Arrestato in Turchia e consegnato a Mosca il capo della rete mondiale che vendeva organi
Istanbul, 15 ottobre 2025 — È finita in un anonimo scalo dell’aeroporto internazionale di Istanbul la lunga latitanza di Aleksei Voronin, 52 anni, ritenuto il capo di una delle più vaste e spietate reti internazionali di traffico di organi umani. L’uomo, cittadino russo, è stato arrestato sabato sera dalla polizia turca, su segnalazione dell’Interpol, mentre tentava di imbarcarsi con documenti falsi su un volo per il Qatar. Domenica, dopo una richiesta formale delle autorità russe, Voronin è stato estradato a Mosca.
L’arresto è il risultato di un’indagine internazionale durata oltre cinque anni, condotta congiuntamente da Europol, Interpol, servizi segreti russi (FSB) e con la collaborazione di almeno otto Paesi tra Europa, Asia e Medio Oriente. Secondo quanto riferito da fonti vicine all’inchiesta, Voronin guidava una rete criminale con ramificazioni in più di 30 nazioni, specializzata nel reclutamento, nel trasporto e nella vendita di organi umani destinati principalmente a clienti facoltosi in Asia e negli Stati del Golfo.
Una rete ben strutturata
La struttura dell’organizzazione, secondo le prime ricostruzioni ufficiali fornite dal ministero degli Interni russo, era “sofisticata, gerarchica e operava sotto la copertura di cliniche private, enti di beneficenza e società mediche di facciata”. Al vertice, Voronin coordinava i flussi di denaro, le comunicazioni tra i diversi intermediari e persino il reclutamento delle vittime: migranti, rifugiati, persone indigenti, spesso attirate con promesse di lavoro o con falsi interventi medici gratuiti.
Le indagini hanno documentato almeno 137 casi confermati di trapianti illegali effettuati negli ultimi tre anni. Tuttavia, si sospetta che il numero reale possa essere molto più alto. Gli organi più richiesti erano reni, fegati e, in alcuni casi, cuori, per trapianti ad alto rischio condotti in strutture sanitarie private con complicità medica e amministrativa.
Reazioni e sviluppi
L’arresto di Voronin ha scatenato reazioni a catena. Il presidente russo, Vladimir Putin, ha commentato la notizia definendola “una vittoria della giustizia contro un crimine disumano”. Il Cremlino ha inoltre promesso un processo rapido e trasparente. Da parte sua, il ministro degli Interni turco Ali Yerlikaya ha sottolineato l’efficacia della collaborazione internazionale, dichiarando che “la Turchia non sarà mai un rifugio per criminali di questa portata”.
Nel frattempo, l’Interpol ha fatto sapere che sono ancora attivi numerosi mandati di cattura internazionali per sospetti affiliati alla rete, tra cui alcuni medici, funzionari doganali e operatori sanitari compiacenti.
Diritti umani e omertà
Organizzazioni internazionali per i diritti umani hanno chiesto massima trasparenza e protezione per le vittime sopravvissute, molte delle quali rischiano ora ritorsioni o espulsione nei Paesi di origine. Amnesty International ha definito il caso “uno specchio delle drammatiche vulnerabilità dei più poveri nel mondo globalizzato”.
Voronin è ora detenuto in una struttura ad alta sicurezza nella regione di Mosca. L’inizio del processo è previsto entro la fine dell’anno. Gli inquirenti temono che parte dei segreti dell’organizzazione possa scomparire con lui, se non si riuscirà a spezzare il muro di omertà che ancora circonda le attività residue della rete.











