Lʼavvocato di Mario Venditti scrive una lettera pignucolosa al ministro Carlo Nordio lamentandosi di come è trattato il suo assistito. Nordio risponde: “Su Garlasco bisogna arrendersi”
Una lettera che solleva dubbi, rimproveri e accenti quasi militanti. E una replica istituzionale che spiazza per il tono e per i contenuti. Il caso è quello della vicenda di Garlasco, che torna ad agitare i riflettori della cronaca giudiziaria e mediatica italiana. Al centro della controversia, l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti, oggi indagato dalla Procura della Repubblica di Brescia per corruzione in atti giudiziari, e il suo legale, l’avvocato Domenico Aiello, che ha indirizzato al ministro Nordio una missiva di denuncia che fa rumore.
La lettera dell’avvocato
Nella lettera indirizzata al guardasigilli Nordio, l’avvocato Aiello descrive un «vero e proprio assedio giudiziario e mediatico» nei confronti del suo assistito. «Le più elementari regole processuali e la stessa Costituzione paiono sospese nella vicenda “Garlasco”», scrive Aiello, lamentando che «tutto avviene a mezzo media e stampa dispiegate massicciamente a supportare le fazioni in campo». Il Giorno+3la Repubblica+3ANSA.it+3
In particolare, la difesa segnala che «sarebbe il terzo decreto di sequestro sui beni del dott. Venditti», indagato «da corruttore ignoto», nonostante il primo decreto sia già stato annullato dal Tribunale del Riesame di Brescia e il secondo resti sospeso in attesa di udienza. Il Giorno+2la Repubblica+2
Aiello chiede al ministro di intervenire a favore delle garanzie dell’indagato, «di sottrarre la critica di un giudicato al furor di popolo», di «ripristinare rispetto e decoro per la Giustizia». E rincara la dose parlando di «una campagna demolitoria in assenza di regole» nei confronti del suo assistito, che a suo dire si trova anche al centro di «una ampia indagine, senza confini o termini, tra Pavia (incompetente) e Brescia». gazzettadiparma.it+2ANSA.it+2
Il tema è dunque quello di una presunta sproporzione tra mezzi mediatici (e stampa) e sessione investigativa e processuale, di un’indagine percepita come priva delle ordinarie garanzie da parte della difesa, e di un clima che, secondo Aiello, «non serve la verità ma l’audience». iltempo.it
Il contesto e le accuse
Va ricordato che il caso in questione si inserisce nell’ormai complessa vicenda dell’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco nel 2007, e che ha visto nel corso del tempo sia condanne definitive sia riaperture e nuovi filoni investigativi. Wikipedia+1
Mario Venditti è indagato dalla Procura di Brescia per aver eventualmente archiviato la posizione di un indagato Andrea Sempio in cambio di denaro, nell’ambito di una rilettura del caso Garlasco. zazoom.it+1
La lettera dell’avvocato, quindi, assume una doppia dimensione: da un lato la protesta formale contro il modo in cui la vicenda sta evolvendo, dall’altro l’intento di sensibilizzare il ministero della Giustizia sul rispetto delle garanzie difensive e della presunzione d’innocenza.
Estratti della lettera dell’avvocato Aiello a Nordio
«Signor Ministro, torno a scriverLe per rappresentarLe la gravità di una situazione che travalica la vicenda del mio assistito, il dottor Mario Venditti, e che tocca le fondamenta stesse del rispetto della legalità processuale.»
«Le più elementari regole processuali e la stessa Costituzione paiono sospese nella vicenda “Garlasco”. Tutto avviene a mezzo stampa, con una esposizione mediatica massiccia e orientata, che non risparmia persone, uffici, istituzioni.»
«Siamo al terzo decreto di sequestro sui beni del dottor Venditti, indagato da corruttore ignoto: il primo è stato annullato dal Tribunale del Riesame, il secondo è sospeso, e un terzo si annuncia identico nei presupposti. È una situazione che appare giuridicamente e moralmente insostenibile.»
«È come se la critica di un giudicato fosse affidata non agli strumenti previsti dall’ordinamento, ma al furor di popolo e alle suggestioni mediatiche. Nessun rispetto per la presunzione di innocenza, nessuna tutela per chi si trova, dopo anni di onorato servizio, sbattuto sui giornali come simbolo di una giustizia deviata.»
«La Procura di Brescia ha aperto una indagine senza confini e senza termini, che si intreccia con altre inchieste paviesi, nonostante l’incompetenza territoriale sia evidente. È un vortice che sembra voler travolgere ogni equilibrio.»
«Non Le chiedo di interferire – sarebbe contrario alla Sua storia e al Suo ruolo –, ma di vigilare affinché la giustizia non diventi una macchina cieca che si muove sotto la spinta dell’opinione pubblica.»
«La giustizia non si amministra nelle redazioni dei giornali né nei talk show. Si amministra nei tribunali, nel rispetto delle regole. E qui, Signor Ministro, quelle regole non ci sono più.»
«La imploro, Signor Ministro, di ripristinare il decoro della giustizia e la dignità di chi la serve, anche quando sbaglia. Non si può demolire un uomo in assenza di prove, solo per soddisfare il bisogno di uno spettacolo collettivo.»
«Se la giustizia diventa spettacolo, nessuno sarà più garantito. Oggi tocca a Venditti, domani potrà toccare a chiunque.»
