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Una coalizione unita per affrontare malattie infettive, salute mentale e altre patologie che colpiscono i migranti: un intervento di salute pubblica e una preziosa occasione di integrazione. Le priorità sono la messa in rete dei diversi modelli e la definizione delle applicazioni specifiche a seconda del territorio

“Access, Cure, Care”, presentato il Documento per la tutela della salute della popolazione migrante quale garanzia di salute pubblica

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Lanciate alcune proposte concrete per la salute dei migranti: screening infettivologico con diagnosi e trattamenti, fascicolo sanitario elettronico, team multidisciplinare, sportelli sul territorio per un rapido accesso, formazione del personale sanitario e dei migranti stessi, creazione di un network tra istituzioni nazionali e locali

 

IL DOCUMENTO “ACCESS, CURE, CARE” – Pronto il Documento “Access, Cure, Care. L’approccio alle infezioni da virus epatitici e da HIV nella popolazione migrante”, redatto da specialisti di diverse discipline, pubblicato tra i Quaderni della salute de IlSole24ore, realizzato con il contributo non condizionante di Gilead Sciences. Questo Documento è frutto del lavoro di una Coalizione di diverse realtà, tra società scientifiche, istituzioni, centri di cura e assistenza, terzo settore, con operatori sanitari e professionisti da anni impegnati nella tutela della salute dei migranti, per i quali le malattie infettive rappresentano una frequente causa di morbilità e mortalità che potrebbe essere limitata. Questo progetto propone un incremento di sensibilizzazione, formazione, screening e linkage-to-care. Punto di partenza è la tutela del diritto alla salute e dell’accesso equo alle cure per tutti gli individui, come previsto dall’Articolo 32 della Costituzione. Le migrazioni rappresentano un elemento strutturale e dinamico della società italiana; la presa in carico delle principali malattie infettive e degli ostacoli sociali che influiscono maggiormente sui migranti rappresentano non solo un fondamentale intervento di salute pubblica, ma anche un’occasione preziosa di crescita e integrazione.

LA PRESENTAZIONE DEL DOCUMENTO – La presentazione del Documento “Access, Cure, Care” è avvenuta il 15 dicembre al Centro Congressi Cavour. Hanno partecipato Anna Caraglia, Direzione generale della prevenzione sanitaria; On. Marianna Ricciardi, XII Commissione Camera dei Deputati – Affari Sociali; Enzo Bianco, Presidente Consiglio ANCI; Giovanni Guidotti, Segretario Programma Dream, Comunità di Sant’Egidio; Lia Lombardi, Fondazione Ismu – Iniziative e Studi sulla Multietnicità; Prof. Alessio Aghemo, Segretario AISF – Associazione Italiana Studio del Fegato; Prof. Claudio Mastroianni, Presidente SIMIT – Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali; Fulvia Motta, Consigliere SIMM – Società Italiana di Medicina delle Migrazioni; Prof. Massimo Andreoni, Direttore Scientifico SIMIT; Prof. Antonio Craxì, Professore Ordinario di Gastroenterologia Università di Palermo; Tullio Prestileo, UO di Patologie Infettive nelle Popolazioni Vulnerabili & Centro Assistenza Stranieri Ospedale Civico Benfratelli di Palermo e Presidente ANLAIDS Sicilia; Roberto Ranieri, Assessorato al Welfare Regione Lombardia. Ha coordinato i lavori l’infettivologo Nicola Cocco, coautore del Documento. A moderare il giornalista scientifico Daniel Della Seta.

Questo documento cerca di sintetizzare gli interventi necessari per favorire la tutela della salute dei migranti, per ora basata solo su normative e linee guida frammentate e spesso disattese – spiega Roberto RanieriCon questa operazione si sistematizzano gli interventi, si indicano le modalità con cui procedere concretamente e si rilevano i reali bisogni di salute dei migranti, che spesso sono diversi da quelli dei cittadini occidentali. Chi proviene da altre aree del mondo, infatti, deve dapprima fare i conti con le patologie connesse al momento dell’arrivo, spesso infettive; poi, a causa della precarietà a cui si è sottoposti, si trova a fronteggiare problematiche di salute mentale, che possono provocare disagio psichico e ricadute sul comportamento, fino alla commissione di reati; infine, la permanenza prolungata in Paesi come il nostro configura altri problemi analoghi a quelli della popolazione occidentale, quali patologie metaboliche e cardiovascolari. Abbiamo sistematizzato questi dati, uniformando soprattutto gli approcci e le normative che talvolta determinano le difficoltà nell’accesso alle cure. Abbiamo anche individuato i diversi modelli fin qui sviluppati: la prima accoglienza che avviene in Sicilia; il lavoro sul territorio che svolge l’Ospedale di Tor Vergata a Roma; gli elementi di tipo penitenziario, dove spesso si verifica il primo approccio alla cura, presenti nelle realtà lombarde”.

