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Bomba distrugge le auto di Ranucci conduttore di Report e della figlia. Gli autori firmano in calce alle auto distrutte

Un ordigno rudimentale ma efficace, posizionato nella notte tra mercoledì e giovedì, ha distrutto l’automobile di Sigfrido Ranucci.   L’esplosione, avvenuta intorno alle 3 del mattino, ha svegliato l’intero vicinato. L’auto, una berlina nera, è andata completamente distrutta. I danni si estendono anche ad altre due vetture parcheggiate accanto compreso quella della figlia. Nessuno è rimasto ferito, ma la matrice intimidatoria appare chiara.

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Gli inquirenti non escludono nessuna pista, ma l’ipotesi più accreditata è che si tratti di un gesto legato all’attività giornalistica del conduttore.

Ranucci, raggiunto telefonicamente poche ore dopo l’attentato, ha dichiarato: «Sono scosso ma non intimidito. È evidente che stiamo toccando nervi scoperti. Il nostro lavoro è disturbante per chi ha interessi da nascondere». Non è la prima volta che il giornalista riceve minacce. In passato, sia lui che altri componenti della redazione di Report hanno denunciato pressioni, tentativi di delegittimazione e atti intimidatori.

“Mia figlia ha posteggiato la sua auto ed è passata da lì venti minuti prima dell’accaduto – fa sapere ancora il conduttore -. Sembra che si tratti di un ordigno rudimentale, ma ora bisogna vedere la natura dell’esplosivo. Con tutte le minacce che riceviamo non è semplice risalire alla matrice”.

Le indagini sono affidate alla Digos e coordinate dalla Procura di Roma, che ha aperto un fascicolo per “attentato con finalità di terrorismo o eversione”. Gli investigatori stanno analizzando le immagini delle telecamere di sorveglianza della zona, nella speranza di individuare movimenti sospetti nelle ore precedenti all’attentato. L’ordigno, secondo fonti non ufficiali, sarebbe stato fabbricato artigianalmente ma con competenze specifiche: esplosivo a bassa potenza, confezionato per fare danni piuttosto che per uccidere.

Tajani: “Non esiste motivazione che possa giustificare questa violenza”

“Esprimo ferma condanna per il grave atto intimidatorio subito dal giornalista Sigfrido Ranucci e dalla sua famiglia, ai quali rivolgo la mia piena solidarietà. Non esiste motivazione che possa giustificare questa violenza”. È il messaggio su X del vice premier e ministro degli Affari Esteri Antonio Tajani.

Il mondo del giornalismo ha immediatamente espresso solidarietà a Ranucci. L’Ordine dei Giornalisti ha parlato di “atto vile contro la libertà di stampa”, mentre la Rai ha diffuso una nota in cui si condanna “con forza ogni tentativo di intimidazione contro i giornalisti della rete pubblica”. Anche diversi esponenti politici, sia di maggioranza che di opposizione, hanno espresso vicinanza al conduttore, sottolineando la necessità di proteggere chi fa informazione libera.

L’episodio riaccende i riflettori sul tema della sicurezza per i giornalisti d’inchiesta in Italia, dove  secondo l’Osservatorio sulla libertà di stampa  sono più di trenta i cronisti sotto scorta, spesso per aver indagato su criminalità organizzata, corruzione o malaffare politico. Report, in onda su Rai 3, è tra le trasmissioni più esposte: negli anni ha raccontato vicende scomode legate a mafie, poteri economici e apparati dello Stato.

Ora si attende che le indagini facciano chiarezza sull’identità di chi ha agito. Intanto, il messaggio lanciato nella notte romana resta forte e sinistro: si vuole colpire chi racconta ciò che molti preferirebbero restasse nascosto.

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