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Paolo Battaglia La Terra Borgese: “È Natale 1983, l’Arte compiange Joan Miró, che non appartenne al Surrealismo”

All’età di 90 anni compiuti, il 25 dicembre 1983, a Palma di Maiorca, in Spagna, Joan Miró i Ferrà, pittore, scultore e ceramista spagnolo, esponente del Surrealismo, dell’Arte moderna, e del Dadaismo transita nelle Valli Celesti. Il critico d’arte Paolo Battaglia La Terra Borgese lo descrive come “l’unico in grado di dar voce all’intima essenza di quel delicatissimo momento storico della pittura italiana che dà vita al Surrealismo, giusto perché, in realtà, il pittore spagnolo – puntualizza il critico -, non appartiene sostanzialmente ad alcuna scuola. E Wikipedia: Miró fu uno dei più radicali teorici del surrealismo, al punto che André Breton, fondatore della corrente, lo descrisse come “il più surrealista di noi tutti”

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La Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Museo Statale Italiano su Viale delle Belle Arti a Roma – precisa Paolo Battaglia La Terra Borgese – conserva la prova che il mondo di Joan Mirò è di pura immaginazione, inconfondibile, inimitabile, oltre ogni surrealistico pensare: si intitola Il compianto degli amanti (“El lamento de los amantes”), ed è un olio su tela del 1953 che misura 46×38 cm.

La critica artistica di Paolo Battaglia La Terra Borgese  al dipinto di Joan Mirò: il ponte interpretativo.

Le prime opere di Mirò sono state, sotto l’influenza della scuola, figurative nel senso più tradizionale, spesso ispirate a Van Gogh – spiega il Critico. Dopo il 1919 tuttavia l’artista subisce il contagio del Cubismo e abbandona di colpo il linguaggio figurativo. Cinque anni dopo espone il suo primo quadro “soggettivo”.

Che cosa vuol dire “soggettivo”? L’opera d’arte deve essere, come è,  una invenzione dello spirito. Perciò essa non raffigura la realtà esteriore, ma proietta all’esterno il mondo che sta dentro di noi o che nasce dalla nostra immaginazione.

Da allora Mirò elabora il suo stile nell’ambito del movimento surrealista, di cui firma anche il primo manifesto. Le sue immagini fanno pensare ai “graffiti” infantili sui muri o alle forme preistoriche rinvenute nelle caverne: si tratta di segni leggeri, estrosi, sinuosi, senza significato apparente, o allusivi a simboli freudiani, che danno nell’insieme una sensazione di gioco, di incanto, di freschezza, di ingenuità spesso senza malizie e pudori.

Questo Il compianto degli amanti, è un’opera tipica  dello stile apparentemente infantile di Mirò. Ogni segno è un simbolo, e non deve trarci in inganno ciò che riusciamo a ravvisare, per esempio la falce di luna.

Si tratta di forme inventate, di un puro gioco della fantasia, che deve comunicare anche allo spettatore la felicità dell’invenzione.  André Breton, il teorico del surrealismo, ha dichiarato che “Mirò è il più surrealista di tutti”.

In realtà – chiarisce lo studio approfondito di Paolo Battaglia La Terra Borgese -, il pittore spagnolo, spirito libero, sì fu uno dei padri della pittura moderna, ma non appartenne sostanzialmente a nessuna scuola: il suo è un mondo di pura immaginazione, inconfondibile, inimitabile. L’artista fu un narratore di racconti favolosi e lirici, un poeta dell’immagine che viveva abitualmente appartato, alle Baleari, e da lì si ispirava alle abitudini di quei popoli, per la sua pittura; per esempio, corse di tori e corride, rivissute attraverso il suo particolare linguaggio.

 

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