L’ESPERIENZA SICILIANA NELLA PRIMA ACCOGLIENZA – “In generale, rispetto alla popolazione residente nelle aree di arrivo, i migranti hanno un rischio più elevato di esposizione alle infezioni – spiega Tullio PrestileoPer coloro che provengono dall’Africa, il gruppo numericamente più rappresentato, il rischio maggiore riguarda le infezioni sessualmente trasmesse (IST) e la Tubercolosi. La diagnosi e la terapia precoce per queste come per altre malattie infettive rappresentano un punto cruciale, non solo per la salvaguardia del singolo, ma anche per la riduzione del peso della malattia per la collettività. Sono quindi necessari modelli efficaci per un intervento precoce, con screening specifici in tempi brevi dall’arrivo e disponibilità di schemi di trattamento e follow-up semplici, accettabili e gestibili nella realtà individuale di ogni migrante. I modelli di intervento specifici vanno programmati tenendo contro delle conoscenze cliniche, ma anche delle realtà territoriali della Sanità del Paese di arrivo e delle caratteristiche socioculturali dei vari gruppi di migranti, spesso eterogenee e difficilmente categorizzabili”.

Per avviare un processo che favorisca la diagnosi precoce e l’avvio di un trattamento è imprescindibile condividere le procedure sanitarie attraverso una comunicazione da costruire con il supporto di appositi mediatori culturali – sottolinea il Prof. Antonio CraxìVanno inoltre considerati i diversi setting di intervento: migranti all’arrivo, migranti in percorso, migranti stabilizzati sul territorio. Inoltre, poiché in Italia i medici e il personale sanitario sono vincolati dal giuramento di Ippocrate a ‘curare ogni paziente con scrupolo e impegno, senza discriminazione alcuna, promuovendo l’eliminazione di ogni forma di diseguaglianza nella tutela della salute’, i modelli assistenziali devono prevedere un’esplicita comunicazione al migrante sul suo diritto all’assistenza ed alle cure, in relazione alla Carta Costituzionale e alle Leggi vigenti. Resta però un grave limite a cui occorre porre rapidamente rimedio: la mancanza di formazione specifica per medici e personale sanitario sulla gestione della salute dei migranti, sia nella medicina ospedaliera che in quella territoriale. Tra le esperienze positive, vi sono realtà locali come ITaCA che ha realizzato elevati tassi di retention in care soprattutto nel trattamento delle epatiti virali, dell’infezione da HIV e della TB. Pertanto è utile una valutazione analitica di questi sistemi di assistenza socio-sanitaria per verificare l’esportabilità dei modelli nei diversi contesti assistenziali”.

IL LAVORO SUL TERRITORIO DI TOR VERGATA – “L’assistenza alla popolazione migrante rappresenta un problema di estrema rilevanza a livello nazionale, con diverse sfaccettature tra le realtà locali – sottolinea il Prof. Massimo AndreoniIl Policlinico di Tor Vergata, collocato nel quadrante est di Roma in una zona periferica, accoglie complessivamente circa 800mila persone, tra cui numerosi immigrati provenienti da ogni parte del mondo. Nel corso degli anni abbiamo costruito un’importante esperienza con questi pazienti, rilevando difficoltà non solo a livello sociale, ma anche culture diverse con altrettanti approcci alle problematiche sanitarie. Ogni volta, dunque, vanno comprese le ragioni del paziente migrante al fine di giungere a un punto di incontro e definire come comportasi sulla prevenzione, sugli accertamenti e sui trattamenti da eseguire. Vi sono due aspetti virtuosi del nostro modello di cui proponiamo la condivisione attraverso il Documento: anzitutto, lo stretto e diretto contatto con il territorio, attraverso rapporti costanti con strutture come i SerD; in secondo luogo, la costruzione di spazi ambulatoriali dedicati a questi pazienti, affinché alle numerose difficoltà che affrontano non debbano aggiungersi anche ostacoli burocratici”.

LE PROPOSTE DEL DOCUMENTO – In sintesi il Documento “Access, Cure, Care” propone alcune concrete azioni da avviare nel breve periodo: effettuare su tutti i migranti uno screening infettivologico al momento dell’arrivo agli hotspot; eseguire una diagnosi e un trattamento per le malattie infettive trasmissibili; istituire un fascicolo sanitario elettronico; prendere in carico il paziente con un’equipe multidisciplinare che preveda almeno un internista/infettivologo e un infermiere; distribuire con capillarità sul territorio uno sportello che favorisca l’accesso alle cure; attribuire ai Centri di accoglienza la presa in carico sanitaria; attribuire una quota/capite di pazienti migranti al medico di medicina generale; assegnare agli stranieri irregolari un codice regionale individuale di accesso a sigla STP; garantire accesso a diagnosi e terapie per HIV ed Epatiti; istruire i migranti sui rischi infettivi, sulle opportunità di diagnosi e trattamento, sulla documentazione sanitaria necessaria; formare il personale sanitario su normative e percorsi di accesso alle cure dei migranti; creare un network tra istituzioni nazionali, regionali e locali per la condivisione delle informazioni sanitarie relative ai migranti.

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