Stephen King vs Trump: è l’autore più censurato d’America con 87 libri rimossi dalle biblioteche a causa dei temi trattati: sessualità, migrazione, violenza e discriminazione
Washington, 10 ottobre 2025 – Stephen King, il celebre “re dell’horror”, è diventato suo malgrado l’autore più censurato negli Stati Uniti nel corso dell’anno scolastico 2024‑2025. Secondo il rapporto Banned in the USA promosso da Pen America, 87 dei suoi titoli sono stati rimossi – temporaneamente o permanentemente – da biblioteche nelle scuole statunitensi, in 206 casi distinti. I motivi ufficiali: temi giudicati controversi come sessualità, identità di genere, migrazione, violenza e discriminazione. laRegione+6ANSA.it+6laRegione+6
Questo fenomeno avviene in un momento politico polarizzato, in cui la cultura – in particolare quella scolastica – è diventata terreno di scontro tra conservatori, che reclamano un ritorno a valori “tradizionali”, e progressisti, che denunciano la censura come minaccia alla libertà d’espressione. E Donald Trump, tornato al centro della scena politica, viene frequentemente citato nei ragionamenti sull’aumento delle pressioni ideologiche che spingono verso restrizioni su ciò che si può insegnare o leggere a scuola. Il Foglio+2Il Difforme – Quotidiano Indipendente+2
Cosa dice il rapporto Pen America
Il rapporto evidenzia che 6.870 casi di libri ritirati o limitati si sono verificati nelle biblioteche scolastiche nell’anno scolastico 2024‑2025. Sebbene sia un numero inferiore al picco dell’anno precedente, resta largamente superiore a quelli di qualche anno fa, prima che l’organizzazione iniziasse a monitorare i casi con sistematicità. ANSA.it+2laRegione+2
Gli Stati dove la maggioranza dei divieti è concentrata sono Florida, Texas e Tennessee, i quali rappresentano l’80% dei casi registrati. In contrasto, Stati come Illinois, Maryland e New Jersey segnalano pochissimi divieti grazie a leggi che limitano la possibilità per distretti scolastici o autorità locali di rimuovere libri dalle biblioteche. Il Foglio+3ANSA.it+3laRegione+3
Tra le opere di King spesso prese di mira ci sono Carrie e The Stand (L’ombra dello scorpione nella versione italiana). Anche altri romanzi meno esplicitamente “horror” sono coinvolti, in quanto presentano scene violente, temi di abuso, o riflessioni su discriminazione razziale o identità di genere. ANSA.it+2la Repubblica+2
Trump, il conservatorismo e la cultura del “woke”
Mentre il rapporto Pen America non attribuisce direttamente tutte le rimozioni delle opere a decisioni prese in base a direttive federali, segnala chiaramente un’influenza crescente da parte di politiche statali e locali che fanno leva su temi come “protezione dei minori”, “moralità”, “identità nazionale”, “decoro” e opposizione al cosiddetto “woke”. Il Foglio+1
Donald Trump, che nelle sue campagne ha fatto del contrasto alla censura percepita come “politicamente corretta” uno dei suoi cavalli di battaglia, è spesso richiamato dai giornali come simbolo di questo vento conservatore. Sebbene non esista un ordine esecutivo federale che impone specificamente la rimozione dei libri di King o di altri autori, le leggi statali approvate nei posti “rossi” (ovvero dominati dal Partito Repubblicano) tendono a dare potere ai genitori, ai distretti scolastici e agli amministratori locali di sfidare o bandire testi ritenuti inappropriati. Il Foglio+1
Ad esempio, in Florida, leggi recentemente approvate permettono ai residenti o ai genitori di segnalare libri con contenuti sessuali o “pornografici” affinché vengano rimossi, anche se ciò significa rivedere collezioni che includono temi LGBTQ+, razziali, di discriminazione o violenza. il Centro+1
Reazioni: King, scrittori, difensori della libertà di espressione
Stephen King stesso ha reagito con durezza: «Ora sono l’autore più bandito negli Stati Uniti con 87 libri. Posso suggerire di prenderne uno e vedere di che cosa si lamentano? I censori moralisti non sempre ottengono ciò che vogliono. Questa è ancora l’America, dannazione» ha scritto sui social. il Quaderno+2laRegione+2
Difensori della libertà di stampa e organizzazioni come Pen America parlano di “censura preventiva”: non si attendono che qualcuno protesti, ma si rimuovono libri per evitare potenziali controversie, pressioni sociali o politiche, critica da genitori conservatori, o persino per evitare problemi legali. ANSA.it+1
Critici conservatori, d’altro canto, sostengono che certe opere non siano adatte a bambini o adolescenti, che scuole e biblioteche debbano proteggere i minori da contenuti che potrebbero essere ritenuti troppo espliciti, violenti o provocatori. La questione diventa un conflitto su chi decide cosa sia “innocuo” e cosa sia “offensivo”. ◆
Implicazioni: istruzione, diritti civili e accesso alla cultura
La censura di King è più che un episodio singolo: è un indicatore di come la cultura, l’istruzione e il diritto alla libertà d’espressione stiano diventando un terreno di battaglia politico e legislativo negli Stati Uniti.
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Accesso alla lettura: i ragazzi di scuole pubbliche rischiano di perdere la possibilità di leggere opere che affrontano temi difficili ma importanti, come violenza, discriminazione, identità di genere, migrazione. Questo può limitare la loro visione del mondo, ridurre il confronto con realtà diverse.
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Precedente legale: leggi statali o statuti locali che permettono la rimozione di libri per motivi morali o ideologici creano un pericolo per la libertà intellettuale, specialmente se l’interpretazione di ciò che è “controverso” rimane vaga e soggetta a pressioni esterne.
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Clima di autocensura: scuole, biblioteche, insegnanti potrebbero evitare di acquistare o mantenere certi titoli per paura di contestazioni, controversie, tagli ai finanziamenti. Ciò può portare a una forma di censura non dichiarata ma diffusa.
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Effetto sulle minoranze: molti dei testi rimossi contengono personaggi o temi legati a minoranze razziali, identità LGBTQ+ o migranti. La loro rimozione rischia di marginalizzare ulteriormente le voci già meno rappresentate e di cancellare esperienze che potrebbero essere rilevanti per molti studenti.
La vicenda di Stephen King come autore “più bandito” non è solo un dato curioso ma un segnale forte di come, negli Stati Uniti contemporanei, la battaglia per la libertà di espressione rischi di spostarsi sempre più verso i banchi di scuola e le biblioteche. Di come la democrazia culturale non sia un fatto acquisito ma qualcosa da difendere ogni giorno – contro leggi, politiche, pressioni sociali che vorrebbero definire cosa sia “appropriato”.
Donald Trump e le sue alleanze politiche non sono protagonisti esclusivi ma fanno parte di un contesto più ampio: una riscoperta del conservatorismo culturale che si confronta con cambiamenti profondi nella società su sessualità, migrazione, razza, identità. King, che nei suoi libri spesso esplora queste aree, diventa inevitabilmente un bersaglio.
In definitiva, la domanda che si impone è questa: che società sarà un paese che rimuove sistematicamente libri? Quale immagine del mondo si trasmette alle nuove generazioni se solo alcune storie si possono leggere? E, almeno per chi difende la libertà culturale, quale sarà la risposta contro quelle cancellazioni?











