Advertisement

La Svizzera che mi ha cambiata: tra piatti, silenzi e nuove prospettive

di Jessica Gravante

Advertisement

 

Mi chiamo Jessica Gravante, sono italiana e ho scelto la Svizzera come nuova casa e come laboratorio di vita.

Amo la gastronomia perché non è solo cibo: è linguaggio, identità, memoria. In ogni piatto che incontro ritrovo un pezzo di me, e da quando vivo qui ho imparato che la cucina non è solo passione — è anche rispetto, precisione, metodo.

L’Italia mi ha dato il fuoco, la fantasia e il cuore; la Svizzera mi ha insegnato la calma, la misura e il valore del silenzio.

 

Vivere in Svizzera significa respirare diversamente. L’aria è limpida, i treni arrivano al minuto, e ogni dettaglio sembra dire: “fai le cose bene, non di fretta.”

Anche i sapori lo raccontano. Qui la cucina non urla: sussurra. I profumi cambiano, i ritmi si dilatano, ma la qualità rimane altissima.

La fondue che si condivide, la raclette che si scioglie lentamente sul piatto, la rösti croccante di patate dorate — sono piatti che parlano di montagna, di convivialità semplice, di un legame profondo con la terra.

E poi ci sono i formaggi d’alpeggio, vere opere di pazienza, e il cioccolato, che qui è più che un dolce: è un simbolo di dedizione e artigianalità.

 

Nel settore della ristorazione, la Svizzera è un mondo a sé: più strutturato, più equo, più consapevole.

Le mance, ad esempio, non sono obbligatorie — il servizio è già incluso dal 1974 — ma oltre il 60 % dei clienti continua a lasciarle per riconoscenza.

È una cultura del rispetto, non della fretta.

Si lavora meno ore rispetto all’Italia, ma con un’intensità e una precisione altissime. Ogni turno è calcolato, ogni ruolo definito, e la qualità è la misura di tutto.

I salari sono più alti, ma anche le aspettative lo sono: qui non basta essere bravi, bisogna essere impeccabili.

 

Chi lavora nella ristorazione svizzera si muove in un settore che cresce, ma che pretende. I costi sono elevati, la concorrenza internazionale, ma l’opportunità di evolvere è reale.

La Svizzera non ti regala nulla, ma ciò che conquisti qui resta tuo.

 

E mentre assaggio un pezzo di Gruyère AOP o un cioccolato di Zurigo, mi accorgo che ogni gusto racconta il Paese che l’ha creato: ordinato, sincero, silenziosamente fiero.

Vivere e lavorare qui mi ha insegnato che il “buono” non è ciò che colpisce subito, ma ciò che resiste nel tempo.

La gastronomia svizzera non è solo tradizione: è metodo, equilibrio, sostanza.

 

Oggi, guardando indietro, capisco perché ho scelto questa terra.

Perché qui ho trovato la parte di me che cercava spazio e respiro.

La Svizzera mi ha cambiata: mi ha resa più precisa, più forte, più vera.

E mentre continuo a costruire il mio futuro tra profumi, piatti e progetti, porto con me una certezza: il gusto migliore è quello della crescita.

 

Informazione equidistante ed imparziale, che offre voce a tutte le fonti di informazione

Advertisement
Articolo precedenteTrionfo crotonese al Lucca Comics & Games: Debora ed Erica Longo vincono il Project Contest 2025 per il Manga italiano con “Il rapimento di Ila”
Articolo successivoArianna Dalla Zanna e la WineCave partners al Be.come di Napoli

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui