Garlasco — Il genetista Matteo Fabbri risponde al ministro Carlo Nordio: «Arrendersi non è opzione»
VILLADEI PASCOLI, Garlasco (Pavia) — Le parole del ministro della Giustizia Carlo Nordio, pronunciate il 28 ottobre al “Salone della Giustizia” di Roma, hanno riacceso il dibattito sul caso del delitto di Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto 2007 a Garlasco: «A un certo punto ha affermato Nordio bisogna avere il coraggio di arrendersi. È difficilissimo dopo 20-30 anni ricostruire una verità giudiziaria, lasciamola agli storici». Prima Pavia+2RaiNews+2
Immediata e decisa è giunta la risposta del genetista forense Matteo Fabbri, già consulente della difesa dell’imputato condannato per il delitto, che non ha nascosto il suo sconcerto: «Arrendersi? Il diritto alle indagini non ha scadenza» ha dichiarato alla stampa, ponendo l’accento su una verità ancora da chiarire, e sulle tracce che, nei suoi termini, «chiedono solo di essere interpretate».
La frase del ministro Nordio
Nordio ha parlato del caso Garlasco come di un «paradosso»: una inchiesta conclusa con sentenza definitiva per Alberto Stasi, condanna a 16 anni, e ora nuovi accertamenti che sembrano andare in direzione opposta. «Allora ha detto o era sbagliata la prima, o è sbagliata questa, oppure lo sono entrambe». E ha precisato che «il tempo non è solo padre della verità ma anche del oblio». La Provincia Pavese+1
Ha però sottolineato che «l’azione penale è obbligatoria» e che «se sorgono dubbi sulla colpevolezza del primo imputato è giusto indagare». ANSA.it
La reazione del genetista Fabbri
Matteo Fabbri, docente dell’Università di Ferrara e consulente esperto in genetica forense, ha risposto con fermezza: «Le indagini non hanno date di scadenza. Il servizio di una giustizia giusta non può contemplare la resa». In varie interviste degli ultimi mesi, Fabbri ha rilanciato alcune questioni tecniche fondamentali:
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la presenza di un profilo genetico estratto agli oggetti (tazzina, cucchiaino, bottiglietta d’acqua) nell’ambito della difesa di Stasi, poi oggetto della nuova perizia della Procura di Pavia su un soggetto terzo, Andrea Sempio. La Nuova Ferrara+1
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un retroscena di rilievo: durante la prima ispezione alla casa di Chiara Poggi, circa trenta giorni dopo l’omicidio, la difesa chiese di esaminare la pattumiera della villetta, ma l’accesso fu impedito. «Ci consentirono soltanto una foto ha raccontato Fabbri comparivano dei Fruttoli e un tè». Corriere di Siena+1
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La sua valutazione tecnica: «Sui margini ungueali di Chiara abbiamo trovato un dna maschile che tenendo conto che laviamo le mani spesso non può risalire ad un contatto casuale di giorni prima». RaiNews
Perché Fabbri contesta l’idea dell’arrendersi
Per Fabbri, l’idea che si debba “arrendersi” dopo decenni rischia di trasformare il diritto di ricerca della verità in una vittoria dell’oblio. Spiega: «Quando la genetica forense evolve, anche tracce che in passato erano ritenute non utilizzabili oggi possono essere confrontate. Non è mai solo questione di tempo, ma di metodo».
Sottolinea che il suo impegno tecnico riguarda non solo l’estrazione di DNA ma la catena di custodia, il confronto delle tracce, l’osservazione delle impronte tutti elementi che, se validi, meritano approfondimento. Alla luce di ciò, l’affermazione del ministro appare al suo avviso «una rinuncia concettuale al principio che la verità va cercata, non sospesa».
E conclude: «Se si pensa che dopo 20 anni la scena del crimine sia inutilizzabile si dà forza alle cause dell’error judiciarius, non al diritto delle vittime e delle famiglie».
Il delitto di Chiara Poggi a Garlasco è uno dei casi più noti e controversi della cronaca italiana. Alberto Stasi fu condannato in via definitiva nel 2015 a 16 anni per l’omicidio della fidanzata. Gazzetta di Reggio
Negli ultimi mesi sono state disposte nuove analisi genetiche dalla Procura di Pavia che coinvolgono Andrea Sempio, amico del fratello della vittima; in particolare, è stato evidenziato che uno dei profili maschili rilevati dalle tracce sotto le unghie di Chiara è «perfettamente sovrapponibile» a quello estratto da oggetti riconducibili alla difesa di Stasi. Il Tempo+1
Parallelamente, sono state repertate impronte latenti su sacchetti nella pattumiera e sul sacchetto dei cereali nella villetta della vittima, tracce che non erano state concretamente analizzate nei processi precedenti. ANSA.it+1
In questo quadro, la nuova indagine è vista come potenzialmente in grado di modificare la ricostruzione consolidata.
Le implicazioni dell’affermazione del ministro
Le parole di Carlo Nordio non sono passate inosservate: hanno provocato reazioni politiche e giuridiche. Per molti osservatori esse rappresentano una sconfessione implicita del principio che la giustizia debba sempre perseguire la verità, anche dopo molti anni. Il leader di Matteo Renzi ha definito «sconcertanti» le parole del ministro, sostenendo che in Italia la giustizia non può «arrendersi all’ingiustizia». Blitz quotidiano
Dal lato tecnico, alcuni giuristi avvertono che la nozione di «tempo limite» alla prosecuzione delle indagini potrebbe generare un precedente pericoloso, laddove la scienza forense continua a progredire e reperti ritenuti inutilizzabili in passato tornano ad avere valore.
Il messaggio di Fabbri e l’allerta al sistema
Il messaggio di Fabbri va oltre il solo caso Garlasco: pone l’accento sulla necessità di mantenere funzionale e attivo il sistema giudiziario e forense, anche dopo anni. «Un reperto non è scaduto perché sono passati venti anni osserva se la catena di conservazione è garantita e le tecnologie migliorate».
E ancora: «La presunzione di colpevolezza o di realtà consolidata non deve impedire il diritto alla revisione». In questo senso, Fabbri interpreta l’affermazione del ministro come un allarme per le vittime e per chi crede nei principi della giustizia: «Se diciamo che dopo venti anni bisogna arrendersi, creiamo un terreno in cui l’ingiustizia può prosperare».
Alla fine della sua dichiarazione, il genetista ha invitato a vedere il caso non come «una patologia dell’indagine» ma come «una sfida permanente alla capacidade tecnica, alla responsabilità delle istituzioni, all’aspirazione della società a conoscere la verità».
In un paese che spesso clip il tempo come nemico della giustizia, il confronto tra le parole del ministro Nordio e la risposta di Matteo Fabbri pone una domanda di fondo: è la durata a decretare la fine di un’indagine o sono i risultati e la loro attendibilità a stabilire quando si possa chiudere un caso? Il genetista Fabbri chiarisce la sua posizione con nettezza: non è un tema di resa ma di metodo, di rigore, e sopra tutto di diritto.
Per la cittadinanza di Garlasco e per tutte le parti coinvolte famiglia della vittima, condannato in via definitiva, nuovi indagati, forze dell’ordine e magistratura la portata simbolica è significativa: il tempo passa, le tecnologie progrediscono, la giustizia non può restare immobile.
Resta aperta la domanda: chi vincerà la partita della verità, la resa o la persistenza? In attesa delle perizie, degli incidenti probatori e delle decisioni che seguiranno, la parola “arrendersi” risuona forse come un monito, più che come una conclusione.











