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IL PUNTO   n. 882 del 14  ottobre  2022

di MARCO ZACCHERA 

 

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DALLA SEGRE A LA RUSSA

Giuliana Segre ha presieduto la prima seduta del Senato cedendo poi la presidenza ad Ignazio La Russa. Credo che nessuno lo avrebbe mai immaginato, ma è successo.

La Segre non ha mancato nel suo intervento di ricordare la marcia su Roma, Matteotti, le leggi razziali, la shoah, il nazismo, la resistenza, l’antifascismo. L’aula ha ascoltato, applaudito, approvato… E poi ha eletto La Russa. Non sembri irriverente: quei fatti, quelle tragedie, sono ormai scolpite nella storia ma – appunto – sono “la Storia” quindi non vanno dimenticati, ma sono passati. Quel mazzo di fiori che La Russa ha offerto alla Segre sia un definitivo segno di riconciliazione. Adesso è ora che gli italiani, possibilmente uniti, guardino al futuro, sia perché certi fatti non si ripetano più, ma soprattutto perché bisogna andare faticosamente avanti, tutti insieme.

 

AUGURI E CONSIGLI A GIORGIA MELONI

Insediato il nuovo Parlamento tra pochi giorni Giorgia Meloni riceverà l’incarico di varare il nuovo governo. Vorrei darle un consiglio (non richiesto): sia soprattutto sé stessa, non tema di rompere qualche schema e non si lasci distrarre da più o meno interessati “consigliori”.

Attraversa un momento positivo in termini di popolarità e quindi un (breve) periodo politico di relativa tranquillità, ma all’interno di una coalizione insoddisfatta e soprattutto in una situazione economica che esploderà – temo – a tempi brevi. Meglio si attrezzi da subito all’emergenza.

Entro una settimana dovrà proporre il suo nuovo e primo governo: scelga il meglio, “a naso”, a buonsenso, senza “totoministri” e sulla base di rapporti diretti e personali, senza lasciarsi troppo distrarre dalle logiche di partito e senza leggere i giornali, nel senso che non deve aver paura di rompere anche con il passato, perché se la continuità è importante lo è anche la diversità visibile su alcune scelte, il che passa anche attraverso i volti che le declinano. Vorrei fosse finito il tempo in cui si fanno ministre le “amichette”: discontinuità! Credo che la maggior parte degli elettori che l’hanno votata chieda infatti freschezza, cambio, volti nuovi coniugati alla competenza, non importa se siano persone più o meno gradite agli apparati (o “nipotine” del Cavaliere).

Il momento è economicamente difficile, la “tempesta perfetta” più che essere in agguato è già ben netta all’orizzonte, visto che ci stiamo infilando a testa bassa in un periodo turbolento e che per l’Italia rischia di diventare critico non solo perché il “sistema paese” è logorato e sarà messo alla prova, quanto perché molti saranno tentati  – all’interno e all’esterno – di sparare da subito a palle incrociate sulla premier e la sua nuova maggioranza sperando di abbatterla il più presto possibile, come avvenne con Berlusconi nel 1994.

Al di là dei sorrisini, Giorgia Meloni non può risultare molto gradita agli apparati speculativi, alle solide (e a volte torbide) alleanze politica-potere incrostatesi nel tempo a Roma come a Bruxelles.

Dall’altra parte, la gente l’ha votata perché spera, magari considerandola come ultima spiaggia, oppure per protesta, o “perché il resto è anche peggio”. In definitiva tutti hanno un grande senso di aspettativa.

Vale sul fronte interno dove avrà ostili la maggior parte delle fonti di stampa, i partiti avversari, sicuramente la struttura “alta” della piramide che la politica ha messo in piedi nei decenni e che teme di essere a rischio di emarginazione.

All’esterno, il “boccone Italia” è già stato abbondantemente spolpato, ma un po’ di buono c’è ancora e il forte richiamo ai valori nazionali non è stato da subito una bella musica per chi è abituato a considerare l’Italia una realtà debole, piagnucolosa, indebitata e quindi nella “fascia bassa” tra i partner europei più credibili, certamente non tra i VIP dell’Unione.

La Meloni è troppo furba per cadere invece nel tranello del fascismo-antifascismo anche perché è la dimostrazione pratica di una problematica politicamente superata, che no “tira” più alla vigilia del centenario della Marcia su Roma, anche se qualcuno (per ora tacitato) faceva finta di temerlo in campagna elettorale.

