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Salario minimo. Paolo Capone, Leader UGL: “No a misure spot. Urgono interventi strutturali su formazione, costo del lavoro e investimenti”

“La direttiva UE sul salario minimo punta ad introdurre una soglia di tutele uniforme al fine di contrastare il fenomeno del dumping salariale che spinge molte imprese a delocalizzare all’interno della stessa UE determinando un’inaccettabile concorrenza al ribasso che svilisce il diritto al lavoro e la dignità della persona. D’altro canto, nel nostro Paese, tale provvedimento non può che tradursi nell’invito a rafforzare lo strumento della contrattazione collettiva. In Italia, infatti, le retribuzioni dei lavoratori sono disciplinate principalmente attraverso i contratti collettivi nazionali validi erga omnes che coprono circa il 90% dei settori lavorativi. L’equivoco alla base della proposta di una legge sul salario minimo è la convinzione miope ed illusoria secondo cui attraverso una singola decisione si possa porre fine al problema della perdita del potere d’acquisto dei redditi. Una risposta sbagliata ad un problema complesso che ha radici profonde. Come rileva il Rapporto CENSIS-UGL, nel periodo compreso fra il 2010 e il 2020, le retribuzioni lorde dei lavoratori italiani sono diminuite dell’8,3% reale; peggio dell’Italia hanno fatto solo Grecia (-16,1% reale) e Spagna (-8,6% reale). Pesano criticità come i mancati investimenti, le carenze del sistema educativo che si riflettono sulla produttività, l’assenza di politiche attive adeguate e una tassazione sul lavoro insostenibile. La gravità del momento che il Paese sta attraversando, impone pertanto di abbandonare la logica delle misure spot e discutere delle riforme strutturali di cui il Paese ha realmente bisogno”. Lo ha dichiarato Paolo Capone, Segretario Generale dell’UGL, in merito alla proposta di una legge sul salario minimo.

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