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LA TEATRALITA’ DELL’IRRESPONSABILITA’

 

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Certo che a intelletto scardinato da ogni umana condivisione ultimamente andiamo alla grande, anzi alla grandissima. Mentre leggevo e guardavo i no green pass sfilare per le strade con indosso la casacca dei campi di concentramento nazisti per crearsi più visibilità nonchè una  robusta gran cassa mediatica, la mente mi ha riportato sui detriti indelebili della Shoah, a quella bimba Czeslawa Kwoka polacca cattolica, 14 anni, morta nel campo di sterminio di Auschwitz.  Terminata con un’iniezione di fenolo nel cuore. Una bambina innocente, colpevole di nulla, imputabile di niente.

Poco prima dell’esecuzione, malmenata senza alcuna pietà.

In molti, in tanti, sopraffatti da questa storia che ci portiamo addosso, da questa memoria che non può cadere all’indietro non farci rimanere annientati dal dolore dell’ incomprensibilità, dalla ferocia non solo dell’immagine, ma da come l’umanità spesso, sempre più spesso, ne esca con le ossa rotte, demolite.  Citiamo giustamente  questi accadimenti affinché tutti sappiano e nessuno dimentichi. Eppure qualcosa sta fuori posto, non quadra, come a dire che ricordare, rammentare, sottolineare, non lascia spazio sufficiente alla coscienza di ognuno e di ciascuno per “circondare” con immediatezza queste manifestazioni di teatralità della morte e della sofferenza, dell’ingiustizia, affinchè l’umana condivisione-compassione per un genocidio  non debba essere schernito da una strumentalizzazione che ne sottolinea l’ ipocrita non conoscenza. In corteo con la casacca sdrucita a righe verticali, senza sapere quale sofferenza è stata imposta a un popolo, a una, a dieci o cento generazioni. In colonna per protestare facendo leva sul dolore inenarrabile di milioni di innocenti andati al macero per una ideologia. In ordine sparso ma ben irreggimentati per gridare il proprio dissenso-diniego usando l’ingiustizia più grande da grimaldello della propria irresponsabile superficialità. Quella foto di bimba non può passare inosservata, tanto meno smanettata via senza un rigurgito di dignità fin’anche di vergogna, quanto meno perché non è possibile celarne lo sbalordimento e annichilimento per chi ha usato tanto maldestramente quell’innocenza. Oppure perché chi è sopravvissuto a tanta vita infranta, vita fatta a pezzi, vita smembrata e buttata, dentro il fumo salito per mille camini. Chi miracolosamente sopravvissuto ha potuto raccontare il freddo dell’ìabbandono, la tragedia del sangue e della tortura, il silenzio della morte di tanti e troppi innocenti. Chi sopravvissuto al potere assoluto dell’uomo, è costretto ancora oggi a fare i conti con l’irresponsabilità delle parole, dei comportamenti, degli atteggiamenti teatralmente scomposti.

 

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