Le prime settimane saranno quindi delicate e pericolose, ma necessarie per impostare un nuovo ritmo, se Giorgia sarà capace di darlo al paese a cominciare dal timing di governo. Una squadra da inventare a dispetto dei leader concorrenti che vorrebbero sistemare prima di tutto i propri fedelissimi (e fedelissime!), insomma Giorgia dovrà averte il coraggio spesso di dire di no e questo sia nel segreto dei palazzi che a livello di opinione pubblica.

Cominciano già le agitazioni di piazza e le proteste per le bollette, giustificate ma – guarda caso – evitate finchè il PD è stato al governo.

Mille i problemi, a cominciare dal PRNN che non è a posto e comunque siamo ancora agli acconti, non alle verifiche di conformità che libereranno il grosso delle risorse. Temo che avere un facile ok da Bruxelles sia una pia illusione.

Nell’infinita serie delle priorità ci sarà infine la scelta degli amici internazionali e il mercato non offre molto all’Italia. Scontate le distanze da Orban gli eventuali alleati europei di prima fascia sono tutti da inventare, potenzialmente infidi perché tutti vivono male la crisi che colpisce tutti e ciascuno.

Poi la guerra, dove la Meloni ha assicurato continuità, anche se sa benissimo che all’interno di FdI più d’uno è scettico e il dissenso rischia di diffondersi dentro e fuori il partito.

Per schivare le imboscate l’unico vantaggio potrebbe essere allora la velocità nel varare il governo, fissare paletti, avere dalla propria parte (almeno) il Quirinale, ma senza perdere la propria identità.

 

GUERRA E PROPAGANDA

Continuo a non capire come si possa pensare di costringere Putin alla pace aumentando le forniture delle armi all’Ucraina. Avrebbe un senso se la Russia fosse sfinita e sull’orlo del baratro per darle una spallata definitiva, ma se Putin dimostra invece di essere in grado di scatenare rappresaglie continuerà l’escalation, non ci sarà la pace.

Sorprendente poi che in Italia stiano iniziando le manifestazioni di piazza “per la pace”: comprensibili se sono svolte da chi era ed è contro la guerra o da chi – come il M5S – è da sempre scettico sulle sanzioni,  ma cosa c’entra il PD che è stato ed è il più convinto assertore della fornitura degli armamenti a Kiev, tanto che per mesi ha attaccato il centro-destra sostenendo che fossero dei pro-Putin travestiti?

Sono angosciato per quanto sta avvenendo: non c’è alcun dubbio che quella di Putin sia stata una guerra di aggressione, ma dobbiamo venirne fuori e una mano potrebbe darla anche una informazione meno di parte. Ma possibile che se truppe russe avanzano fanno del “terrorismo”, se indietreggiano si lasciano scrupolosamente alle spalle fosse comuni, camere di tortura e così via. Manca solo che segnalino con cartelli luminosi tutte le testimonianze della loro efferata crudeltà. Vediamno ogni giorno scene sconvolgenti di civili (ucraini) coinvolti nel conflitto, ma gli altri non li vediamo mai. Quando avanzano le truppe ucraine i filmati di carri armati russi in fiamme vengono presentati come eventi gioiosi. Eppure, dentro a quei carri c’erano dei soldati che saranno andati arrosto, ma in questi casi non ci si indigna, neppure quando Zelensky si vanta di 34.000 soldati nemici ammazzati.

L’escalation è sempre solo colpa della Russia, ma se ogni giorno l’Occidente spedisce armi in Ucraina in modo colossale. Per esempio da quattro mesi non venivano colpiti obiettivi a Kiev e nelle varie città ucraine fuori dall’area degli scontri, ma è vero o no che i russi li hanno lanciati DOPO che si è voluto colpire il ponte con la Crimea, ovvero una azione di (inutile) sabotaggio a un simbolo della loro presenza in Crimea?

Secondo i nostri media Putin si auto-distrugge i gasdotti, i ponti, vuole imporre la Russia agli abitanti del Dombass che però – a parte i referendum, più o meno taroccati – sono e restano effettivamente in maggioranza russi per etnia, religione, lingua e non ucraini, ma soprattutto lo sono sempre stati. Quante cose non ci vengono raccontate, a cominciare da cosa pensino effettivamente gli ucraini del loro presidente. Comunque sia, adesso dobbiamo in qualche modo venirne fuori: non è logico, umano, possibile continuare con questa escalation ma se a parlare sono solo i “falchi” la pace resta lontana e l’escalation continuerà. Un’ idea? L’Occidente offra a Putin un armistizio in cambio di sospendere le forniture di armi… e intanto ci si parli, magari tenendo un referendum “vero” per capire cosa ne pensino le popolazioni coinvolte.

 

BUONA SETTIMANA A TUTTI                                                               MARCO ZACCHERA

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