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Cnt: se persona muore di covid donazione organi controindicata

Cardillo: consentita se morte è per danno cerebrale o altro

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Roma – ‘Siamo soddisfatti dei risultati ottenuti quest’anno ma sappiamo anche che si può fare meglio. Considerato, però, quanto accaduto nel panorama sanitario nazionale ed internazionale, è un anno che ci lascia comunque soddisfatti’. Raggiunto dalla Dire, il direttore del Centro nazionale trapianti, Massimo Cardillo, non nasconde la propria gioia nel commentare i risultati emersi dal report 2021 del Cnt, che traccia un bilancio estremamente positivo dell’anno appena trascorso: +12,1% sul fronte delle donazioni di organi e del 9,9% su quello dei trapianti.

 

– Direttore Cardillo, nonostante la pandemia da Covid-19 il settore trapianti e quello delle donazioni fanno davvero sorridere e, soprattutto, guardare al futuro con grande speranza!

 

‘Sì, è così e confermo che si tratta di un bilancio positivo perché, di fatto, i trapianti sono tornati ai livelli di pre pandemia, recuperando quel piccolo gap accumulato nel 2020. Siamo consapevoli del fatto che abbiamo una rete trapiantologica in grado di resistere anche ad impatti molto importanti come quello pandemico, perché proprio la pandemia è andata ad impattare sulle terapie intensive, i luoghi nei quali avvengono le donazioni ed i trapianti. Come accaduto in molti paesi, c’era il rischio che si verificasse una flessione molto più importante dell’attività. Abbiamo peraltro visto come numerose attività sanitarie abbiano subito questa influenza negativa del Covid, che ha determinato il rinvio di molti interventi. Invece i trapianti hanno recuperato e i direttori generali degli ospedali e delle regioni hanno compreso che il trapianto è una terapia urgente salvavita che non può essere rimandata o posticipata’.

Non solo. ‘Nel 2021 è aumentato anche il trapianto di midollo: nonostante la pandemia c’è stata una crescita del numero di interventi e una crescita delle donazioni, soprattutto di donatori italiani. È un segnale estremamente positivo, i nostri concittadini sono sempre più favorevoli alla donazione anche di cellule staminali emopoietiche. Dobbiamo per questo continuare a lavorare in questo ambito- consiglia lo specialista- per migliorare non solo la donazione di organi ma anche la donazione di tessuti e di cellule staminali emopoietiche’.

 

Direttore Cardillo, quali sono i dati del Rapporto che l’hanno maggiormente colpita in positivo, quelli che non si aspettava?

 

‘Ne voglio citare due. Il primo è la riduzione delle opposizioni, che corregge un trend andato in aumento negli ultimi anni. La riduzione delle opposizioni ci dice che anche sul versante dell’attitudine dei cittadini del consenso sociale andiamo nella direzione giusta. È vero che un 28% di opposizioni rappresenta ancora un dato elevato, ma guadagnare 2 punti percentuali in un anno è comunque un segnale positivo, se consideriamo il fatto che i miglioramenti più grandi sulle opposizioni sono stati proprio di quelle regioni che avevano avuto i tassi più alti negli anni precedenti. Soprattutto le regioni del Centro-Sud, dove storicamente c’era sempre stato un minore consenso alla donazione da parte dei cittadini. Quindi, vedere la Campania che guadagna 10 punti, la Puglia che ne guadagna 9, la Sicilia che ne guadagna 7 mi ha positivamente sorpreso. Il secondo dato è la capacità della nostra rete trapianti non solo di proseguire con l’attività trapiantologica ordinaria in tempi di pandemia ma, addirittura, di realizzare nuovi protocolli’.

 

‘Per esempio, l’Italia è stato il primo paese al mondo che ha realizzato un protocollo per utilizzare gli organi da donatore Covid positivo. Lo abbiamo fatto in totale sicurezza, i trapianti eseguiti sono sono stati tutti coronati da successo, non abbiamo avuto nemmeno un caso di trasmissione di malattia. E questo c’è stato riconosciuto anche dalla comunità scientifica internazionale, perché il nostro protocollo è stato pubblicato su una prestigiosissima rivista, l’American Journal of Transplantation, e poi, dopo di noi, ci hanno seguito tanti altri paesi’.

