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Nino Di Matteo: «Dire che la sentenza della Cassazione abbia escluso ogni rapporto tra Dell’Utri, Berlusconi e la mafia è semplicemente falso»

Il magistrato ­­Nino Di Matteo lancia oggi una presa di posizione netta: la ricostruzione secondo cui la Corte di Cassazione avrebbe definitivamente escluso qualsiasi legame fra l’ex senatore Marcello Dell’Utri, l’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e la criminalità mafiosa è «semplicemente falsa». Il tema è di quelli che toccano la memoria storica e giudiziaria del Paese, e rilancia questioni che fino ad oggi risultano ancora aperte.

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Il punto del magistrato

Nel corso di recenti interviste, Di Matteo ha ricordato che la sentenza definitiva del 2014 in cui Dell’Utri viene condannato per concorso esterno in associazione mafiosa  e che accerta «un patto pluridecennale tra Berlusconi e la mafia» – resta intangibile. wordnews.it+2antimafiaduemila.com+2
Il magistrato chiarisce che la pronuncia della Cassazione del 2025 che ha respinto la richiesta di sorveglianza speciale e confisca dei beni nei confronti di Dell’Utri riguarda esclusivamente le misure di prevenzione patrimoniali e la sua pericolosità sociale, non l’accertamento dei rapporti tra Dell’Utri, Berlusconi e la mafia. antimafiaduemila.com+2la Repubblica+2
Di Matteo afferma:

«Sostenere… che la recente sentenza della Cassazione… abbia escluso ogni rapporto tra Dell’Utri, Berlusconi e la mafia è semplicemente falso». wordnews.it+1

La sua ammonizione è rivolta verso una narrazione  a suo avviso  fuorviante: quella secondo cui la Suprema Corte avrebbe “scagionato” Berlusconi e Dell’Utri da ogni sospetto di collusione mafiosa.

Cosa ha stabilito la Cassazione

È opportuno chiarire cosa effettivamente ha deciso la Cassazione. Nell’ottobre 2025 la Corte ha respinto il ricorso della Procura generale di Palermo contro la decisione della Corte d’appello che aveva rigettato la sorveglianza speciale e la confisca dei beni nei confronti di Dell’Utri. I giudici hanno affermato che non risulta «mai processualmente provata alcuna attività di riciclaggio di ­Cosa Nostra nelle imprese berlusconiane, né nella fase iniziale di fondazione del gruppo né negli anni successivi». la Repubblica+3TP24+3TP24+3
Inoltre, viene precisato che è «indimostrata e illogica» la tesi secondo cui Berlusconi avrebbe versato somme a Dell’Utri al fine di ottenere il suo silenzio su presunti accordi con Cosa Nostra. TP24+1
Da queste premesse è nata l’affermazione  diffusa da media e commentatori  che la Cassazione avrebbe “absuelto” ogni sospetto. Ma, come Di Matteo sottolinea, le cose non stanno così.


Perché la ricostruzione è riduttiva e potenzialmente fuorviante

Tre motivi rendono complicato accettare la lettura semplificata secondo cui «non c’è più nessun legame»:

  1. Distinzione tra giudizio penale e misure di prevenzione
    La condanna penale definitiva di Dell’Utri per concorso esterno in associazione mafiosa (novembre 2014) è coperta da giudicato e accerta rapporti tra lui, Berlusconi e la mafia. antimafiaduemila.com+1
    La sentenza della Cassazione del 2025, invece, riguarda solo le misure di prevenzione patrimoniali e la richiesta di sorveglianza, non il merito penale di quelle relazioni. Questo significa che rigettare una misura di prevenzione non equivale a negare automaticamente il precedente accertamento penale.
    Come chiarisce un commento critico:

    «La Suprema Corte non ha ancora scritto alcuna sentenza che “esclude” Berlusconi da ogni legame con Dell’Utri, né ha detto che quest’ultimo non ha avuto rapporti con Cosa Nostra. Non esiste». la Repubblica

  2. Persistenza della condanna di Dell’Utri
    Dell’Utri è stato condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. Questo fatto resta un pilastro. E, come sottolineato da Di Matteo, in quella sentenza si afferma che Dell’Utri ebbe ruolo di “mediatore e garante” di un patto fra Berlusconi e la mafia tra il 1974 e il 1992. wordnews.it+1
    Annullare o smentire quel giudicato richiederebbe strumenti diversi rispetto alla decisione di prevenzione patrimoniale.

