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DALLE ROVINE LO SLANCIO DELLA VITA

Questi campi cosparsi/di ceneri infeconde, e ricoperti/ dell’impietrata lava/…fur liete ville e colti,/ e biondeggiar di spiche…/ e fur città famose/ che coi torrenti suoi l’altero monte/ dall’ignea bocca fulminando oppresse/ con gli abitanti insieme./ Or tutto intorno/una ruina involve,/ dove tu siedi, o fior gentile, e quasi/ i danni altrui commiserando, al cielo/ di dolcissimo odor mandi un profumo,/ che il deserto consola.                                                                                                                                 Uno stralcio da La ginestra di Giacomo Leopardi dove è il Vesuvio ad essere sterminatore con la sua lava che distrugge e dà morte. Dovremmo rispettare la Natura ma renderci conto anche della sua straordinaria forza annientatrice da cui converrebbe salvaguardarci proprio con le risorse che può offrirci la tecnologia, da volgere quindi al buon uso, non a fabbricare armi per la nostra reciproca distruzione: lo si continua a fare, dimentichi che a darci rovina e morte ci sono già terremoti, tsunami ed  eruzioni e virus e altro.                                                                                                                               La crosta terrestre purtroppo non è in ogni parte sicura: faglie dirette, inverse e trascorrenti vengono generate sotto l’azione di forze di trazione dei movimenti convettivi del sottostante mantello terrestre. Le forze tettoniche producono fratture nella roccia che generano terremoti. La faglia trascorrente presente nell’Anatolia è ad alto rischio sismico, al pari della Sant’Andrea in California, come le altre faglie di Indonesia, Giappone, Russia e di altre parti della Terra, tra cui la faglia di Messina-Giardini Naxos, nota per il terribile terremoto del 1908, di magnitudo 7, 3 Richter. Non è la sola, altre ce ne sono rovinose. Da qualche giorno si registrano scosse a Siena, per buona sorte senza situazioni critiche, come furono, invece, quelle con epicentro L’Aquila, iniziate nel dicembre 2008 e terminate nel 2012. In Italia, zona di convergenza tra la zona africana e quella eurasiatica, le spinte compressive causano l’accavallamento dei blocchi di roccia provocando terremoti con terrificanti esperienze.                                                                       Comunque in ogni parte del globo anche nei trascorsi secoli tanti disastri per i terremoti, tristemente famoso quello di Lisbona nel Settecento, di cui lascia memoria anche Voltaire. Nel Novecento terremoti in ogni parte del globo, ma il più forte sisma è stato quello del 22 maggio 1960 di Valdivia in Cile (magnitudo 9,5 Richter) che causò migliaia di morti e milioni di sfollati. E gli tsunami poi hanno gran parte nel distruggere con onde che possono raggiungere l’altezza persino di 525 m. come quelle del 9 luglio 1958 in Alaska, o come il maremoto dell’Oceano Indiano e della placca indo-asiatica del 26 dicembre 2004 che causò centinaia di migliaia di morti.                                                                                                                                  Il terremoto in Turchia dello scorso 6 febbraio (magnitudo 7,9 Richter) è al 13° posto dei terremoti più forti al mondo. Tra le città più vicine all’epicentro c’è Gaziantap, popoloso centro (oltre 2 milioni di abitanti) dell’Anatolia Sud-orientale, con 3000 edifici crollati, in più l’omonimo castello e la Chiesa dell’Immacolata.  Un terremoto con migliaia di morti (i 19mila turchi e siriani sono da considerarsi approssimativi), con oltre 60mila feriti, che presenta una situazione ancor più drammatica in Siria, restia all’inizio anche ad accogliere gli aiuti, mentre sembra che ora il Presidente Assad voglia accettarli. E inoltre si è il quadro generale complicato nelle città container dove vivono milioni di rifugiati siriani.                                                                                                                  Le tragedie si ripetono perché, purtroppo, non esiste al momento un metodo che possa prevedere con certezza quando e dove un terremoto si verificherà. Nel caso del sisma iniziato lo scorso 6 febbraio, da considerarsi per il cosiddetto sciame ancora in corso, sia pure con intensità minore, qualche appassionato studioso ha tentato di allertare: non lo si è ascoltato. In questi giorni la stampa turca è tornata a parlare del sismologo turco Naci Görür, classe 1947, docente all’Università Tecnica di Istambul, con varie onorificenze di rilievo. Dopo il sisma del 2020 nella zona di Elazig, aveva sollecitato a prestare attenzione alla regione di Kahramanmaras, a rischio perché già nel 1939 si era verificato un terremoto di magnitudo 4. Lo scorso 3 febbraio poi, tre giorni prima del disastroso terremoto, su Twitter aveva scritto: C’è stato un terremoto di magnitudo 4.2 a Yarbasi-Duzici/Osmaniye. Il terremoto è nella zona di faglia dell’Anatolia Orientale… Il terremoto di Elazig del 2020 ha caricato (di energia, ndr) questa sezione dall’estremità nord orientale. Quest’ultimo terremoto l’ha trasmessa anche dall’estremità sud-occidentale, anche se in modo debole.                                                                                                           L’allerta avrebbe evitato migliaia di morti.                                                                                        Grande solidarietà da ogni parte del mondo, al di là delle visioni ideologiche, delle situazioni politiche. Nel tentativo di salvare i sepolti, si è scavato ininterrottamente, anche a mani nude, e si è cercato inoltre di approntare un rifugio ai senza tetto e a quanti non possono osare di entrare in palazzi dalla stabilità incerta.                                                Tratti vivi dalle macerie dei bambini, pure dopo oltre due giorni di permanenza sotterra tra i detriti. Noi, a dimostrazione che è l’infanzia il momento lirico della vita, quello dell’affetto puro, del pensiero all’altro che si ama e da cui ci si sente amati, non possiamo non menzionare Ayse, la bimba di 5 anni di Kahramanmaras estratta viva per ultima della famiglia, già tutta in salvo. Ayse, mentre sta uscendo dalle rovine in braccia ai soccorritori, ha la capacità di porre subito da parte la terribile esperienza vissuta per lasciare spazio a consolare chi, nell’incertezza della vita della figlia, è in ansia. Subito annuncia: Papà, sto bene. Una semplice, rassicurante espressione come luce di vita, fresco fiore che dona profumo. Ancor più arida la Terra, insopportabile ogni rovina senza lo slancio dell’infanzia che dà speranza: è essa quel bello che l’età adulta dimentica.

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Antonietta Benagiano                                                                        

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