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Per realpolitik intendiamo non la messa in pratica del cinismo ma una prassi che eviti il peggio non andando dietro un orizzonte ristretto sperando di ripararsi dal male.                Una realpolitik galvanizzante, si potrebbe dire con un ossimoro, quasi a coinvolgere l’altro sino a farlo sentire parte dell’Occidente. Miracolo se si giungesse!                                                                                                                           Meglio l’Ucraina nella Nato o Putin senza desio di guerra?

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Lo scorso 20 febbraio si è svolta a Pechino (è alleata di Mosca) la particolare cerimonia di chiusura delle Olimpiadi invernali. Poi, a distanza di un giorno, la televisione mostra Putin mentre firma il riconoscimento della indipendenza dalla Ucraina delle Repubbliche di Donetsk e Lugansk. Le nate repubbliche festeggiano alla grande il riconoscimento, e ciò appare segno della loro volontà.

Festeggiò pure il Kosovo quando l’Assemblea delle Nazioni Unite, dopo lunghi anni di rovine, dichiarò nel 2013 la indipendenza dalla Serbia.

Riconoscere potrebbe essere considerato quindi un fatto consueto, se resta lì, solo alla firma del riconoscimento, senza avere un seguito che implica altro su cui converrebbe stare molto attenti. E non deve neppure essere la firma una registrazione anteriore, come sembra sia stato, invece, per le autoproclamate repubbliche riconosciute. Hanno analizzato vari elementi, tra cui l’orologio da polso di Putin con un’ora diversa da quella annunciata.

Si fa pertanto strada il sospetto di una premeditazione, di un progetto da portare avanti con freddezza. Ne è conferma quanto accaduto ieri, 24 febbraio 2022, con l’attacco all’Ucraina dopo il discorso di Putin ad un’ora della notte. Inserito nella scenografia solita, lo Zar è apparso anche vestito allo stesso modo del giorno della firma di riconoscimento delle due repubbliche, come sottolineano gli analisti ucraini a rafforzare la premeditazione.

Un discorso, quello notturno, per annunciare le operazioni militari a difesa del Donbass, secondo quanto ha dichiarato Putin. Ma Kiev, vale a dire il Presidente Zelensky, insiste sulla premeditazione, vuole quasi dimostrare l’aggressione a quell’Occidente che dovrebbe difendere l’Ucraina annunciante di voler entrare nella Nato, di volere quindi fare parte dell’Occidente.

Dalla invasione della Polonia il 1° settembre 1939 da parte delle truppe tedesche, che scatenò la seconda guerra mondiale, è forse proprio questa aggressione, nonostante i tanti eventi che hanno tenuto nella seconda parte del Novecento col fiato sospeso, a porci nuovamente davanti lo spettro di una ancor più disastrosa guerra ad ampio raggio. Dispiego delle diverse forze militari, anche di quelle navali lasciate passare dal Presidente turco Erdogan: pur condannando a parole Putin, sembra che continui ad essergli amico. Lo Zar può dunque contare anche su di lui, oltre che su Pechino.

Intanto, a rendere ancor più complesso lo scenario, in quella parte orientale c’è tutto un mondo di alleanze con l’una o con l’altra parte (Ossezia, Georgia, Armenia, Azerbaijan…), con la Russia o con l’Ucraina.

Viviamo un momento altamente pericoloso per il quale la risposta dell’Occidente, di Usa Nato ed Eu, pur nella condanna dell’aggressione, dovrebbe rimanere il più possibile lontana da decisioni di forza che potrebbero scatenare l’irreparabile. Percorribile solo la via delle sanzioni. Le quali potrebbero, a detta di taluni esperti, sortire degli effetti: se si blocca la Borsa…

Ma le sanzioni possono venire anche da parte della Russia, sono anzi già venute se il caro energetico sta mettendo in ginocchio soprattutto gli Stati non adeguatamente forniti di fonti. E l’Italia è sfornita. I più sanzionati sono pur sempre i deboli e pure coloro che, abituati a certi stili di vita, si vedono costretti a rinunciare.

Viviamo nella più spietata interdipendenza globale dove finanza speculativa e hacker, insieme a disinformazione e pressione psicologica possono innescare in maniera imprevedibile disastri mondiali che speriamo vengano evitati.

E ci sono strategie nascoste, quelle adottate, a esempio, dal generale Valery Vasilyevich Gerasimov, fedelissimo di Putin, anche nell’annessione della Crimea alla Russia, le quali in breve tempo fanno passare uno Stato, anche quello con una situazione stabile, ad una condizione di caos che si propaga ad altri Stati. E’ avvenuto con le “Primavere arabe”, come nel Donbass dove si pensa siano stati alimentati aneliti separatisti.

Inoltre dal nuovo millennio si è fatta sempre più rilevante la crisi dello Stato pure per il sorgere di micronazionalismi, i quali possono avere anche una giustificazione, se gli interessati non sentono l’appartenenza ad uno Stato.

Putin è poi lo Zar col cuore volto allo “status quo”, a quello cioè ante perestrojka.              Il suo –diciamo- sogno (e ogni sogno contiene in sé della follia) è opposto a quello di Gorbaciov che voleva colpire prima lo stalinismo e poi il leninismo per attuare socialdemocrazia, liberalismo e socialismo morale. Un sogno che si dissolse con la Caduta del Muro di Berlino e la fine dell’URSS. Putin vorrebbe far rivivere il passato. E intanto già le prime vittime cadono e le popolazioni sono prese da terrore. Ed è solo guerra, al momento, di vecchio stampo, non osiamo pensare a quel che farebbero le nuove armi.                                                                                                                                       Putin è nostalgico dell’URSS, vuole forse dimostrare così il suo amore per la Madre Rus’, quell’amore della terra patria che con altri accenti canta la poesia russa.

Antonietta Benagiano

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