La risposta di Nordio
Non è tardata la replica del ministro Nordio, anch’essa piena di implicazioni, seppur espressa con tono istituzionale. Intervenuto al “Salone della Giustizia” di Roma, il Guardasigilli ha toccato la vicenda Garlasco con parole che hanno sorpreso molti: «Senza entrare nel merito, i cittadini assistono a un paradosso: ci sono delle inchieste parallele, una si è conclusa anni fa e una persona ha subito anni di prigione, e una adesso che va in direzione opposta». ANSA.it+1
Ha quindi aggiunto: «A un certo punto bisognerebbe avere il coraggio di arrendersi, è difficilissimo dopo 20-30 anni ricostruire una verità giudiziaria». Prima Pavia+1
Parallelamente, ha comunque precisato che «l’azione penale è obbligatoria» e che i magistrati che seguono la nuova inchiesta «sono persone serissime». RadioGold.it+1
L’osservazione del ministro in particolare l’espressione «arrendersi» ha generato un’immediata reazione politica e mediatica: da un lato interpretata come richiamo ad una riflessione sulla durata e sull’efficacia delle indagini a lungo termine; dall’altro criticata come segno di rassegnazione nei confronti della ricerca della verità. Open+1
La lettera e la risposta mettono a nudo alcune questioni centrali del sistema giustizia italiano.
1. Garanzie dell’indagato e strumenti mediatici
L’avvocato Aiello denuncia che, nel caso in esame, «le più elementari regole processuali e la stessa Costituzione paiono sospese». ANSA.it Il riferimento è alla potenziale lesione della presunzione d’innocenza, alla pubblicazione anticipata di notizie su decreti ancora non notificati alla difesa, e all’uso della stampa come strumento di pressione investigativa. Il problema sollevato è che l’indagato – anche se ex magistrato – possa trovarsi in una condizione di «piccolo David contro un Golia mediatico».
2. La mediatizzazione del caso
Il caso Garlasco, così come molti “cold case” italiani, ha una lunga storia di pubbliche inchieste, perizie televisive, narrazioni seriali. Aiello denuncia una «campagna demolitoria» che sacrifica forme e sostanze della giustizia sull’altare dell’audience. La difesa avverte che «uno degli abusi più gravi degli ultimi anni» potrebbe essere proprio la fusione fra cronaca e processo, con il rischio che la stampa diventi tribunale parallelo. iltempo.it
3. L’arco temporale e la difficoltà della verità
La risposta del ministro richiama la sfida del tempo: venti, trenta anni dopo un fatto, riscoprire tracce, prove, verità è operazione ardua. E questo lo ammette lo Stato nella persona del ministro della Giustizia: «ricostruire una verità giudiziaria è difficilissimo». Prima Pavia È un’ammissione che tocca il cuore dei processi lunghi, delle perizie complesse e della frammentazione investigativa.
4. Il messaggio politico-istituzionale
Le parole di Nordio sono state interpretate come un invito a riflettere sul fatto che non sempre la giustizia potrà – o vorrà – arrivare alla verità assoluta dopo decenni. E ciò apre il dibattito sul confine fra “giustizia giusta” e “giustizia tardiva”. Alcuni critici hanno definito la frase «arrendersi» come inadeguata, perché potrebbe trasmettere l’idea che il sistema si arrenda di fronte alle lacune investigative. Open
La vicenda rappresenta un banco di prova per più livelli istituzionali e culturali.
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Per la difesa: la richiesta di tutela del ruolo dell’indagato, anche quando si tratti di figure pubbliche (come un ex magistrato), e la denuncia di una «giustizia da social e da talk show».
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Per il ministero della Giustizia: la necessità di bilanciare l’obbligatorietà dell’azione penale con il rispetto delle garanzie e della durata ragionevole del processo.
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Per la stampa e i media: una riflessione su quanto il racconto mediatico possa influenzare le indagini e quanto invece debba rimanere sullo sfondo, rispettando la separazione fra cronaca e procedimento.
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Per il pubblico opinione: l’interrogativo sulla fiducia nel sistema: se un caso così noto resta “aperto” o “riaperto” decenni dopo, quale messaggio se ne ricava sulla certezza del diritto?
La lettera dell’avvocato Aiello e la risposta del ministro Nordio fissano due momenti emblematici di un contesto giudiziario e mediatico complesso. Da un lato, la protesta contro una dinamica che la difesa giudica ingiusta e sbilanciata; dall’altro, l’ammissione di un ministro che parla di «arrendersi» all’impossibilità, in certe condizioni, di ricostruire pienamente la verità.
Il caso Garlasco, ancora una volta, si trasforma in banco di prova. Non solo per la verità sul fatto delittuoso, ma per il modello di giustizia che il Paese vuole: una giustizia che sia forse più rapida, più trasparente, più bilanciata, o che almeno declini con chiarezza il compromesso fra tempistiche, garanzie e partecipazione mediatica.
Resta da vedere come reagirà il ministero alla missiva della difesa, quali azioni concrete se ce ne saranno saranno avviate in termini di garanzia degli indagati e tutela delle procedure, e se il detto «arrendersi» diventerà punto di partenza per una riflessione seria su tempi e strumenti della giustizia.
In ogni caso, la vicenda conferma che, quando cronaca, giustizia e media si intrecciano, il risultato è un campo di tensioni in cui le verità parziali, le attese e le speranze degli operatori e dei cittadini restano in bilico.