  3. Rischio di rimozione della memoria storica
    Il magistrato avverte che la ricostruzione corrente  secondo cui «la Cassazione ci ha tolto tutto» rischia di essere una forma di revisionismo giudiziario e mediatico:

    «Il patto tra Berlusconi e la mafia non si può cancellare con la propaganda». antimafiaduemila.com
    L’importanza del tema è alta: non solo per la verità processuale ma anche per la percezione pubblica e la memoria civile dell’Italia degli anni ’70-’90.

L’eco della sentenza ha generato reazioni forti nei media e nella sfera politica. In particolare, esponenti del centrodestra hanno accolto la pronuncia della Cassazione come la definitiva “sigla” dell’estraneità di Silvio Berlusconi dai rapporti mafiosi. Per esempio, la figlia Barbara Barbara Berlusconi ha parlato di «persecuzione giudiziaria e politica fondata sul nulla». la Repubblica+1
Dall’altro lato, ambienti antimafia e alcuni magistrati – tra cui lo stesso Di Matteo – temono che invece si stia costruendo una narrazione che alleggerisce la portata di fatti accertati in precedenza.

La posta in gioco è alta: va oltre l’aspetto personale dei protagonisti. Tocca la credibilità delle istituzioni, il rapporto fra politica e mafia, il senso della memoria storico-giudiziaria nel nostro Paese. Se infatti una sentenza penale ha accertato un patto, l’impoverire quella verità a fronte di letture semplificate può generare effetti di delegittimazione del lavoro delle procure e dei tribunali che hanno indagato per decenni.

Chi sostiene che la Cassazione abbia “scagionato” Berlusconi e Dell’Utri si appella principalmente a due elementi:

  • la sentenza che rigetta la misura patrimoniale, definendo “non provata” l’attività di riciclaggio o i versamenti a Dell’Utri come riconducibili a rapporti di amicizia e riconoscenza. TP24+1

  • la lettura che l’assenza di condanne dirette per Berlusconi significhi un’estraneità giudiziaria totale.

Tuttavia, come evidenziato, queste argomentazioni non tengono conto della distinzione fra fasi processuali e della storicità delle condanne già pronunciate. Di Matteo lo sottolinea quando afferma che «questa recente sentenza … riguarda esclusivamente la misura di prevenzione … non mette in discussione la sentenza definitiva». antimafiaduemila.com
In altre parole: rigettare una richiesta di misura di prevenzione non equivale a dichiarare che non ci siano rapporti o che questi rapporti fossero innocui o inesistenti.

L’intervento del magistrato invita ad alcune riflessioni immediate:

  • Verifica e attenzione mediatica: Occorre che i media e l’opinione pubblica prestino attenzione alla distinzione fra tipi di procedimento (penale vs misure di prevenzione) e fra ciò che è stato accertato con giudicato e ciò che non lo è.

  • Memoria e trasparenza: Poiché la condanna di Dell’Utri ha accertato rapporti e conseguenze, l’abbassamento del livello di attenzione rischia di “scivolare” verso la dimenticanza o la minimizzazione.

  • Ulteriori accertamenti: Come lo stesso Di Matteo ha ribadito, i magistrati continuano a ritenere che esistano ancora zone oscure nella vicenda degli anni delle stragi, della trattativa Stato-mafia e dei rapporti fra “mondi”. elisaguccione.it+1

L’intervento di Nino Di Matteo offre una chiave di lettura opposta alla narrazione dominante che vuole la Cassazione come punto finale di una storia di rapporti fra Berlusconi, Dell’Utri e la mafia. Al contrario, Di Matteo sostiene che la sentenza del 2025 non smentisce né cancella i fatti accertati in precedenza: la condanna di Dell’Utri nel 2014 rimane valida.
Pertanto, affermare che «la Cassazione ha escluso ogni rapporto fra Dell’Utri, Berlusconi e la mafia» significa, secondo lui, «diffondere una falsità». È un richiamo a non scaricare sulla cronaca il crollo della complessità, ad evitare letture semplificate che possono alimentare revisionismi e amnesie storiche.
In un Paese dove la relazione fra mafia, economia e politica ha segnato pagine drammatiche, l’ombra di quella relazione rimane. Il processo non è concluso semplicemente perché certi titoli lo vogliono. E Di Matteo invita tutti  magistratura, stampa, opinione pubblica  ad averne consapevolezza.

FOTO Il Fatto Quotidiano


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