Advertisement

LA NUOVA CENTRALITA’ DEL MEDITERRANEO

Più non muggisce, non sussurra il mare,/ mare./ Senza i sogni, incolore campo è il mare,/ il mare./ Fa pietà anche il mare,/ il mare./Muovono nuvole irriflesse il mare,/ il mare./Morto è anche lui, vedi, il mare./ Il mare.   (“Finale” di Giuseppe Ungaretti)                                                                          Non solo i sogni ha sottratto e continua a sottrarre il mare, anche la vita a quanti ad esso si affidano nella speranza di mutar sorte in una terra lontana, vagheggiata di quel benessere che le immagini televisive e di Internet mostrano, nella mente e nel cuore lasciate coltivare dal business cinico e oscuro di soggetti senza scrupoli, è voce persino di politici per creare difficoltà a Paesi ritenuti non amici.                                                         Inganno che sempre più frequentemente alla morte porta gli illusi, oppure, al toccar della terra straniera, ad una vita di degrado, vittime di organizzazioni criminali, di sfruttatori che, nel mentre rendono loro invivibile la vita, le città dove quelli sostano fanno hub di pericolosità.                                                                                                                         Ci si chiede anche come possano avere coloro che vengono considerati ‘poveri in canne’ la disponibilità di migliaia e migliaia di euro o di dollari per pagare la traversata su barconi stracolmi e poco sicuri. Insieme a tanto altro, anche il ricatto ha la sua parte.                    Per essi il Mediterraneo, non più spazio lirico del poeta siculo-greco Quasimodo, né spazio mistico-lirico di Camus e Gide, acquisisce una nuova centralità, quella della tragedia, di cui si appropriano i politici facendone scempio ad usum della propria parte.                                                                                                                   Comunque non solo da naufragi è travagliato questo nostro mondo con il negativo in crescita, anche da guerre che qua e là irrompono rendendo incerto il vivere, dalla guerra russo-ucraina che alle spalle ha ben altri Potenti (Usa e Cina) cui brucia la voglia di dominare il mondo, e sarebbe guerra mondiale. Un mondo, a sua volta, preda di pandemie e dissesti e tracolli e difficoltà di ogni sorta da troppa insensatezza generati.                                                                                         Migrazioni ovunque e relativi problemi che inevitabilmente sorgono quando manca una sensata e precisa organizzazione di corretta accoglienza, senza la quale vivono male anche i Paesi accoglienti come mostrano le immagini di comportamenti e situazioni terribili in città soprattutto italiane. Le genti travagliate sono alla ricerca di un ubi consistam che possa essere, oltre che di benessere, di libertà, senza la quale la vita perde senso, ogni colore. Tutti hanno diritto, ma per offrire quel diritto non basta un solo Stato, necessita che la Unione di Stati, anzi, per meglio dire, le Unioni di Stati si facciano carico ricercando tutti, insieme al modo migliore per accogliere, una risoluzione dei problemi della terra di origine, strategie per eliminare certi business legati alle migrazioni (droga e sesso e anche prelievo di organi). Prevale, invece, il fattore politico che nelle drammatiche situazioni trova anche la motivazione a danno dello Stato fragile, poco accorto nell’evitare situazioni dannose per tutti.                                                                                                                                      La Sar (Search and rescue) ovvero la organizzazione di ricerca e soccorso alla salvaguardia della vita umana in particolari situazioni di pericolo, prevista dalla Convenzione di Amburgo (1979), assegna a ciascuno Stato la zona sotto vigilanza, anche se c’è poi il dovere di intervenire per la salvezza al di fuori della propria zona di competenza, se quelle di competenza non si muovono.                                                                                                                                 Il Mediterraneo, ovvero il mare che sta in mezzo alle terre, a vederlo da un areo o sul semplice mappamondo, appare, a confronto degli oceani, una conca chiusa, collegata all’Oceano Atlantico attraverso lo stretto di Gibilterra, dove gli antichi avevano posto le colonne d’Ercole a indicare il limite estremo del mondo conosciuto, il concetto stesso del limite della conoscenza. Si andò oltre e, con la scoperta nel XV secolo del nuovo continente, il Mediterraneo perse la sua centralità.                                                                                                  Bacino ideale questo mare, con acque non fredde e limpide, con una eccezionale biodiversità ma anche con illegalità nella pesca, inquinamento crescente e invasione di specie aliene. E pur sempre mare è, pericolo per chi non veleggia su navi sicure, naufragi quindi sin dall’antichità, come testimonia il patrimonio archeologico che ancora racchiude, quello venuto alla luce, basti pensare ai Bronzi di Riace.                                                                                                                                        Il mare di tre continenti (Asia Africa Europa) vede su di esso affacciarsi tante terre, preferiamo menzionarle in ordine alfabetico, non quindi da ovest né da est, al fine di evitare polemiche nel nostro tempo a fior di pelle: Albania Algeria Bosnia ed Erzegovina Cipro Croazia Egitto Francia Gibilterra Grecia Israele Italia Libano Libia Malta Marocco Monaco Montenegro Palestina (Striscia di Gaza) Regno Unito (Akrotiri e Dhekelia) Siria Slovenia Spagna Tunisia Turchia.                                                                                                                        Fra i tanti Paesi è, però, l’Italia ad occupare la posizione centrale protendendosi nel Mediterraneo per circa 8300 km nell’articolarsi di mari minori: a ovest mar Ligure e Tirreno, a sud –dalle coste della Sicilia orientale al canale d’Otranto- lo Ionio, a est il mare Adriatico condiviso con la penisola Balcanica. Questa centralità nella quale va inclusa la significativa presenza delle isole maggiori, Sicilia e Sardegna, avrebbe dovuto dare all’Italia vantaggio nelle relazioni e negli scambi con le altre regioni che sono sul Mediterraneo, e non solo, invece per miopie politiche non è stato così. Scambi, del resto, molto attivi dall’antichità, sin dall’epoca preromana, maggiormente poi al tempo di Roma che creò anche una imponente rete di strade per i commerci sulla terraferma.                                                                                              L’Italia, che non raggiunge oggi i 59 milioni di abitanti, ha una densità di circa 196 ab. per km. quadrato, pur se non esprimente pienamente la distribuzione della popolazione, superiore questa a quella dell’Europa comunitaria che si attesta su 109 ab. per km. quadrato. C’è, però, a partire dagli ultimi decenni dello scorso secolo il problema della denatalità che si pensa di equilibrare con il contributo degli stranieri, mentre avviene che, a causa di problemi occupazionali e di non valorizzazione delle competenze, tanti giovani laureati italiani sono costretti a offrire in altri Stati il frutto delle loro conoscenze e competenze.                                                                                                                                      E la Grande Conca ha il vanto di essere stata la culla di tre civiltà (greco-romana, ovvero occidentale, araba ed ebraica), infatti proprio nelle regioni attorno ad essa si rintracciano già dal 12000 a. C. i primi segni di un processo di sedentarietà che avrebbe dato la società agricola e avviato pian piano allo splendore della civiltà greco-romana, ovvero occidentale. Poté la civiltà greca diffondersi e articolarsi, oltre che per le rotte commerciali, per il migrare di popoli alla ricerca di spazi più fertili, e tale era apparso il Sud d’Italia a quanti navigando avevano toccato le sue sponde. Valga di esempio la Magna Graecia (in greco antico Megálē Ellás): molti greci abbandonarono la propria terra e si trasferirono stabilmente nell’Italia meridionale dove fondarono numerose città il cui splendore è nelle imponenti architetture superstiti, nel pensiero filosofico e nell’arte, nelle realizzazioni scientifiche. La prima fu Táras (Taranto), fondata nell’VIII sec. a. C. dagli Spartani, che ebbe il ruolo di capitale.                                                                         I Greci erano di civiltà superiore e le popolazioni indigene ne trassero beneficio, ma tutti, posti nelle condizioni opportune, possono aggiungere positività alla terra che li accoglie, se si ridimensiona il numero, se si fanno accettare le regole di convivenza normale.                                                                                            Diciamo che l’Italia, pur essendo per alcuni migranti terra di passaggio, mantiene, anche per sollecitazione di chi la usa allo scopo di realizzare profitto e per volontà di quanti si esonerano dal problema delle migrazioni, una buona reputazione se tantissimi vogliono sulle sue coste approdare. Ricordiamo, ad alleggerire appena problemi di gravità, il produttore discografico statunitense Paul Johnson che, a proposito degli Usa, soleva dire: Inizierò a preoccuparmi della reputazione dell’America nel mondo quando le persone da ogni angolo della terra smetteranno di voler venire qui.

Advertisement

Antonietta Benagiano

Advertisement
Articolo precedenteDORMIRE POCO E MALE: LA COLPA È (ANCHE) DEI DENTI
Articolo successivoScottoJonno punto strategico per il futuro della città”

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui