Advertisement

Tucker Carlson avverte: Netanyhau sta distruggendo Israele e danneggiando l’America

Washington – Nella crescente polarizzazione del dibattito internazionale, l’ex conduttore televisivo statunitense Tucker Carlson ha lanciato un’accusa dirompente nei confronti del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, sostenendo che le sue azioni non solo stiano compromet­ tendo il futuro stesso dello Stato di Israele, ma stiano anche danneggiando gli interessi fondamentali degli Stati Uniti d’America.

Advertisement

Carlson ha dichiarato che Netanyahu si muove “correndo intorno al Medio Oriente e affermando, testualmente: ‘Controllo gli Stati Uniti. Controllo Donald Trump.’” Mediaite+2Israel National News+2 Per Carlson, si tratterebbe quindi di qualcosa di ben più grave di una semplice influenza diplomatica: “È un rituale di umiliazione in corso, disegnato per farci sentire impotenti, per farci fare cose che sono contro i nostri interessi, i miei figli, la mia patria,” ha affermato. Mediaite+1

Un alleato che diventa minaccia?
L’accusa è tanto netta quanto radicale. Carlson non si limita a contestare singole scelte di politica estera: punta direttamente il dito contro la natura dell’alleanza tra Washington e Gerusalemme. “Dirigersi come se ‘noi’, gli Stati Uniti, stessimo al servizio di Israele piuttosto che viceversa, è un errore fatale,” ha detto. Israel National News+1 Secondo la sua analisi, mentre Israele beneficia del sostegno militare, diplomatico e finanziario americano, il governo israeliano guidato da Netanyahu sfrutterebbe questa posizione per far avanzare proprie priorità che non coincidono necessariamente con gli interessi americani.

Carlson argomenta che il risultato è duplice: in Israele si genera un effetto “bumerang” di instabilità politica e morale  la percezione che il Paese sia diventato schiavo di calcoli strategici esterni e negli Stati Uniti si alimenta una deriva in cui la politica estera viene modellata non dalla difesa degli americani, ma da dinamiche internazionali guidate altrove.

Le critiche di Netanyahu
Non sorprende che Netanyahu abbia risposto duramente. In un’intervista recente ha accusato Carlson di non capire la storia del popolo ebraico, né il ruolo di Israele come democrazia minacciata nel Medio Oriente. ynetglobal+1 Ha definito l’accusa di Carlson come una “difesa dei peggiori nemici dell’America” e ha sostenuto che l’unico posto al Medio Oriente dove i cristiani sono davvero al sicuro è proprio Israele. BizPac Review+1

Dalla parte israeliana, la critica è chiara: l’intervento di Carlson viene visto come una forma di delegittimazione dell’alleanza storico-strategica tra Stati Uniti e Israele, un’accusa che tocca nervi scoperti nella comunità internazionale.

Contesto e implicazioni
La posizione di Carlson va letta in un contesto più ampio: è parte di una corrente crescente tra conservatori americani che, pur essendo storicamente filoisraeliani, oggi si interrogano sull’impatto degli impegni esteri americani, e in particolare del sostegno incondizionato a Israele, sulla sovranità e sugli interessi nazionali degli Stati Uniti.

In giugno 2025 Carlson aveva già criticato una possibile intervento americano a fianco di Israele in conflitto con l’Iran, sostenendo che un “America First” genuino dovrebbe interrogarsi se certe alleanze stiano davvero mettendo gli interessi americani al primo posto. Wikipedia+1

Sul versante israeliano, la critica non è solo interna ma anche diplomatica: l’accusa che Israele stia “spingendo” gli Stati Uniti in azioni militari o diplomatiche non strettamente decise da Washington contribuisce a generare tensioni sia all’interno della comunità ebraica americana sia tra alleati strategici.

