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Lgbtq+. I passi che la Chiesa deve ancora fare

La notizia: “Approvato a larghissima maggioranza (781 favorevoli, 28 contrari) il Documento finale durante la terza assemblea sinodale che si è svolta sabato a Roma. Tra i punti più dibattuti, l’apertura all’accoglienza di persone Lgbtq+ con l’invito a parrocchie e diocesi a non discriminarle” (Famiglia Cristiana del 25 ottobre). Il cardinale Carlo Maria Martini, nell’ultima intervista a padre Georg Sporschill disse che la Chiesa era rimasta indietro di 200 anni. Un passetto alla volta la Chiesa sta cercando di rimediare. Riguardo alle persone Lgbtq+ restano da fare ancora due passi importantissimi. Innanzitutto la Chiesa dovrebbe chiedere scusa per i secolari pregiudizi creati nei loro riguardi, per tutta la sofferenza arrecata a tanti innocenti. E poi dovrebbe cancellare dal Catechismo della Chiesa cattolica il termine “omosessualità”, e segnatamente gli articoli 2357, 2358 e 2359, dove si ha il piacere di leggere: “Appoggiandosi alla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, la Tradizione ha sempre dichiarato che gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati… In nessun caso possono essere approvati (2357). “Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali innate… costoro… devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza” (2358)”. Quanta generosità e gentilezza! E al 2359: “Le persone omosessuali sono chiamate alla castità”. Castità che non sarebbe quella degli sposi, né dei fidanzati, ma quella, tanto per fare un esempio, delle monache. La cosa divertente è che vi si legge anche: “A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione” (2358). Più di così?
Renato Pierri

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