 

– Quindi ci sta dicendo che un paziente positivo o malato di Covid può donare…

 

‘Mi riferisco a donatori, a persone che muoiono per un danno cerebrale o per un danno di altra natura che, però, non è direttamente collegato al Covid. Quindi, non sono persone che muoiono per il Covid ma persone che muoiono per altre ragioni e che vengono trovate positive al Covid. È molto importante dire questo perché, invece, se una persona muore di Covid la donazione è una controindicazione assoluta, dato che il rischio sarebbe troppo alto. Non è, invece, una controindicazione se il decesso avviene per un’altra ragione e la persona viene trovata positiva al Covid’.

 

– Quali organi può donare?

 

‘Sicuramente il cuore e il fegato, perchè si tratta di organi salvavita. Non i polmoni, che sono la sede della patologia Covid, dunque il bersaglio principale del virus. Ecco perchè trapiantare i polmoni da questi donatori sarebbe troppo pericoloso. Da qualche giorno, invece, abbiamo allargato il protocollo anche all’utilizzo dei reni. Abbiamo visto che il rischio di trasmissione è assolutamente basso, anzi direi praticamente nullo proprio perché il virus, normalmente, non alberga in questi organi. Quindi, come dicevo, tutti i trapianti eseguiti fino ad oggi hanno avuto successo. Questo protocollo è stato basato su considerazioni teoriche che poi si sono confermate nei fatti’.

 

– Direttore Cardillo, una persona positiva al Covid-19 può donare il midollo?

 

‘Prudenzialmente, se la donazione può essere posticipata, è meglio che non lo faccia. Trattandosi di un donatore vivente, se il paziente non ha urgenza la donazione ed il trapianto possono essere posticipati. Si aspetta che il donatore guarisca dal Covid, si attendono le canoniche due settimane e poi si fa la donazione, si fa il trapianto. Nel midollo la fattispecie è diversa rispetto al trapianto di organi, perché nel trapianto di organi da donatore deceduto se non si usa l’organo quando il donatore muore lo perdo. Mentre in una donazione e in un trapianto da vivente, se non è urgente si può posticipare il trapianto di qualche settimane ed è prudente aspettare la guarigione del donatore. Se, invece, il ricevente ha urgenza e deve subito sottoporsi ad intervento, si potrebbe anche decidere di fare comunque il trapianto, perché il rischio di trasmissione del virus con il trapianto di midollo è anche qui molto basso, se non nullo. Alla fine, se il rischio è quello che il paziente muoia, bilanciando i due rischi si può anche fare il trapianto con un donatore positivo. Però non lo si fa mai, perché si riesce sempre ad aspettare la guarigione del donatore’.

 

Direttore Cardillo, facciamo un salto indietro nel tempo e torniamo a settembre del 2018. Fabio Santanelli di Pompeo e Benedetto Longo realizzano all’ospedale Sant’Andrea di Roma il primo trapianto di tessuti facciali in Italia, consentendo ad una donna di 49 anni di ricevere il volto di una 21enne deceduta in un incidente stradale. Da quel giorno quali passi in avanti sono stati compiuti nel nostro paese per quanto riguarda questo tipo di trapianto?

 

‘In Italia c’è stato quell’unico caso di trapianto di tessuti facciali che, purtroppo, non è andato bene per motivi di rigetto. La paziente sta bene, è viva ed è in attesa di un secondo trapianto nel momento in cui si troverà un donatore compatibile’.

 

‘Ricordo, però- continua Cardillo- che a differenza di altri trapianti, parliamo sempre di un trapianto sperimentale, non solo Italia ma anche in tutto il resto del mondo, perché i risultati non sono ancora sufficientemente soddisfacenti da poter dire che si tratta di un trapianto consolidato. I casi sono pochi, quelli coronati da successo sono pochissimi. Questo non vuol dire che non si debba andare avanti con questo tipo di sperimentazione. Bisogna invece farlo perché la medicina dei trapianti deve andare avanti e bisogna andare avanti anche con una certa cautela, proprio perché si tratta di procedure complesse e sperimentali’.

