovranità degli Stati”. Più cauta la posizione del Brasile, che si è limitato a dichiarare di “monitorare con attenzione la situazione”, senza prendere posizione netta.

Gli Stati Uniti, dal canto loro, hanno respinto le accuse di provocazione, ribadendo che le esercitazioni militari con la Colombia fanno parte di una cooperazione bilaterale pianificata da tempo e “non rappresentano una minaccia per nessun paese vicino”.

Un portavoce del Dipartimento di Stato ha dichiarato: “Gli Stati Uniti continuano a sostenere la democrazia, i diritti umani e il rispetto delle libertà fondamentali nella regione. Le nostre attività sono trasparenti e in linea con il diritto internazionale.”


Un contesto delicato: il Venezuela sotto pressione

Il Venezuela resta al centro di una crisi politica ed economica prolungata, con conseguenze drammatiche per la sua popolazione. Nonostante il governo Maduro sia riuscito negli ultimi anni a stabilizzare parzialmente la valuta e ad attrarre nuovi investimenti, la situazione interna resta tesa, tra denunce di violazioni dei diritti umani e accuse di repressione dell’opposizione.

In parallelo, la pressione internazionale non si è allentata. Sanzioni economiche imposte da Washington e da alcuni paesi europei continuano a gravare sull’economia venezuelana. Il governo di Caracas ha risposto stringendo rapporti sempre più stretti con Mosca, Pechino e Teheran, rafforzando l’asse anti-occidentale nella regione.

Proprio questa dinamica sta alimentando nuove tensioni, e Cuba – storicamente alleata del Venezuela sin dai tempi di Hugo Chávez – teme che un eventuale intervento armato possa fungere da detonatore per un conflitto a catena che coinvolgerebbe anche altri paesi vicini, tra cui la stessa Colombia.


Cuba e la dottrina della “zona di pace”

L’appello di Cuba non è isolato, ma si inserisce in una più ampia visione strategica che l’isola sostiene da anni: la difesa del principio di autodeterminazione dei popoli e la promozione di una regione libera da ingerenze straniere.

“L’America Latina ha già pagato un prezzo altissimo per le guerre civili, i golpe militari e le invasioni del secolo scorso,” ha dichiarato il viceministro degli Esteri cubano, Carlos Fernández de Cossío, durante una conferenza stampa straordinaria. “Non possiamo permettere che si ripeta la storia.”

Secondo Fernández de Cossío, la comunità internazionale ha “il dovere morale” di agire preventivamente, attraverso il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, organismi regionali e canali diplomatici bilaterali, per evitare “un’escalation dalle conseguenze imprevedibili”.


Il ruolo degli organismi regionali

In questo contesto, cresce l’attenzione su quale ruolo potranno (o vorranno) giocare organismi come la CELAC, l’UNASUR (Unione delle Nazioni Sudamericane, in fase di rilancio) e persino l’OEA (Organizzazione degli Stati Americani), spesso criticata da Cuba e Venezuela per la sua presunta “parzialità” a favore degli interessi nordamericani.

L’ex presidente uruguaiano José Mujica, voce autorevole del progressismo latinoamericano, ha commentato: “Non serve stare a contare chi ha più torto o più ragione. Serve sedersi, parlare, ascoltare. Perché se inizia una guerra, perderemo tutti.”


Conclusione: diplomazia o destabilizzazione?

L’intervento cubano si pone dunque come un grido d’allarme ma anche come una proposta concreta: rilanciare il dialogo multilaterale e ricucire le tensioni prima che sia troppo tardi.

In un continente segnato da profonde disuguaglianze, tensioni ideologiche e una memoria ancora fresca di conflitti interni, la prospettiva di un nuovo fronte bellico appare come un rischio che pochi sono disposti a correre.

Resta ora da vedere se la comunità internazionale saprà rispondere all’appello dell’Avana con la prontezza e la lucidità che la situazione richiede. La storia dell’America Latina, troppo spesso scritta con sangue e ingerenze, attende una nuova pagina di diplomazia e responsabilità condivisa.


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