Ogni settimana diversi lettori si lamentano di non ricevere più “Il Punto”.
Poiché ho tutta l’intenzione di continuare a scriverlo, prego chi venga a trovarsi in questa situazione di avvisarmi via mail tenuto conto che non si riesce a capire il perché di questa auto-cancellazione che purtroppo continua da mesi. Ricordo che comunque – giù nella giornata di venerdì – IL PUNTO della settimana è visibile sul mio sito www.marcozacchera.it Grazie!
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Riassunto: I media italiani parlano di un fantomatico “piano di pace” che Di Maio avrebbe presentato a Russia ed Ucraina. Ottima iniziativa, solo che per ora nessuno sa di che cosa si tratti, interessati compresi. In diplomazia quando si vuole veramente costruire un accordo meno se ne parla prima meglio è, non si fa l’esatto contrario. Spiegatelo a “Giggino” che quando parla di intese a “doppio binario” rischia di far ricordare il caos interno al M5S dove – appunto – c’è il tutto contro tutti e si tengono binari ed atteggiamenti del tutto contrapposti e divergenti tra loro.
Intanto su ENERGIA, REFEENDUM E MAGISTRATURA alcuni spunti di riflessione.
L’IPOCRISIA DELL’ENERGIA
Il dibattito sull’approvvigionamento del gas russo ha rilanciato il problema delle energie rinnovabili e Ursula Von der Leyen è stata chiara: l’Unione Europea vuole che tutti i tetti europei siano coperti da pannelli solari per la produzione di energia elettrica ed entro il 2029 (ovvero dopodomani) lo siano – per cominciare – tutti gli edifici pubblici. Fantastico affare per le imprese del settore ricordando che Ja Solar, Jinko, LONGi Solar, Trina ecc. sono alcuni dei marchi più presenti sul mercato mondiale ed hanno in Cina, Taiwan e Corea le loro principali aree produttive.
A parte i tetti e l’economicità dei pannelli per produrre acqua calda evitando il consumo di gas, il grosso dei consumi si rivolge al grande mercato delle auto elettriche che è in piena espansione e sostenuto da forti inventivi pubblici. Il mantra del dover fuggire alle energie fossili è quotidiano, ma forse qualche numero andrebbe spiegato all’opinione pubblica, come fanno Celso Osimani e Ivo Tripputi in un loro recente testo controcorrente ma zeppo di dati e riferimenti.
Per esempio in Italia circolano circa 40 milioni di auto ad uso privato. Prendendo un’auto media elettrica come la Tesla che percorresse 12.000 km/anno avremmo bisogno di 2.800 kWh per quell’auto, ovvero di 112TWh/anno (fonti ACI) per il parco-auto nazionale. Come produrre questa energia abbandonando i combustibili fossili e rifuggendo dall’ energia atomica, vista come la peste del secolo? Nel 2020 in Italia con l’eolico si sono prodotti 18,5 TWh e quindi l’attuale parco eolico dovrebbe essere moltiplicato per sette solo per far funzionare le auto private in circolazione: colline punteggiate di pale oppure – più opportunamente – servirebbero grandi parchi eolici in Adriatico, l’unico mare italiano non troppo profondo.
Se invece passassimo al solare consideriamo la più grande centrale d’Italia (a Troia, in provincia di Foggia) che ha una superfice di 1,5 Kmq (più o meno 18 campi di calcio uno vicino all’altro) e 275.000 (!) pannelli in funzione con una potenza installata di 103 MW. La centrale – a regime ottimale – produce 150 GWh ed avremmo quindi bisogno di 750 (settecentocinquanta!) impianti come quello di Troia per soddisfare SOLO la domanda privata automobilistica. Significherebbe occupare 1.125 km. (millecentoventicinque chilometri quadrati!) con pannelli solari in aree prevalentemente di pianura, senza boschi, senza coltivazioni, senza abitazioni. Ricordando che l’Italia ha un territorio di circa 300.000 kmq significherebbe coprire di pannelli solari una intera provincia: è mai pensabile?
Attenzione, però, perché resterebbe comunque fuori dai conteggi tutto il traffico pesante (camion, bus ecc.) ovvero i mezzi più inquinanti e la ricarica dei mezzi avvererebbe prevalentemente di notte, quando la produzione solare è al minimo. Quante decine di milioni di batterie sarebbero necessarie per le auto e per conservare l’energia nel tempo? Come produrre, usarle, smaltirle e con quale sforzo di materie prime (tutte da importare in Europa) è una sfida che non è stata ancora risolta.
E qui, sommessamente, riemerge un’altra possibilità energetica che le autorità europee fanno finta di dimenticare, che quelle italiane aborriscono e che l’opinione pubblica è stata indottrinata a considerare come un disastro: l’energia nucleare.
In Italia parlarne è tabù anche se quasi il 10% dell’energia elettrica consumata nel nostro paese già oggi è di produzione nucleare (importata a caro prezzo dalla Francia, dalla Svizzera e prossimamente anche dalla Slovenia) ma è un dato che non va pubblicato troppo o, giustamente, ci si comincerebbe a chiedere perché mai l’Italia abbia abbandonato un percorso tecnologico che cinquant’anni fa la vedeva all’avanguardia e che oggi rappresenta il 79% dell’energia prodotta in Francia e cosa significa avere un ”rischio” appena al di là del confine anziché in casa nostra.
In Cina, in Asia, nell’Europa dell’Est sono in costruzione nuove centrali. Solo in Cina ci sono 12 nuovi centrali in costruzione incomparabilmente più moderne, sicure, automatizzate di quella già allora obsoleta di Cernobyl, ma quel disastro nucleare di ormai 36 anni fa – dovuto ad una serie incredibile e colpevole di errori umani – resta ancora un blocco psicologico e politico enorme.
Un lungo discorso – soprattutto sulle nuove prospettive delle centrali nucleari di “quarta generazione” – che andrebbe affrontato in Italia con prudenza ma senza ritardi e preconcetti, eppure se appena un ministro ne accenna è immediatamente a rischio di impeachment. Andiamo avanti quindi con tante nuove auto elettriche che così ci sentiamo tutti “green”, anche se buona parte della loro energia è tuttora prodotta proprio con i fossili o con energia nucleare importata dall’estero: quanta italica ipocrisia!
REFERENDUM SCONOSCIUTI
Il 12 giugno si voterà per i REFERENDUM SULLA GIUSTIZIA, promossi da Lega e Radicali, ma ancora oggi – praticamente – nessuno lo sa. Nessun dibattito, pochi spazi, niente comitati, pochi banchetti, niente manifesti: il fallimento è garantito, nel senso che vinceranno i SI alle abrogazioni (con dubbi sulla riforma della legge Severino), ma tanto non si raggiungerà il quorum e, sapendolo in anticipo, a maggior ragione molti non andranno a votare. Sarà già un gran risultato se voterà il 30% degli elettori.
E’ veramente strano questo paese che si lamenta sempre, ma poi si dimentica di andare a votare.
Ancora più vergognoso è comunque il silenzio delle TV e dei giornali che dedicano all’evento il “minimo sindacale” dello spazio in orari più o meno assurdi e nel disinteresse generale. “Servizio pubblico” della RAI”? Ma per carità: su “Televideo” a 15 giorni dal voto non ci sono neppure i quesiti referendari proposti!
Poi non lamentiamoci del perdurare di una Magistratura che non riesce ad auto-riformarsi, di una giustizia spesso “politica” (vedi da ultimo anche lo show del processo a Berlusconi “Ruby Ter”) dove il vero potere è in mano ai Pubblici Ministeri: la colpa è del disinteresse generale e quindi “nostra”.
FALCONE E BORSELLINO
E’ davvero incredibile che a 30 anni di distanza non solo non si sia riusciti ad attribuire le responsabilità precise sugli omicidi dei due Magistrati, ma si debba continuare ad ascoltare sempre più inverosimili ricostruzioni a metà tra lo scoop giornalistico e il depistaggio.
“Report” è una bella trasmissione che parla chiaro, ma se si cimenta su ricostruzioni di fatti sempre più lontani nel tempo rischia di perdersi nei veleni e nelle nebbie palermitane a tutto involontario (?) danno della verità.
Credo che la ricostruzione più seria sui “perché” delle stragi sia legata al coraggio di Falcone e Borsellino che indagavano seriamente sugli appalti delle cosche e sui loro contatti con la politica locale che in tutti i modi voleva fermarli.
Indagine difficile e resa ancor più impossibile dai veleni interni alla magistratura che non vedeva di buon occhio la visibilità e la crescita di due magistrati fuori dagli schemi e controcorrente che quindi andavano emarginati o quantomeno rallentati.
Questo il concetto delle cose, poi nella salsa ci si può mettere di tutto, dalle “trame nere” (ci mancavano…) ai servizi segreti deviati, alla P2, la Gladio ecc.ecc. La verità dei rapporti stato-mafia non si è mai capita (o si è volutamente nascosta) così come i contatti che la mafia aveva non solo con la politica, ma anche con parti della stessa magistratura.
Resta solo un aspetto da ricordare in questo grande letamaio: la levatura e il coraggio di due Magistrati che sono diventato un simbolo e un rimpianto per tutti gli italiani per bene.
IRENE MAGISTRINI
E’ mancata a Verbania la prof. Irene Magistrini, già esponente politica di sinistra e presidente della “Casa della Resistenza”. Non condividevo parte delle Sue idee, ma La ricordo per un episodio che Le va ad onore. Era il giugno 2009, ero stato appena eletto sindaco di Verbania e la prima cerimonia ufficiale cui partecipai con la fascia tricolore fu la commemorazione al sacrario dei 42 partigiani fucinati a Fondotoce. Grande tensione, urla ed insulti quando presi la parola. Irene allora sali sul palco, ottenne silenzio e con parole semplici ricordò che ero appena stato eletto sindaco democraticamente dalla maggioranza dei cittadini e che quindi – proprio in segno di rispetto al luogo in cui eravamo – quello stesso rispetto mi era dovuto.
Sul prato scese un grande silenzio e portai a termine serenamente il mio intervento, ovviamente senza offendere nessuno: Irene avrebbe potuto tranquillamente stare zitta, ma invece parlò: non l’ho mai dimenticato.
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