 

Come considera l’intervento effettuato il 7 gennaio scorso all’University of Maryland Medical Center di Baltimora, negli Stati Uniti, al termine del quale un uomo di 57 anni ha ricevuto il cuore di un maiale geneticamente modificato?

 

‘In questo caso si tratta di un’operazione ancora più sperimentale, perchè parliamo addirittura dell’utilizzo di un organo proveniente da un animale, siamo in presenza di sperimentazione pura. Questa soluzione non è un’alternativa terapeutica per i pazienti, però è molto importante che questi passi vengano fatti perché in medicina, e anche nella medicina dei trapianti, si parte sempre da situazioni molto lontane dalla piena efficacia di un trattamento. Basti pensare al primo trapianto di cuore eseguito da Christiaan Barnard nel 1967, che non era certamente durato quanto durano oggi i trapianti di cuore. Bisogna dunque partire, bisogna farlo con prudenza, perché, ripeto, si tratta di sperimentazioni ma, allo stesso tempo, si tratta di segnali molto positivi perché ci auguriamo possano aprire poi la strada ad un utilizzo più diffuso di tali risorse. Ricordiamoci che oggi il grande problema dei trapianti è la disponibilità degli organi. Se potessimo davvero avere a disposizione la possibilità di utilizzare organi dall’animale sarebbe davvero un grande risultato per i pazienti. Oggi questo non è ancora possibile ma una sperimentazione in cui è stato trapiantato il cuore di un maiale ingegnerizzato che ha funzionato per un certo numero di giorni è, in prospettiva, un segnale davvero molto positivo’.

 

Perché ci sono ancora pochi organi donati? Cosa ostacola la donazione?

 

‘Ci sono due ostacoli principali: il primo è legato alle opposizioni da parte delle persone, o in vita o dei familiari quando avviene la morte del potenziale donatore. Ricordiamoci che oggi ancora quasi una persona su tre si oppone alla donazione.

Quindi, anche se un po’ più bassi questi tassi di opposizione sono ancora alti. Questo dipende dal fatto che le persone hanno paura, non si fidano e pensano che, magari, i trapianti siano ancora poco utili o sperimentali. O, addirittura, ritengono che il prelievo degli organi del proprio congiunto possa essere fatto quando la persona non è ancora deceduta. Ci sono tanti miti, tante false credenze che sono alla base di queste opposizioni. Bisogna comunicare ai cittadini, spiegare e far capire loro che questa è una scelta assolutamente naturale, che gli organi vengono prelevati solo quando la persona è morta e che dopo il decesso gli organi non servono a nulla, mentre invece possono essere estremamente utili per persone, per malati che non hanno altre opportunità di cura. Il secondo problema è quello dell’organizzazione degli ospedali, perché ci sono molte persone che muoiono in ospedale e che possono diventare potenziali

donatori ma gli organi non vengono prelevati perché il nosocomio non è attrezzato per fare questa attività, cioè per realizzare questa donazione. Bisogna, dunque, lavorare su entrambi i fronti, quello del consenso e quello dell’organizzazione’.

 

Direttore Cardillo se una persona decide di voler donare i propri organi, cosa deve fare?

 

‘È molto semplice. Il modo più immediato è quello di scaricare il tesserino dal sito del Centro nazione trapianti, compilarlo e tenerlo con i propri documenti. Ce ne sono altri. Ad esempio, al rinnovo della carta d’identità l’ufficiale dell’anagrafe chiederà la disponibilità alla donazione, anche se questo si fa solamente ogni 10 anni. Un’altra possibilità è quella di iscriversi all’Aido, l’Associazione italiana per la donazione di organi, tessuti e cellule, e automaticamente si diventa disponibili alla donazione. Dulcis in fundo, stiamo lavorando alla realizzazione di un sistema elettronico di espressione della volontà insieme con il ministero, in modo tale che questo possa essere fatto da tutti cittadini con la carta di identità elettronica senza aspettare il rinnovo del documento di identità presso i comuni’.

 

Le notizie dell’agenzia Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte «Agenzia DIRE»           

 

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