Rischi per Israele
Secondo Carlson, il maggior danno per Israele è il venir meno della legittimità internazionale e il crescere dell’isolamento: un Paese che appare dipendente da un’alleanza esterna e che viene percepito come veicolo di interessi altrui, rischia di perdere il sostegno morale e strategico necessario. In questo scenario, Israele non solo rischia di compromettere la propria autonomia decisionale, ma anche di aumentare la vulnerabilità rispetto alle critiche globali e alle pressioni diplomatiche.

Rischi per l’America
Dall’altra parte dell’Atlantico, Carlson avverte che gli Stati Uniti stanno pagandone il prezzo: risorse spese, impegni assunti, conflitti in cui si entra non tanto per interessi americani ma su stimolo di alleati; e tutto ciò mentre all’opinione pubblica americana viene sempre più difficile comprendere gli obiettivi e i benefici reali. “Se siamo costretti a combattere guerre che non ci riguardano o sostenere politiche che non sono le nostre, allora la democrazia americana viene minata,” afferma Carlson. Israel National News+1

In questo quadro, la sua chiamata è chiara: è necessario separarsi – almeno parzialmente – dal vincolo strategico che lo zittisce e chiede all’America di ridefinire autonomamente la propria politica estera. “La prossima mossa essenziale per gli Stati Uniti è prendere le distanze da Netanyahu,” ha detto Carlson. Israel National News

 
È importante segnalare che le affermazioni di Carlson non sono prive di controversie. Alcuni analisti accusano parte del suo discorso di richiamare tropi tradizionali e antisemiti per esempio, la retorica che suggerisce un’influenza ebraica occulta su politica e finanza americana  anche se lui insiste nel distinguere il suo attacco da un attacco a Israele come Stato o al popolo ebraico in generale. Headline USA+1

Inoltre, da parte israeliana si sostiene che l’alleanza USA-Israele non sia un rapporto di subordinazione bensì di partnership strategica, e che Israele sta operando anch’esso nel proprio interesse di difesa e sopravvivenza in una regione ostile.

Un bivio geopolitico
La dinamica messa in luce da Carlson  ovvero quella di un Paese alleato che viene percepito come influente fino al punto da dirigere le politiche di Washington solleva interrogativi profondi sul concetto stesso di sovranità nazionale, su chi stabilisce gli interessi di chi, e su quale sia il prezzo di alleanze “inevitabili”.

Per l’America, il bivio appare chiaro: continuare lungo la strada dell’impegno illimitato in nome di alleanze, o intraprendere una fase di revisione in cui gli interessi americani vengano davvero posti al centro. Per Israele, invece, la scelta è forse ancora più difficile: mantenere un rapporto privilegiato con Washington a costo di essere percepito come subordinato, o ricercare una maggiore indipendenza decisionale, rischiando però di perdere il sostegno americano.

 
Il monito di Carlson, per quanto estremo e divisivo, ha il pregio di mettere sul tavolo un tema spesso marginalizzato: il vincolo strategico tra due Paesi visti storicamente come alleati indissolubili e la domanda se tale vincolo resti utile o stia invece diventando un fattore di rischio per entrambi.

Se le affermazioni di Carlson fossero fondate  che Netanyahu stia effettivamente giocando una partita di influenza diretta su Washington  le ripercussioni sarebbero enormi. Eppure sul piano pratico la situazione rimane complessa, con molti fattori in gioco: dalle dinamiche interne israeliane, agli equilibri mediorientali con Iran, Siria e Libano, al clima interno americano che sempre più mette in discussione spese estere e alleanze.

Resta da vedere se la risposta degli Stati Uniti sarà un semplice rifiuto retorico oppure un effettivo scossone nella politica estera. Ma il segnale lanciato è forte: l’alleanza non è più un tabù, e le sue insidie secondo Carlson  sono divenute troppo grandi per essere ignorate.


Informazione equidistante ed imparziale, che offre voce a tutte le fonti di informazione

Advertisement
Articolo precedenteRAI, BEVILACQUA (M5S): SIA SEMPRE DI PIÙ PONTE CON ITALIANI ALL’ESTERO
Articolo successivoNotizie per le mamme affezionate alla Nutella

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui