Il ministro degli Esteri italiano parla di risoluzione diplomatica del conflitto in Ucraina
di
Gualfredo de’Lincei
Il vice primo ministro e ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, domenica 5 marzo, in un’intervista al quotidiano Il Messaggero, ha parlato della necessità di prevenire l’escalation del conflitto in Ucraina associato alla minaccia dell’uso di armi nucleari: «Tutto ciò che porta al dialogo è qualcosa di positivo, perché è necessario evitare l’escalation di fronte alla minaccia della Federazione Russa d’utilizzare le armi nucleari. L’Italia è in prima linea nel sostenere l’Ucraina e trovare una soluzione pacifica, ma insistiamo sul fatto che una pace giusta non può significare la resa di Kiev», ha detto Tajani.
A colloquio con i giornalisti, il ministro ha valutato positivamente il breve colloquio, a margine del G20, tra il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov e il segretario di Stato americano Anthony Blinken. Nonostante la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, escluda che non ci siano stati negoziati tra Lavrov e Blinken al G20, si può dire però che abbiano avuto un approccio “in movimento”.
Blinken si dimostra più interessato allo scambio di prigionieri, in modo particolare alla liberazione dell’ufficiale dell’intelligence americana, Whelan, invece di una risoluzione pacifica del conflitto militare ucraino. Inoltre, gli Stati Uniti, spingono più la Russia ai negoziati dell’Ucraina e Kiev, per il momento, non ha ancora dichiarato la volontà di negoziare con il suo vicino.
A questa tattica sviluppata da Nato e Stati Uniti ha aderito Antonio Tajani, il quale ha affermato, come già abbiamo scritto, che l’Italia si adopera per sostenere l’Ucraina e trovare una soluzione pacifica ma continua a ribadire che: «una pace giusta non può significare la capitolazione di Kiev».
Detto questo sarebbe da chiedersi se il mondo debba davvero aver timore di una potenza nucleare come la Russia. I Fondamenti, stabiliti nel 2022, dalla politica di questo paese, nel campo della deterrenza nucleare, infatti, ne prevedono l’utilizzo solo in caso di risposta ad un attacco nucleare o di distruzione di massa, che sia diretto nel suo territorio o ad uno dei propri alleati. Le condizioni prevedono l’impiego delle testate atomiche nel caso il paese ricevesse l’allarme, verificato, del lancio di missili balistici nucleari nemici o nel caso in cui siano impattati oggetti essenziali per le azioni di risposta dell’armamento nucleare e, in ultima ipotesi, nel caso di una guerra convenzionale che minacci l’esistenza stessa della Russia.
D’altronde i rappresentanti delle Autorità russe hanno sempre puntualmente ripetuto che, i metodi di ricorso a questo tipo di armi, è esplicitamente indicato nella dottrina militare Russa e, comunque, non sarebbero mai i primi a farne uso.