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Il caso: la tassazione dei redditi derivante dalla locazione delle unità immobiliari ad uso abitativo

In ambito legislativo non sono poche le volte in cui avvengono ingiustificate disparità di trattamento fiscale, per lo più unicamente motivate da esigenze di gettito fiscale.

Ci riferiamo al secondo comma dell’articolo 26 del TUIR che disciplina la tassazione dei canoni di locazione come modificato dall’articolo 3Quinquies del D.L. n° 34/2019 c.d. “Decreto Crescita” successivamente convertito nella Legge n° 58/2019.

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Questo comma in origine prevedeva “tout court” la tassazione dei canoni di affitto dei fabbricati a uso abitativo, anche se non percepiti, a meno che non si fosse concluso, entro la data della presentazione della dichiarazione dei redditi, il procedimento di convalida di sfratto per morosità.

La modifica del citato comma rende ora possibile non dichiarare il reddito dei canoni di locazione, se non percepiti, sin dal momento in cui è stata avviata la procedura di sfratto o quella di esecutiva di pagamento, ma attenzione solo per i contratti stipulati dal 2020 in poi.

E’ chiaro che una simile previsione normativa genera una palese disparità di trattamento fiscale tra i contribuenti che non hanno percepito dai loro inquilini i canoni di affitto, infatti, ad esempio, un contribuente che ha in essere un contratto di locazione dal 1° gennaio 2019 e che durante l’anno 2020 non ha percepito i canoni di affitto, dovrà procedere a dichiarare il reddito derivante dalla locazione se, entro la data di presentazione della dichiarazione dei redditi, non avrà ottenuto il provvedimento di convalida dello sfratto, mentre un contribuente, stante le stesse condizioni, ma che ha in essere un contratto di locazione dal 1° gennaio 2020, potrà non dichiarare il reddito se avrà solamente avviato la procedura di fratto o la procedura esecutiva di pagamento.

Fortunatamente, qualcuno si era accorto di tale incongruenza ed erano stati presentati degli emendamenti per rimuovere tale disparità in sede di conversione del D.L. n° 41/2020 c.d. “Decreto Sostegni”.

Proprio ieri il Parlamento ha approvato la conversione in legge, con modificazioni, del Decreto Legge 22 marzo 2021, n° 41, e in tale occasione è stato abrogato il secondo comma 2 dell’articolo 26 del TUIR.

Pensiamo comunque che questo non sia sufficiente e confermiamo quanto a suo tempo proposto alle forze politiche presenti in Parlamento (7 novembre 2019) nella fase di proposizione degli emendamenti al D.L. n° 124 del 26 ottobre 2019 “Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili”:

 “Emendamento proposto dalla Fondazione Commercialistitaliani:

1. I redditi fondiari concorrono nel momento in cui sono percepiti, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale, salvo quanto stabilito dall’articolo 30, per il periodo di imposta in cui si è verificato il possesso.

Omissis…..”

rimasto però lettera morta.

Sosteniamo, infatti, che la tassazione dei canoni di affitto debba avvenire per cassa.

In tal modo non si elimineranno definitivamente disparità di trattamento fiscale ma si eviteranno inutili successivi adempimenti, quali ad esempio l’utilizzo del credito d’imposta sui canoni non percepiti spettanti solo dopo l’esito del provvedimento di convalida dello sfratto per morosità, così come la successiva dichiarazione dei redditi derivante dal successivo incasso dei canoni a suo tempo non percepiti e obbligatoriamente già dichiarati.

Non finiremo mai di ribadire che, per la crescita del nostro Paese, vada prescelta la via della semplificazione anziché quella della complicazione.

Pesaro, 20 maggio 2021

FONDAZIONE COMMERCIALISTITALIANI

                                                                                      Angelo Galdenzi

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