Advertisement

Una storica vittoria sportiva: una questione di Stato

di Francesco S. Amoroso

Advertisement

 

 

La Coppa Davis è l’equivalente tennistico dei Campionati del Mondo di calcio, e la sola occasione per i professionisti di rappresentare la propria Nazione in una competizione sportiva.

Agli inizi del XX secolo, e precisamente nel 1901 a Boston si svolse un torneo tra una rappresentativa inglese e una compagine statunitense.

L’ideatore di questa sfida agonistica fu Dwight Filley Davis (Saint Louis 1879 – Washington 1945) uno studente appassionato di tennis, da cui il torneo prese nome, che promosse una competizione a squadre nazionali, commissionando a un gioielliere della città dove si tenne la sfida, la creazione della celebre Coppa che aveva, ed ha la forma di una grande insalatiera, ottenuta dalla fusione di 217 once di argento, sorretta da un supporto in legno sul quale viene inciso ogni anno il nome della nazione vincitrice.

Davis, passato in politica, fu Ministro della guerra (1925 – 29) e Governatore delle Filippine (1929 – 32).

Questa che stiamo per raccontare è la storia di una vittoria italiana da scrivere negli annali di questa disciplina sportiva.

Nel 1976 l’Italia avvolta nel clima pesante e opprimente degli anni di piombo, conquistò la finale di Coppa Davis con il contributo determinante di Adriano Panatta, che sempre in questo anno realizzò una storica doppietta, vincendo gli Internazionali d’Italia e il Roland Garros.

Il Cile aveva conquistato la finale grazie alla rinuncia di altre Federazioni in segno di protesta contro il regime del Generale Augusto Pinochet, che era asceso al potere grazie a un golpe che portò alla deposizione del governo del Presidente Salvador Allende, instaurando un sanguinoso regime dittatoriale durato dal 1974 al 1990.

La finale si disputò a Santiago del Cile sul campo del complesso dell’Estadio Nacional, dove nel 1973 Pinochet tenne prigionieri gli oppositori del golpe.

A seguito degli eventi cileni in Italia si infiammò il dibattito politico e sportivo al tempo stesso, se partecipare al torneo o meno.

Fu la prima volta nella storia del nostro Paese che una vicenda sportiva si inserì in maniera prorompente nel contesto politico dell’epoca.

La finale divenne una questione di Stato.

Le alte cariche italiane tentarono di boicottare la trasferta cilena.

L’allora Presidente del Consiglio Giulio Andreotti temporeggiava, l’estrema sinistra premeva per la non partecipazione dell’Italia, Bettino Craxi sosteneva che era più importante vincere la partita della democrazia cilena.

Alla fine il Coni decise di partecipare pressato dal capitano non giocatore Nicola Pietrangeli e con il sostegno di Enrico Berlinguer a favore della nostra partecipazione al torneo.

La Nazionale italiana, capitanata da Pietrangeli era composta da Adriano Panatta, Paolo Bertolucci, Tonino Zugarelli e Corrado Barazzutti.

La notte della vigila dell’incontro Panatta meditò di dare un segnale di vicinanza e solidarietà al popolo cileno, chiedendo a Bertolucci di scendere in campo nel doppio, giocando la prima parte del match con una maglia rossa, in segno di protesta verso il regime di Pinochet.

Questo gesto portò il Cile a formulare una richiesta formale di squalifica per gli italiani, episodio sottaciuto per anni, e aspetto poco noto di questa vicenda.

Panatta e Bertolucci batterono in quattro set i cileni regalando al nostro Paese la vittoria.

Fu l’unica vittoria conquistata dal nostro Paese in oltre 100 edizioni dalle origini ad oggi.

Un’impresa sportiva storica, tra le più prestigiose, che lo sport italiano non potrà mai dimenticare, tanto da venir celebrata il 6 dicembre 2016 con l’emissione di un francobollo in occasione del suo 40° anniversario.

 

Advertisement
Articolo precedenteGINO IORIO POETA DELL’ANNO 2021
Articolo successivoADDIO A DAVID SASSOLI PRESIDENTE UE DI GENTILE ASPETTO

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui