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Il denaro e la verità di Daniela Santanché
“Durante la trasmissione di La7 diMartedì, il conduttore Giovanni Floris ha ripreso un virgolettato del neo ministro del Turismo Daniela Santachè che, parlando  in una trasmissione in onda su Rai 3, aveva dichiarato: “Il denaro è l’unico vero strumento di libertà. I soldi servono a essere liberi. Il mio papà ha insegnato a me e ai miei fratelli che chi paga comanda, pagare i propri conti vuol dire anche comandare”.
Chiamato a commentare la dichiarazione della deputata e imprenditrice, Corrado Augias – ospite del talk di La7 – ha commentato così: “Tutto quello che c’è scritto nella Costituzione contraddice questa frase. Erigere il denaro a metro di giudizio dicendo che chi paga comanda è un’assurdità” (Libero del 29 ottobre).

Trascrivo in proposito una mia lettera su Famiglia Cristiana del 22 febbraio 2019, e la risposta del direttore Don Sciortino.

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Daniela Santanchè, nella “lezione” che ha tenuto ai bambini nel programma di Rai 3 Alla lavagna, rispondendo a una domanda sul valore dei soldi, ha detto: «Il mio papà ha insegnato a me e ai miei fratelli che chi paga comanda e lo dico a te che sei una donna. Il denaro è un grande strumento di libertà». Ha detto la pura verità. Purtroppo ha dimenticato di spiegare ai bambini che è la verità in una cattiva società. Il denaro è libertà in una società ingiusta.
In un mondo che potrebbe essere paragonato a una gigantesca tavola imbandita piena di ogni ben di Dio, dove seduti a mangiare sono pochi privilegiati e per terra a raccogliere le briciole una moltitudine di persone. La libertà, in una società sana, dovrebbe esserci per tutti. Ogni persona dovrebbe avere la possibilità di curarsi, di formare una famiglia, di avere una casa dove abitare. È strano che personaggi politici sempre pronti a dichiararsi cristiani, a ricorrere al Vangelo quando gli torna comodo, lo ignorino quando si tratta di parlare del denaro e della ricchezza. Dimenticano quante volte Gesù raccomanda di stare lontano dal dio denaro: «Non potete servire a Dio e a mammona» (Lc 16, 13). Ma questo accade anche a molti uomini della Chiesa.

Risposta di Don Sciortino:
Caro Renato, sono d’accordo con te. E mi chiedo anche il senso di certe trasmissioni… Aggiungo solo un altro riferimento evangelico, che abbiamo ascoltato domenica scorsa: «Guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete» (Lc 6,24-25). Forse non abbiamo mai preso abbastanza sul serio le parole di Gesù e per questo siamo così poco “beati”, cioè felici, gioiosi. Ma non è detto che sia troppo tardi per ascoltare il Signore. Infatti, come ha spiegato all’Angelus papa Francesco, «il “guai a voi”, rivolto a quanti oggi se la passano bene, serve a “svegliarli” dal pericoloso inganno dell’egoismo e aprirli alla logica dell’amore, finché sono in tempo per farlo».

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